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30.05.2014 - 06:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

AET, il carbone, l'olio di palma e il mercato dopato di eolico e solare. Giovanni Leonardi: "La politica chiarisca le regole"

Il nuovo presidente dell'Azienda elettrica: "Dobbiamo unire le forze per far fronte a un mercato dove il prezzo dell'elettricità è ai minimi storici"

BELLINZONA - I conti 2013 dell'Azienda elettrica ticinese hanno chiuso con utile di 12 milioni di franchi. Meno 9 rispetto all'anno precedente. AET verserà comunque al Cantone un dividendo di oltre 13 milioni.
Il risultato finanziario è stato definito in ogni caso soddisfacente dai dirigenti dell’Azienda, considerate le difficili condizioni del mercato dell’energia, contraddistinto da un continuo calo dei prezzi.

Sul bilancio 2013 ha pesato anche il valore della partecipazione di AET nella centrale di Lünen, svalutata di 21 milioni alla luce delle previsioni di mancati utili nei prossimi anni. 
 
Per il nuovo presidente dell’AET, Giovanni Leonardi, che entrerà ufficialmente in carica in luglio, le parole d’ordine sono due: collaborare con tutte le altre aziende elettriche, regionali e comunali, che è una questione vitale; e ottenere ascolto dalla politica affinché stabilisca condizioni quadro chiare, a livello federale e cantonale.

L’era delle polemiche roventi si è chiusa. L’operazione “olio di palma”, che ha fatto scorrere fiumi d’inchiostro e ha avvelenato il dibattito sulla politica energetica, è ormai agli sgoccioli. Bisognerà solo capire, alla fine, quanto è costata. Di sicuro parecchi milioni. E di sicuro l’acquisto di tonnellate di olio combustibile e la partecipazione ad alcune centrali italiane sono state un investimento fallimentare.

Poi resta da risolvere il problema della centrale a carbone di Lünen – la cui sorte problematica era meno prevedibile -, dalla quale bisogna uscire in ogni caso entro il 2035. Così ha deciso il popolo.
Ma bisognerà decidere se liberarsi al più presto, a medio termine o entro vent’anni del fardello del carbone. Bisognerà cercare la soluzione più conveniente, o quantomeno quella meno dolorosa. 
Ma una cosa è certa: Lünen non sarà alla fine, per l’AET, una partecipazione strategica. “La domanda – dice Giovanni Leonardi - è piuttosto: quanto ci costerà uscire dal carbone?”.

Questi sono i residui delle burrasche dell’ultimo decennio, ma i veri problemi, sottolinea Leonardi, non sono quelli del passato: sono quelli del presente e del futuro.

Il quadro è chiaro, spiega: l’Europa è confrontata attualmente con una sovra produzione di energia, e con prezzi in caduta libera. Un problema dovuto in parte alla produzione idroelettrica in surplus legata alle abbondanti nevicate dell’inverno scorso, ma soprattutto all’invasione di energia eolica e solare.

Il nuovo rinnovabile mette in crisi il vecchio, vale a dire l’idroelettrico.  L’energia solare ed eolica rappresenta oggi per un’azienda fortemente votata all’idroelettrica come l’AET la principale concorrenza.

Non è che il nuovo rinnovabile costi meno, ma viene favorito da un mercato dopato da sussidi e incentivi pubblici miliardari, soprattutto in Germania e in Italia. Alla fine l’energia costa meno, e sul libero mercato internazionale va a ruba, ma quel minor costo lo pagano comunque i contribuenti degli stati produttori.

La politica svizzera andrà a correggere questo mercato distorto?, si chiede il nuovo presidente dell’AET. “Spero di sì, altrimenti per noi i prossimi sei/sette anni saranno durissimi”.

Le “correzioni” a cui pensa Leonardi sono semplici: “Limitare i sussidi attuali a solare ed eolico o incentivare la produzione idroelettrica, per esempio defiscalizzandola. Inoltre occorre investire maggiormente nell'efficienza energetica per ottenere una riduzione dei consumi. Il vecchio 'brutto monopolio' ha funzionato bene per cent’anni, ma nel mercato libero nessuno investe più in energia non sussidiata”.

“I prezzi dell’energia – prosegue - sono oggi ai minimi assoluti. E più il prezzo è basso, meno mezzi hai per pagare i costi operativi e i costi fissi degli impianti. È il caso di Lünen, entrata in servizio nel 2013, in quanto nei primi anni di vita di una centrale i costi sono più alti”.

Il nuovo presidente è comunque fiducioso: “Negli ultimi anni – afferma - sono state gettate nell’AET le basi per consolidare l’azienda. C’è sicuramente una maggiore trasparenza, ed è una buona base di partenza per affrontare le sfide dei prossimi, che saranno molto difficili dal punto di vista operativo”.

Al più presto, aggiunge, si dovranno mettere in atto le strategie energetiche cantonali anche sulla base della revisione della legge federale. A livello di distribuzione la rete resterà sottoposta al monopolio, ma la produzione, il commercio e la distribuzione dipenderanno moltissimo dalle nuove condizioni quadro.

“Molto dipenderà, dunque, dalle decisioni di Berna. E la politica, dopo la decisione di uscire dal nucleare, deve assolutamente accelerare i tempi. Anche perché in Ticino dovremo arrivare ben allenati per affrontare il tema della riscossione degli impianti idroelettrici di Ofima e Ofible, Maggia e Blenio”.
 
E per farlo, spiega Leonardi, volenti o nolenti dovremo metterci assieme e lavorare tutti a questo obiettivo: 
“AET e AIL, le aziende industriali di Lugano, giocheranno un ruolo fondamentale in questa strategia, e sarà quindi indispensabile una buona collaborazione. Quindi, io dico: cerchiamo di affrontare il futuro uniti e mettere in atto senza scontri e polemiche le nuove strategie che saranno dettate dalla politica”.

emmebi
 
 
 

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