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11.09.2014 - 10:380
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Le previsioni del Credit Suisse: l'economia che rallenta, i frontalieri e gli effetti dell'immigrazione di massa

La ricercatrice Sara Carnazzi: "Abbiamo rivisto al ribasso le previsioni sul PIL per fine 2014 e per il 2015. Subiamo anche gli effetti di un'economia europea che non decolla"

LUGANO – Le prospettive economiche sono tutt’altro che rosee. Ma non catastrofiche. Un rallentamento che non deve generare allarmismo. È, in estrema sintesi, quanto emerge dallo studio presentato ieri sera a Lugano da Sara Carnazzi Weber, Responsabile dell’analisi macroeconomica di Credit Suisse Economic Research. Uno studio che l’istituto di credito pubblica regolarmente per fornire indicazioni sullo stato di salute della nostra economia.

“Diciamo subito – spiega la ricercatrice – che abbiamo dovuto rivedere al ribasso le previsioni per fine 2014 e per l’intero 2015. Abbiamo stimato un aumento del prodotto interno lordo dell’1,4% per quest’anno - contro il 2 della precedente previsione - e dell’1,6% per l’anno prossimo, contro una precedente previsione dell’1,8”.
C’è stata una battuta d’arresto della crescita economica in Svizzera nel secondo trimestre dell’anno in corso, dice Sara Carnazzi.

“Un dato che ha messo in evidenza due cose. Primo: che il ‘superciclo’ dell’economia interna si sta indebolendo. Abbiamo infatti avuto una crescita quasi dimezzata del consumo. Secondo: l’esportazione non è in grado di compensare questa diminuzione di domanda interna, perché l’economia globale, in particolare quella europea, non riesce a decollare”.

Quindi? Quindi, dovremo accontentarci di una crescita minore del prodotto interno, e il fatto che l’Europa non riesca a riprendere forza e che i paesi emergenti si stiano riposizionando verso tassi di crescita inferiori al recente passato peggiora le prospettive per la nostra economia e per la nostra industria, spiega la ricercatrice.
“Non avremo più grandi impulsi da parte del consumo interno – aggiunge - e nemmeno a livello di investimenti. Malgrado le imprese svizzere si mostrino abbastanza ottimiste sull’applicazione dell’iniziativa sull’immigrazione massa approvata il 9 febbraio, c’è comunque un clima di incertezza che incide anche sugli investimenti. Abbiamo fatto un sondaggio su un campione di imprese chiedendo se dopo il 9 febbraio hanno modificato le loro strategie sul piano degli investimenti. Solo il 10% delle aziende hanno fatto sapere che intendono dislocare all’estero parte della loro attività. Ma la maggioranza è convinta che a livello di accordi bilaterali non ci saranno scossoni e sconvolgimenti”.

E il Ticino? “Qui il discorso è un po’ diverso – spiega la ricercatrice -, come del resto negli altri cantoni di frontiera. Il Ticino si troverebbe in una situazione più delicata nel caso in cui si decidesse di introdurre contingenti molto rigidi per i frontalieri”.

In generale, negli ultimi mesi – anche se noi ticinesi facciamo fatica a capirlo, confrontati come siamo con un aumento esponenziale del numero dei frontalieri – è calata a livello nazionale la domanda di manodopera estera. Un fenomeno, sottolinea Sara Carnazzi, che si inserisce nel contesto di una generale minore crescita di occupazione a livello nazionale. “C’è stato, in particolare, una riduzione dei flussi di immigrazione di manodopera dalla Germania, dovuta anche al miglioramento del quadro economico di quella nazione. Ma va detto che la statistica dell’impiego in Ticino è da diversi trimestri più dinamica di quella nazionale”.

Negli ultimi rapporti sull’andamento economico, il Credit Suisse ha sempre sottolineato che il consumo interno è stato sostenuto proprio dai forti flussi immigratori che hanno inciso sull’aumento demografico. Ma ora la tendenza si è rallentata: “Prevediamo per 2014 un saldo demografico globale pari a circa 65/70'000 unità, contro un aumento che negli ultimi anni si attestava tra le 80 e le 100'000. È chiaro che questo inciderà sui consumi”.

Ma attenzione, conclude la ricercatrice: “Non è che ogni volta che l’economia rallenta c’è una perdita del potere d’acquisto della popolazione. Se paragonati ad altri paesi siamo in una situazione di occupazione eccellente e un’inflazione molto contenuta, dello 0,1% nel 2014. Posso quindi dire che, a livello generale, non ci sarà una perdita di potere d’acquisto. Avremo semplicemente un rallentamento dell’economia. Ma non allarmante”.

emmebi

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