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Salute e Sanità
21.07.2014 - 12:330
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Cassis: "Vi racconto il mio viaggio con Miss Svizzera nella foresta del Camerun tra pigmei e lebbrosi"

La straordinaria esperienza del consigliere nazionale tra le tribù primitive dove opera l'organizzazione umanitaria FAIRMED. "Per la prima volta ho toccato un lebbroso". GUARDA FOTO E VIDEO


di Marco Bazzi

LUGANO – “È stata un’esperienza indimenticabile, che mi resterà nel cuore per tutta la vita…”. Il consigliere nazionale Ignazio CassiS è tornato da pochi giorni a Lugano dopo aver trascorso una settimana in Camerun, quasi tutta nella foresta tropicale, tra i pigmei Baka e le popolazioni Bantu.
Con lui c’era la biondissima Miss Svizzera, Dominique Rinderknecht. “Lei è stata eccezionale – racconta Cassis a liberatv -, ha saputo adattarsi a condizioni di vita primitive. All’inizio mi chiedevo come avrebbe reagito una donna in quelle situazioni… Ma, ripeto, Dominique ha affrontato ogni disagio senza batter ciglio”.

Gli obiettivi umanitari di Fair Med

Il viaggio era organizzato dall’organizzazione umanitaria e no profit FAIRMED, che opera in Svizzera da una quarantina d’anni e che prima si chiamava “Emmaus Lotta alla lebbra”. Il cambiamento di nome ha causato una certa perdita di notorietà all’organizzazione, che – basando la propria azione  su donazioni volontarie - ha deciso di riproporsi all’attenzione pubblica utilizzando come testimonial Miss Svizzera e un deputato federale esperto di temi sanitari. Ecco perché la scelta è caduta su Cassis, che prima di darsi alla politica è stato per molti anni medico cantonale.

Obiettivo del viaggio, svoltosi durante la prima settimana di luglio, era dare visibilità in Svizzera - ma anche in Camerun - a FAIRMED, che si propone di aiutare i più poveri tra i poveri del mondo. 
Atterrata in Camerun, la delegazione svizzera, accompagnata dal direttore generale dell'oganizzazione, il basilese René Stäheli, si è unita al team che opera nel paese africano. 

L’incontro con i pigmei Baka

“Eravamo in tutto una quindicina, compresi gli autisti e le guide – racconta Cassis -. A bordo di tre jeep da safari ci siamo diretti verso est e dopo un paio d’ore di strada asfaltata abbiamo iniziato a inoltrarci nella foresta tropicale percorrendo piste e sentieri quasi inaccessibili, e guadando corsi d’acqua. In certi momenti ci siamo trovati l’acqua che arrivava fino alle portiere e ho temuto che non ne saremmo usciti, ma gli autisti sono stati bravissimi e ci hanno portato a destinazione”.

I pigmei Baka sono una popolazione di cacciatori nomadi che vive nella foresta tropicale a cavallo di più nazioni, dal Camerun alla Nigeria. “Nessuno sa esattamente quanti siano - spiega il consigliere nazionale -. Si stima una decina di migliaia di individui, ma nessuno di loro è registrato. Non hanno documenti, non hanno cittadinanza, insomma”.

Ma oggi i Baka hanno un grosso problema: la deforestazione causata dalle grandi industrie del legno ha ridotto il loro spazio vitale costringendo molte tribù ad abbandonare il nomadismo e a diventare stanziali.

“Queste popolazioni – spiega Cassis – stanno vivendo oggi la trasformazione radicale che le antiche civiltà di cui siamo figli hanno vissuto migliaia di anni fa”.

E i problemi sono immaginabili: se vivi in modo nomade non hai bisogno di strutture residenziali e puoi permetterti di non curare troppo l’igiene. Ma quando ti fermi…

“A noi pare inimmaginabile – prosegue -, ma queste persone non hanno quasi idea dell’agricoltura, quindi non sanno come procurarsi cibo se non cacciando. Uno degli obiettivi di FAIRMED è proprio insegnar loro a coltivare la terra, a costruire pozzi per l’approvvigionamento idrico, a separare le acque luride da quelle chiare. Queste tribù vivono in condizioni di assoluta mancanza di igiene, la qual cosa porta con sé malattie…”. 

E quando i pigmei hanno visto Dominique…

Quando i pigmei, che di bianchi ne hanno visti pochi in vita loro, si sono trovati davanti una bionda alta e radiosa come Dominique volevano toccarla: “Non ci credevano quasi che fosse una donna in carne ed ossa. Lei ha chiaramente avuto un momento di imbarazzo, ma poi la convivenza con queste tribù è stata bellissima. Resterà per sempre nei miei ricordi la notte che abbiamo trascorso nella foresta, alla luce dei falò e delle torce. Una notte incredibilmente magica”.

