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02.08.2014 - 08:140
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Post 9 febbraio, Manuele Bertoli si schiera: "Il Consiglio Federale proponga di votare di nuovo"

Il presidente del Consiglio di Stato durante il discorso del Primo agosto: "Affinché la nuova scelta popolare non riproduca il risultato del 9 febbraio è necessario che essa sia accompagnata da vigorose riforme interne"

LOCARNO - Sulle relazioni bilaterali con l'Europa il Consiglio Federale dovrà far votare di nuovo gli svizzeri. Manuele Bertoli si schiera sulla propospettiva di una nuova consultazione popolare per sbloccare le relazioni con l'Unione Europea dopo il voto del 9 febbraio. Il Presidente del Consiglio di Stato ne ha parlato ieri sera a Locarno nel corso della suo discorso per la festa del Primo agosto. Bertoli si allinea dunque sulla posizione espressa da diversi esponenti socialisti a livello nazionale ma anche dal presidente della Confederazione Didier Burkhalter.   

La libertà e i minareti

Prima di arrivare al noccilo della questione, però, riproponiamo altri passaggi politici rilevanti del discorso del ministro socialista. A cominciare da quelli che a suo dire sono i valori nazionali: "Il rispetto della diversità culturale, della diversità religiosa, della libertà personale, oggi propone una visione largamente riconosciuta da numerosi Paesi nonché da documenti fondamentali come la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 o la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. Possiamo dire che il rispetto di questi principi non è una specificità svizzera, ma che per la Svizzera essi risultano particolarmente importanti se messi in relazione con la propria realtà multiculturale, multireligiosa, composita anche dal profilo degli stili di vita delle persone, delle famiglie, delle scelte individuali".

"Eppure - ha argomentato Bertoli - alcuni nel nostro Paese faticano a riconoscere agli altri queste libertà fino in fondo, nascondendo questo spirito contrario ai valori elvetici proprio dietro al richiamo alle presunte radici della Svizzera. Il richiamo alla cristianità elvetica, ad esempio, è arrivato fino ad impedire agli islamici di costruire minareti, decisione avallata pochi anni or sono anche dal popolo e dai Cantoni, scelta senza dubbio democratica, ma nel contempo antitetica rispetto alla pace religiosa tipica del nostro Paese. Un atto poco più che simbolico dal profilo della portata pratica, che tuttavia non può non interrogare chi davvero crede nel rispetto dell’altro, anche in questo particolare campo".

"Democrazie diretta....da correggere"

Un passaggio rilevante del suo discorso Bertoli, lo ha dedicato alla democrazia diretta: "Un valore del quale senz’altro andare fieri, ma che non può nascondere alcune insidie o pecche del sistema che potrebbero anche metterlo in crisi. Mi riferisco all’uso sempre più marcato dei diritti popolari per operazioni dal sapore più propagandistico che teso a portare davanti al popolo questioni politiche rilevanti, fattore che mina il sistema alle sue radici tradendone sostanzialmente gli obiettivi. Mi riferisco al pesante influsso della disponibilità di denaro per le campagne di votazione, questione sulla quale la Svizzera della democrazia diretta è sorprendentemente insensibile, non disponendo in sostanza di alcuna regola in materia di par condicio, elemento che del resto si ritrova nella quotidianità parlamentare, influenzata pesantemente dalle lobby fortemente organizzate senza alcun ritegno. Una correzione di questi due aspetti, a mio modo di vedere rilevanti, si impone, per salvaguardare questo vero e proprio patrimonio nazionale".

