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Cronaca
24.01.2014 - 17:320
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Concluso il processo ai due poliziotti violenti: condannati a diciotto mesi sospesi con la condizionale

“Non si è trattato di una situazione di stress sfuggita al controllo. Gli unici responsabili sono gli imputati”, ha sottolineato il giudice Ermani riconoscendoli colpevoli di tutti i capi d'accusa

LUGANO – Diciotto mesi di carcere sospesi con la condizionale per un periodo di due anni. Questa la sentenza pronunciata dal giudice Mauro Ermani nei confronti dei due agenti comparsi oggi dinnanzi alla Corte delle Assise correzionali, come si apprende dal portale della RSI.

I due poliziotti della Comunale di Lugano sono stati riconosciuti colpevoli di sequestro di persona, abuso di autorità, lesioni semplici con arma e omissione di soccorso. La coppia, ricordiamo, durante un controllo in stazione a Lugano aveva ammanettato e controllato un 37enne rumeno. Nonostante non fossero emerse irregolarità, i due agenti hanno poi caricato l’uomo sulla volante e l’hanno condotto ad Arogno. Qui, una volta fatto scendere dalla vettura, l’uomo è stato colpito dall’agente 30enne con un calcio nel sedere e spintonato rovinando a terra e ferendosi in volto. Prima di esser abbandonato inerme a terra, il rumeno è stato poi colpito con calci, pugni e manganellate dal secondo poliziotto, 29enne.

Fatti questi per qui il procuratore generale John Noseda aveva chiesto oggi una pena fino a due anni di carcere, lasciando però aperta la possibilità alla sospensione con la condizionale (vedi articolo allegato). Dal canto loro invece, i due avvocati della difesa spingevano per una pena pecuniaria sospesa, contestando i reati di sequestro di persona e abuso di autorità.

Nella sentenza emessa, il giudice ha quindi confermato integralmente l’atto d’accusa, accogliendo in parte le richieste di pena formulate dal procuratore generale. Per Ermani infatti: “Non si è trattato di una situazione di stress sfuggita al controllo. Gli unici responsabili sono gli imputati, la vittima non aveva fatto niente di illegale. Se la sono presa con un debole incapace di difendersi”. Il giudice però, nella commisurare la pena, ha però tenuto conto del sincero pentimento, del percorso psicologico intrapreso e della collaborazione nell'inchiesta riconoscendoli come attenuanti.

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