L’ultima sera c’è infatti stata, nella foresta, una grande festa in onore degli ospiti, nel corso della quale i Baka hanno preparato un ricco banchetto e hanno animato la notte con i loro canti polifonici e le loro danze ipnotizzanti. Poi Cassis ha dormito in una capanna di rami.
“Un’esperienza del genere avviene solo una volta nella vita – dice il deputato -, ed è stato molto suggestivo vivere un ambiente così mistico, accompagnati dai suoni degli animali notturni e dal canto dei Baka, che è durato tutta la notte. Mi è sembrato di essere in un film”.

L’incontro con i lebbrosi

FAIRMED ha creato nella foresta del Camerun alcuni piccoli presidi sanitari, molto elementari, ospitati in capanne di legno, dove vengono forniti medicamenti di base, ma anche per le malattie più aggressive, come la lebbra.

“Per la prima volta nella mia vita – racconta Cassis - ho visto una ventina di casi di lebbra, alcuni in fase iniziale, altri in fase già avanzata. La lebbra è un battere che si trasmette come la tubercolosi, anche attraverso l’aria, e la carenza di alimentazione, creando situazioni di immunodeficienza, che facilitano la sua propagazione. Oggi questa malattia si può curare con una tri-terapia di antibiotici che nel caso specifico vengono forniti gratuitamente dalla Novartis. È un aspetto positivo ma non molto noto dell’industria farmaceutica”.

Ma la lebbra, se non viene curata, può essere devastante: “Uno degli effetti a lungo termine la perdita delle estremità".

In un villaggio vicino a Mindourou, prosegue Cassis, ho incontrato un quindicenne di nome Gilbert, le cui dita sono già seriamente mutilate. 
“L’ho accarezzato, gli ho sorriso e gli ho detto: ‘Ti aiuteremo. Ti forniremo medicinali contro la malattia’. Gilbert non ha ancora ricevuto un trattamento contro la lebbra ed è quindi contagioso, ma in quel momento non ho temuto il contatto con lui. È incredibile che questo ragazzo così goovane sia mutilato tanto gravemente e che nessuno abbia fatto nulla cinque anni fa, con l’arrivo delle prime tracce della lebbra. Prima di questo viaggio pensavo che la malattia fosse stata praticamente debellata, ma invece tra quella gente è ancora diffusa e non viene sufficientemente trattata. Fino a pochi anni fa i Baka si facevano curare dai loro stregoni. Ma contro la lebbra ci vuole ben altro”. 

I pigmei parlano una lingua incomprensibile, ma negli ultimi dieci anni FAIRMED ha fatto studiare il francese ad alcuni ragazzini e adesso sono loro che fanno da interpreti e sono diventati collaboratori dell’organizzazione.

Sensibilizzare le autorità locali

“L’azione sanitaria governativa in Camerun è alquanto latente – spiega il consigliere nazionale - anche se programmaticamente esiste, ma il Governo fa valere la mancanza di fondi. È un paese povero, certo, ma ricchissimo di materie prime… Il mio ruolo era anche quello di sensibilizzare le autorità sui problemi sanitari. Infatti abbiamo incontrato diversi responsabili politici a vari livelli, anche il ministro della sanità”. 

Dai pigmei ai Bantu

Oltre a tre tribù di pigmei la delegazione di FAIRMED ha visitato anche un villaggio dove la popolazione è di etnia Bantu, che ha già da tempo una tradizione stanziale. “I Bantu vivono a poca distanza da alcune tribù Baka e trattano i pigmei quasi come schiavi: li fanno lavorare senza dar loro nulla in cambio. Anche qui c’è molto da fare per cambiare la mentalità”.

Nei villaggi i collaboratori africani di FAIRMED hanno istituito qualcosa di simile a una cassa malati, alla quale i premi si possono pagare anche lavorando in campi comuni. È un primo passo per finanziare un sistema sanitario. Ma ovviamente servono altri fondi. Anche quelli dei donatori privati.

Niente belve nella foresta, ma serpenti, ragni e scarafaggi sì...

Tornando alla foresta, gli animali carnivori non sono stati un problema. “Mi hanno detto che da quando i pigmei sono diventati stanziali, quindi da alcuni anni, le belve stanno alla larga dagli accampamenti. Ma ragni e serpenti non mancano. Mi hanno consigliato di guardare bene dove mettevo i piedi. E pensi che una sera ho lasciato su un tavolo la mia borsa aperta e l’ho trovata piena di ragni e di scarafaggi…”.

Già, e gli scarafaggi erano di casa anche nelle stanze spartane dove la delegazione ha dormito, all’interno del vecchio lebbrosario di Kwoamb, piuttosto fatiscente, costruito dai missionari francesi.
“Un rudere dove c’è però una corte interna con alcune stanze non propriamente accoglienti. Ma non è che c’era da scegliere… Ci hanno preparato dei letti di ferro con una zanzariera e ci siamo adattati. Nonostante gli scarafaggi e i millepiedi che gironzolavano sul pavimento. C’era una sola doccia per tutti, e già chiamarla doccia è esagerato, visto che da quel tubo scendevano poche gocce di acqua piovana sporchissima accumulata sul tetto. Ma novecento giorni di servizio militare mi hanno abituato all’assenza di comfort e da bambino dovevo condividere un bagno con le mie tre sorelle, così ho imparato ad aspettare”.

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