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08.04.2014 - 10:100
Aggiornamento: 13.07.2018 - 15:11

Giovani arbitri aggrediti e campionato D9 sospeso, un allenatore: “Segnale giusto, ogni weekend succede qualcosa”

È risaputo che l’ambiente sui campi da calcio non è sempre dei migliori, ma ora la situazione sembra degradare e la Federazione interviene. Ne abbiamo parlato con Luca Di Meco, ex responsabile allievi a Taverne e ora allenatore a Ligornetto

BELLINZONA – La notizia è di ieri sera: la Federazione Ticinese Calcio ha deciso di sospendere per un turno il campionato dei ragazzi categoria D9 (12-13 anni), in seguito ai fatti avvenuti lo scorso fine settimana su diversi campi del Cantone. 

Su almeno sei campi da gioco della categoria summenzionata infatti durante l’ultimo turno di campionato si sono verificati episodi incresciosi causati da genitori irascibili, per usare un eufemismo, che hanno minacciato e insultato pesantemente i giovanissimi arbitri (15-16 anni) chiamati a dirigere gli incontri. In un caso si è assistito addirittura a un’invasione di campo da parte di un genitore che ha agitato i pugni sotto il naso del giovane arbitro. 

Un fenomeno non certo nuovo, ma che sembra sempre più peggiorare, anche e soprattutto sui campi dei bambini e dei giovani, che qualche volta, forse ispirati dai genitori, si lasciano anch’essi andare a offese e insulti senza remore. 

Abbiamo pertanto raggiunto Luca Di Meco, a lungo responsabile della la sezione allievi del raggruppamento Taverne e attuale allenatore degli allievi E a Ligornetto, per un commento sullo stop deciso dalla federazione e più in generale per capire meglio il fenomeno. 

Luca Di Meco, innanzitutto, come giudica la sospensione decisa dalla federazione? 

“Credo che è un segnale che andava dato, anche perché da quello che è emerso gli ultimi “attacchi” venivano anche da giocatori in campo, dunque è bene fare capire a tutti quanti che c’è bisogno di fermarsi un attimo a pensare e a riflettere sul problema, che c’è e lo si sente ogni anno, anzi direi ogni mezzo anno.”

Conferma dunque anche nella sua esperienza, il fenomeno? Quanto spesso accadono fatti del genere sui campi ticinesi? 

“Sì, il fenomeno è ben presente, anche se non bisogna generalizzare. Dopodiché dipende anche dai casi, quelli più gravi e violenti fortunatamente non li ho mai vissuti direttamente e sono più rari, ma l’accanimento verbale contro l’arbitro durante la partita, e anche dopo, accade spesso, magari non dappertutto, ma direi che quasi ogni weekend almeno su un campo qualcosa succede.” 

I problemi sono imputabili sempre ai genitori? 

“I problemi vengono un po’ da tutti, ma è chiaro che le responsabilità maggiori vengono proprio da loro, anche se è bene ricordarlo stiamo parlando di una minoranza, che però chiaramente rovina l’ambiente.”

I ragazzi quindi non vanno colpevolizzati? 

“Ma non è responsabilità loro, un bambino non nasce cattivo o aggressivo, a lui interessa giocare. Le società provano ad educare calcisticamente i ragazzi, anche nel comportamento, e in questo senso mi è capitato di vedere un ragazzo andare dal proprio genitore a bordo campo a dirgli ‘adesso basta, stiamo giocando e vogliamo giocare’. Questo è sicuramente un buon segnale, ma è chiaro che se poi l’esempio genitoriale che hanno davanti si comporta nel modo opposto ci si può fare poco purtroppo.”

E le società?

“Quelli che possono controllare meno il problema sono proprio le società e gli allenatori, che possono arrivare solo fino a un certo punto, questo è vero e va detto. La società è responsabile del bambino quando svolge l’attività calcistica e non oltre. Poi il resto del tempo lo passa con i genitori.”

Cosa pensa si possa fare per arginare questo problema sui campi? Impedire ai genitori di assistere alle partite? 

“La federazione al momento sta già facendo un grande lavoro di sensibilizzazione con gli allenatori e le società, proprio ultimamente abbiamo avuto un incontro incentrato sul rapporto allenatore-arbitro. La situazione è arrivata al punto più basso circa un anno fa, quando ci sono state delle aggressioni fisiche, alle quali fortunatamente non ho assistito. Ad ogni modo ci si sta lavorando e segnali di miglioramento si vedono, capita comunque anche di trovare un ottimo ambiente solidale sui campi.  Più di così è difficile fare, anche perché a casa dai genitori non puoi andare, sarebbe un’invasione della loro sfera educativa. E anche impedire ai genitori di venire a vedere i propri figli non è una soluzione percorribile e non sarebbe neanche giusto perché si andrebbero a punire tutti, compresi quelli che si comportano bene.”

dielle

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