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16.04.2014 - 07:200
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Merlini: la black list, i paesi canaglia, i ristorni, l'accordo sui frontalieri... "Ecco cosa bisogna fare secondo me con l'Italia"

Il consigliere nazionale PLR spiega la sua strategia: "Prima cosa notificare a Roma che ha violato l'accordo sulla doppia imposizione, poi..."

BERNA/BELLINZONA – Giovanni Merlini, da poco subentrato a Fulvio Pelli al Nazionale, respinge l’accusa che il PLR – e lui stesso – stiano “copiando” le proposte della Lega sui rapporti con l’Italia. Ieri il suo Partito ha rilanciato il tema dell’accordo sulla doppia imposizione, chiedendo al Consiglio di Stato di scrivere al Consiglio federale per chiedergli di intervenire urgentemente sul Governo italiano.

Ci spiega esattamente la strategia?

“Ho sollevato, con un’interpellanza al Consiglio federale un, semplice quesito: avete mai valutato l’ipotesi che l’Italia abbia violato l’accordo sulla doppia imposizione, dal momento che nel ’98, con un decreto ministeriale, ha inserito la Svizzera nella black list dei paradisi fiscali? L’Italia ha compiuto un atto unilaterale, modificando parte della convenzione che riconosceva espressamente il segreto bancario elvetico. La convenzione del ’74 non parlava infatti dell’obbligo di fornire informazioni fiscali. L’Italia aveva allora riconosciuto il segreto bancario e in cambio riceveva una quota di ristorni superiore a quelli versati a Francia o Austria. Questa era la situazione, che è stata modificata con un atto unilaterale”.

Lei pone però un quesito funzionale a una ritorsione…

“Esatto. La seconda domanda è: tu, Consiglio federale, hai già valutato di notificare quella violazione a Roma? Perché solo se lo fai potrai adottare misure di ritorsione contro l’Italia, tra cui potrebbe figurare il blocco dei ristorni sui frontalieri. Ma se prima non fai quel passo, ogni ritorsione potrà essere tacciata di illegalità. E non credo sia il caso di metterci in una situazione come quella di due anni fa, quando i ristorni vennero bloccati dal Consiglio di Stato”.

Insomma, lei e il PLR dite: pronti a sostenere il blocco dei ristorni dei frontalieri come strumento di pressione sull’Italia, ma lo faccia Berna e non il Ticino…

“Esatto, ma Berna, per farlo, deve mettersi in una botte di ferro. Per questo parto dalla black list e dalla violazione del trattato sulla doppia imposizione. Adesso però c’è il problema dell’urgenza: in maggio arriva in Svizzera il presidente Napolitano, e in giugno il Consiglio di Stato dovrà decidere cosa fare con i ristorni dei frontalieri. Ecco perché chiediamo un’accelerazione da parte di Berna”.

E alle accuse della Lega di fotocopiare le loro proposte, cosa replica?

“Che non è vero. La Lega dimentica che quando ha lanciato la battaglia per bloccare i ristorni non ha mai segnalato quali sono i passi giuridici da fare. In politica bisogna fare le cose correttamente, passo dopo passo, per non essere rimproverabili”.

Ma è innegabile che negli ultimi mesi nel suo partito ci sia stato un brusco cambiamento di rotta sulle questioni dei rapporti con l’Italia…

“C’è stato un cambiamento di rotta anche perché la permanenza della Svizzera sulla black list danneggia pesantemente le nostre imprese che si trovano in Italia. E a Roma c’è sempre il retropensiero che chi ha dei soldi, anche se dichiarati, in Svizzera li ha messi al sicuro in un ‘paese canaglia’. Non possiamo accettare cose del genere da parte di uno Stato che si dice amico e col quale vogliamo mantenere buoni rapporti. Un atto concreto sarebbe appunto quello di scrivere a Roma: da quando ci avete messo nella lista nera ci avete creato un danno e avete violato l’accordo sulla doppia imposizione”.

E l’accordo sui frontalieri?

“Va sicuramente disdetto, ma non per lasciare un vuoto giuridico: per poterlo rinegoziare. Mi disturba molto che da quando l’Italia ha di nuovo la competenza per tassare i suoi frontalieri che vivono nel raggio di venti chilometri dal confine non lo faccia per una pura scelta di politica interna”.

Il PLR ieri ha ribadito che, trattenendo una quota di ristorni il Ticino potrebbe attutire gli effetti negativi della libera circolazione sul mercato del lavoro…

“Anzitutto rinegoziando l’accordo il Ticino potrebbe trattenere parte dei 60 milioni che oggi riversa all’Italia. In secondo luogo, se l’Italia tassasse ordinariamente anche i frontalieri che vivono del raggio dei 20 chilometri, riconoscendo loro come credito quello che hanno già pagato in Ticino sotto forma di imposta alla fonte, lavorare in Ticino sarebbe meno conveniente, specialmente a certi livelli salariali. Il differenziale di aliquota tra Svizzera e Italia è infatti molto alto, e se i frontalieri fossero tassati in Italia come gli altri cittadini, venire a lavorare in Ticino sarebbe molto meno interessante. A mio parere questa misura avrebbe un un effetto calmiere sul mercato del lavoro e sul dumping salariale”.

emmebi

 

 

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