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Cronaca
01.09.2014 - 10:340
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Genitori che non amano i figli: “Ecco come accade. La morte del bambino a La Chaux-de-Fonds non è una casualità”

La psicologa Kathya Bonatti mette il dito nella piaga della tragedia avvenuta in Svizzera francese: "Chi ama davvero non può lasciare un bimbo in auto se gli vuole bene sul serio"

LUGANO - Quando si legge di una tragedia come quella del bambino di 16 mesi deceduto per essere stato dimenticato in auto, la prima reazione è l’incredulità, seguita da sdegno, rabbia, tristezza, e tante, tante domande. Senza risposta, nella maggior parte dei casi. Come è potuto succedere? Come può un genitore scordare la propria creatura in auto per ore? La gente, comprensibilmente, si divide. Qualcuno comprende, perdona, giustifica, altri condannano.

“Leggo commenti in rete in cui si parla dei poveri genitori, ci si immedesima in loro e ci si chiede come faranno a dormire la notte. Sbagliano, la vera vittima non sono gli adulti ma il bambino”, è sdegnata la psicologa Kathya Bonatti, che non ha dubbi su come interpretare la vicenda. “Pur non conoscendo i dettagli del caso specifico, vorrei ricordare che non è il primo accaduto, e che chi ama davvero non può lasciare un bimbo, ma neppure un animale, in auto se gli vuole bene sul serio, è il primo pensiero”.

Il che apre un interrogativo inquietante: esistono genitori che non provano un amore viscerale e assoluto verso i propri figli? Kathya Bonatti in merito ha pubblicato un libro, dal titolo “A padri e madri manipolatori”, ed è convinta di sì.

“Potrebbe essere stato l’inconscio a far sì che il genitore si dimenticasse. A volte c’è un rifiuto verso il figlio, consapevole o meno. Esistono, certamente, genitori che non amano i propri figli. Lo dimostrano sottoponendoli ad angherie, abusi, sminuendoli, nel caso se ne rendano conto, ma non solo. Magari hanno dovuto fare delle rinunce per loro, si sono visti obbligati a sposare una persona che non amano, avrebbero desiderato un maschio anziché una femmina o viceversa, si trovano con un ragazzo handicappato in famiglia ed hanno di conseguenza un comportamento vendicativo, anche eliminante.”

Tornando al caso di La Chaux-de-Fonds, si tratta di “imperizia, negligenza, un omicidio colposo, un po’come chi investe qualcuno: non lo fa di proposito, ma uccide una persona. Poi, ovviamente, si deve valutare ogni situazione singolarmente, però non dimentichiamo mai che la vittima è il figlio. I genitori devono sottoporsi ad un esame di coscienza, chiedendosi se volevano davvero quel bambino, dedicargli del tempo, se non lo hanno inconsciamente rifiutato e questo sia un messaggio, seppur estremo. È la consapevolezza, raggiunta anche con la terapia, a cambiare le cose”

Inevitabile riflettere su quali conseguenze può avere un dramma del genere sul resto della famiglia. Secondo la psicologa, “può capitare che dei figli vengano accettati, ma non tutti, uno potrebbe per esempio non essere stato voluto. Se il bimbo morto dovesse avere fratelli, probabilmente i genitori cercherebbero di amarli di più, di dar loro più attenzioni. Generalmente, non è necessario toglierli alla coppia, poiché se c’è la volontà di ucciderli, lo fanno nello stesso momento, sono i più piccoli che, richiedendo molto impegno, provocano il peggio. Se fosse figlio unico, potrebbero vivere il dolore e poi avere un altro bambino, ma quello sarebbe amore?”

Già, ma in fondo, cos’è l’amore? Dovrebbe apparire scontato che sia il sentimento fondamentale per mettere al mondo un figlio e indirizzarlo nel modo migliore verso una vita felice, sovente così non è. “Talvolta”, spiega Kathya Bonatti, “l’adulto lo è solo anagraficamente e ha bisogno di ricevere più che di dare, mentre un figlio necessita di avere energia, tempo, soldi, attenzioni. Cresceranno figli problematici, che chiamano amore quello che ricevono e che in realtà non lo è. Si cresce con l’idea che i genitori amano, per cui ciò che fanno è con questo fine, invece vi sono mamme e papà sadici, crudeli, inaffettivi. Non arrivano all’omicidio, però vi sono mille modi di rifiutare una creatura, che poi sceglierà partner simili. Il mio libro vuole proteggere le parti lese, i figli”.

In una società che pure si definisce moderna, capita che chi non desideri riprodursi sia additato e si senta in qualche modo quasi costretto a rispettare, almeno esteriormente, l’immagine della famiglia felice. “Non condivido, nelle classi colte in America ora vi sono le coppie moderne che bastano a sé stesse, a volte anche senza sesso, anche se qui si va in un altro discorso. Bisogna chiedersi, per chi faccio figli? Se fossi quel figlio, mi vorrei come genitore? Sono in grado? Posso soddisfare i suoi bisogni. Per esempio, il distacco può essere compreso solo dai tre o quattro anni in avanti. Un figlio si fa solo se si ama, non per soddisfare dei bisogni.”

Un quadro quasi impietoso, sconvolgente, quello tracciato da Kathya Bonatti. Amare può richiedere più coraggio che rinunciare ad un figlio? Un altro degli interrogativi senza risposta che aleggiano attorno alla morte del piccolo a La Chaux-de-Fonds. Ciascuno, probabilmente, deve rispondere per sé, e non sempre è facile come appare.

PB

 

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