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Salute e Sanità
14.09.2014 - 10:440
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Uno studio americano: "Nel 2050 vivremo fino a 120 anni, avremo il cervello più grande e il sesso più piccolo"

L’uomo sarà in grado di dotare il corpo di protesi al fine di mantenere un’elevata autonomia dei movimenti anche in età avanzata

NEW YORK - L’antropologo Cadell Last ha reso noto uno studio dal titolo “Evoluzione umana e la fine della riproduzione biologica”, ove prospetta enormi cambiamenti che porteranno l’homo sapiens a evolvere in qualcosa di diverso in pochi anni. Secondo il ricercatore del Global Brain Institute, infatti, entro il 2050 si vivrà fino a 120 anni, si avranno cervelli più grossi e organi sessuali più piccoli. Ciò sarà possibile grazie alle nuove tecnologie e all’allungamento della vita già in atto. 

Le nostre capacità intellettuali potranno essere aumentate in diversi modi, a partire dalle stimolazioni elettriche del cervello sino alle protesi da inserire nella scatola cranica. L’uomo sarà in grado di dotare il corpo di protesi al fine di mantenere un’elevata autonomia dei movimenti anche in età avanzata, di migliorare le capacità fisiche e lavorative e di competere coi robot di nuova generazione. Avrà meno figli e sempre più tardi.

Non si tratta di tesi completamente innovative, poiché nel 2005 il futurologo Raymond Kurzell nel suo saggio “La singolarità è vicina” (affascinante anche se non si sa quanto realmente attendibile) parlava di menti e corpi potenziati da alterazioni genetiche, nanotecnologie e intelligenza artificiale entro il 2045. Da anni gli scienziati dibattono sui cambiamenti che la tecnologia apporterà alla collocazione dell’essere umano nella catena evolutiva. 

D’altronde, numerosi e importanti mutamenti sono già in atto. La vita media è aumentata dai 45 agli 80 anni in un secolo, le donne che negli USA hanno il primo figlio dopo i 35 anni sono passate dall’1% al 15% in poco meno di mezzo secolo, le manipolazioni genetiche permetteranno a chi può pagarle di proteggersi da malattie e addirittura a far nascere figli più belli e intelligenti. Ci sono arti artificiali per i soldati che li hanno perduti in guerra, tentativi di ridare la vista ai ciechi, microchip e stimolazioni elettriche per far tornare la memoria ai militari americani che l’hanno smarrita combattendo. Quest’ultima è una terapia che si sta sperimentando anche per combattere demenza senile e Alzheimer, ma la preoccupazione di Massimo Gaggi, autore di un articolo sul tema sul Corriere della Sera, è che non si potrà in un futuro impedire a chiunque di ricorrere alle cosiddette protesi della mente per migliorare le proprie capacità. Un monito inquietante, tenendo conto che Cadell Last nel suo studio sostiene anche che nel 2050 chi utilizzerà con maggior spregiucatezza queste tecnologie sarà in grado di accaparrarsi i lavori meglio remunerati. 

 

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