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20.07.2014 - 22:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Se il massone è anche politico... e se poi è anche leghista: riflessioni su un mondo segreto che va reso un po' più trasparente

L'ANALISI - Dopo il caso dei tre militanti di via Monte Boglia e di Antonini, sulla conciliabilità di Massoneria e politica le tesi divergono. Ma che dire dei veri comitati d'affari?

di Marco Bazzi

Diciamo subito una cosa: anche in Ticino l’immagine della Massoneria  risente ancora in modo profondamente negativo, nell’immaginario collettivo, delle vicende legate alla famigerata Loggia P2 di Licio Gelli. Nonostante siano trascorsi quasi quarant’anni da allora.

Che cosa sia realmente la Massoneria, che cosa accada all’interno delle singole logge, quali rapporti vi siano – personali e d’affari o di interessi – tra gli aderenti, lo sanno soltanto coloro che ne fanno parte. E probabilmente nemmeno tutti.

È chiaro che l’alone di mistero che circonda questa confraternita suscita – e da sempre - dubbi sui reali scopi di chi vi aderisce: sono unicamente ideali o c'è dell'altro?

Negli anni dello scandalo P2, la Massoneria fu anche al centro di un famoso romanzo, Un borghese piccolo piccolo, di Vincenzo Cerami, dal quale Monicelli trasse il film interpretato da Sordi. È la storia di un modesto impiegato sulla soglia della pensione che per piazzare il figlio entra nella Massoneria.

Ma partiamo dalle definizioni. Sull’enciclopedia on line Wikipedia si legge: “la Massoneria è un’associazione iniziatica e di fratellanza che si propone come patto etico-morale tra persone libere. Un patto da intendersi non come un’operatività socio-politica, ma come tensione collettiva, di tutti gli affiliati all'associazione, alla via di perfezionamento delle più elevate condizioni dell’umanità”.

E ancora: “I principi massonici discendono dalle Costituzioni dei Liberi Muratori, redatte da James Anderson nel 1723. Tra i vari principi e norme c'è quello che precetta la Massoneria e tutti i suoi affiliati all’estraneità rispetto alle questioni politiche o religiose. Non per questo la Massoneria è antipolitica e antireligiosa, solo è separata da questi ambiti e per tale motivo nelle Logge è vietato discutere di religione, di politica e di affari economici della società civile”.

Va bene, si chiede chi non è massone: dentro le logge, ma fuori? Essere un “fratello”, alla fine, aiuta nella vita, nella carriera e negli affari? La logica è quella del Borghese piccolo piccolo o sono soltanto dicerie?

Come quasi sempre nelle vicende umane, sicuramente dipende dalle circostanze, ma soprattutto dalle persone.

Un tempo i fratelli erano votati al segreto, oggi, nell’era della società mediatica, si parla di "discrezione" e di "riservatezza". Anche i massoni hanno dovuto adeguarsi alla cultura della trasparenza. Segreto resta invece ciò che accade dentro le logge.

Sia come sia, la Massoneria, ma soprattutto i massoni suscitano il prurito della curiosità collettiva e la loro fede si presta al pettegolezzo.

Sono comuni discorsi tipo: “Quello è un massone”. “Ma dai? Non l’avrei mai detto”. “Te lo do per certo… è stato visto al funerale di Tizio, che era massone anche lui…”. Quasi che la figura del massone fosse un po' come il lupo mannaro.

C’è anche chi va al cimitero quando muore un fratello, per vedere chi sono i confratelli che sfilano davanti alla bara. O chi si apposta fuori dalle logge per sapere chi entra e chi esce.

Vabbè, ma a parte questo, il problema si pone oggi, e non è la prima volta, nel rapporto tra Massoneria e politica. Se è lecito - e ci mancherebbe - che una persona libera scelga di aderire alla Massoneria, è lecito - o meglio, è opportuno - che chi riveste o aspira a rivestire cariche istituzionali aderisca a una loggia?