"Si rivoti"

Veniamo dunque al piatto ricco: il post voto sulliniziativa Contro l'immigrazione di massa: "Dopo il voto popolare dello scorso 9 febbraio che, comunque la si veda, ha segnato una significativa rottura con l’Unione europea e con la politica dei trattati bilaterali portata avanti dal nostro Paese dalla fine del secolo scorso - ha detto Bertoli -  la Svizzera è entrata in una fase di incertezza, da un lato potenzialmente pericolosa, ma dall’altro potenzialmente chiarificatrice. Il Consiglio federale, pur dovendo in ogni caso mettere a punto onestamente e correttamente la proposta di legislazione in applicazione dell’iniziativa popolare cosiddetta “contro l’immigrazione di massa”, a mio parere nello spazio temporale di tre anni concesso dal nuovo testo costituzionale deve anche immaginare di proporre al Paese un voto adeguato a confermare o rivedere la scelta isolazionista fatta da popolo e Cantoni 6 mesi or sono, perché è attorno a questa questione politica che la Svizzera ed il Ticino si giocano un bel pezzo del loro futuro".

"No a una Svizzera isolata"

"La sola strada ragionevole per evitare di ritrovarci i ponti tagliati con il mondo - ha proseguito il presidente del Governo  - per non chiuderci socialmente e culturalmente, per mantenere aperte le relazioni con i nostri mercati naturali, la sola strada possibile per uno sviluppo effettivo del nostro Paese e del nostro Cantone, che per questo obiettivo ha ed avrà ancor più in futuro bisogno di connessioni stabili con quel che sta fuori dal nostro territorio, rimane quella di relazioni solide con l’Unione europea. Se immaginiamo una Svizzera ed un Ticino dell’innovazione, dell’industria tecnologica, della ricerca, dei servizi di punta, dobbiamo renderci conto che tutto questo può essere sviluppato solo in un contesto di internazionalità del nostro Paese e non ha futuro in una Svizzera isolata".

"...ma servono riforme interne"

"Affinché la nuova scelta popolare non riproduca il risultato del 9 febbraio - ha tuttavia ammonito Bertoli - è necessario che essa sia accompagnata da vigorose riforme interne inerenti al mercato del lavoro e al mercato dell’alloggio, atte a ridurre gli effetti non voluti della libera circolazione delle persone. Si tratta quasi essenzialmente di riforme possibili solo sul piano nazionale per le quali il margine di manovra dei Cantoni è purtroppo molto limitato. Si tratta anche di scelte politiche che a tutt’oggi non godono del sostegno di una maggioranza (salari minimi legali, convenzioni collettive di lavoro facilitate, controllo delle pigioni ecc.), ma che sono le uniche a poter garantire quel patto sociale tra cittadini ed economia oggi tanto necessario per accompagnare il superamento del difficile momento attuale".

"L'ostilità verso l'Italia ci sta trasformando in una caricatura"

"Nel contesto attuale - ha aggiunto Bertoli - un Ticino che intenda puntare sulle eccellenze deve necessariamente anche saper superare l’atteggiamento indecorosamente ostile verso tutto quel che proviene dall’Italia, che in questi ultimi anni invece di attenuarsi sembra essersi addirittura accentuato. In alcuni frangenti questo clima, benché creatosi attorno a fenomeni sociali forieri di elementi anche problematici, ha raggiunto livelli parossistici, trasformando a tratti la nostra realtà in una caricatura, nell’immagine di un Cantone piccolo, impaurito, smarrito, ripiegato su sé stesso, senza alcuna fiducia nei propri mezzi e con grande nostalgia verso le rendite di posizione del passato".

"Basta a questa isteria collettiva"

"Abbiamo molte frecce al nostro arco per affrontare la realtà odierna marcata dall’apertura delle frontiere con fiducia. Una realtà, non va negato, che presenta anche degli svantaggi, i quali vanno affrontati con tutte le misure possibili, cosa che il Governo cantonale sta facendo, e non semplicemente drammatizzati all’inverosimile. E allora, e lo dico in questa occasione nella quale è di rito far riferimento all’orgoglio nazionale, tiriamo fuori il nostro orgoglio di ticinesi e cogliamo l’occasione di dire “Basta” a questa specie di isteria collettiva, che non ci fa onore e che mostra al mondo il nostro lato peggiore: sappiamo essere altro, sappiamo fare altro, sappiamo guardare al futuro con la tranquillità di chi sa di vivere in un territorio complessivamente bello, ben organizzato e di successo", ha concluso il ministro socialista.

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