Sia chiaro che né l’una né l’altra scelta (la prima personale, la seconda pubblica) sono obbligatorie, quindi nel caso in cui, socialmente, si ritenesse che c’è un problema, l’individuo può sempre ancora scegliere tra Massoneria e politica. È solo questione di stabilire se le due cose sono coniugabili dal profilo dell’opportunità, ed è giusto che se ne parli, che il problema venga posto, come ha fatto il Caffè. Ma non in termini di partito, bensì in termini generali, facendo astrazione dalle aree di pensiero (se oggi si può ancora parlare, in politica, di aree di pensiero).

Su questo punto i giudizi divergono: ognuno ha le sue opinioni. C’è chi ritiene che Massoneria e politica siano conciliabili, e chi no.

Noi siamo per la libera scelta individuale, ma a una condizione: chi fa politica attiva in un esecutivo o in un legislativo dovrebbe dichiarare la sua appartenenza alla Massoneria.
Questo atto di trasparenza, che – sia chiaro - non vìola alcun segreto iniziatico, potrebbe favorirlo e sfavorirlo sul piano elettorale. O magari essere assolutamente ininfluente. Come nel caso di Giorgio Giudici, massone dichiarato, che è stato sindaco di Lugano per due decenni: la sua appartenenza alla “fratellanza” non lo ha né favorito né sfavorito sul piano politico.

Si può, per contro, immaginare che qualche massone possa essere stato aiutato da un personaggio tanto influente come lui. Ma allora diciamocela tutta: quanti ticinesi hanno trovato un posto, anche di prestigio e spesso immeritato, o hanno ottenuto lavori o favori per “meriti politici” o grazie a politici potenti? Quindi, dove sta il problema della Massoneria? A quale rischio di inquinamento espone la società civile?

Ora ci si stupisce se anche alcuni leghisti entrano o vogliono entrare a farne parte. Quasi che le logge fossero riservate unicamente a politici di matrice liberale o al limite di sinistra (in nome della laicità della confraternita vediamo male dei massoni pipidini, ma magari ci sono anche quelli).

Al di là che essere massoni possa confliggere in qualche modo con i principi di anti-potere enunciati (ma quanto applicati?) in vita da Giuliano Bignasca, non vediamo nulla di scandaloso se un leghista si fa massone. Come – sempre fatta salva l’opportunità generale che un politico con cariche di spicco aderisca a una loggia -, non vediamo alcuno scandalo nel caso di esponenti di altri partiti.

Ci chiediamo però come mai le ultime due polemiche sulla Massoneria (prima quella che tre anni fa investì il ministro Norman Gobbi, quando diede la sua disponibilità a entrare nella Loggia Il Dovere, ora quella dei tre anonimi leghisti) tocchino sempre militanti del movimento di via Monte Boglia, quasi che qualcuno fosse lì pronto a tendere la gamba più che la mano. Nel mirino c'è anche il candidato del PLR Mauro Antonini, reo, forse, per alcuni fratelli, di aver portato al dito quell'anello d'oro coi simboli del compasso e della squadra. Di non aver nascosto la propria appartenenza, insomma.

Antonini, comandante delle Guardie di confine e candidato al Consiglio di Stato, interpellato da liberatv, ha infatti ammesso senza problemi di essere massone. Daniele Caverzasio, capogruppo della Lega, ha detto sempre a liberatv che preferirebbe non avere massoni tra i suoi deputati, ma che se ci sono dovrebbero semplicemente dichiararlo.

Trasparenza, insomma, semplicemente trasparenza. A meno che non si voglia sposare il concetto che la Massoneria è unicamente un comitato d’affari, e come tale va relegato ai margini della società. Ma bisognerebbe allora spiegare il perché. Sicuramente ci sono altri comitati d’affari ben più potenti e segreti della Massoneria, legati a doppio filo a certe aree di partito, che inquinano società e politica. Asfaltopoli non ci ha insegnato nulla?

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