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22.09.2014 - 14:510
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il PS e l'incomprensibile lista per il Consiglio di Stato

Sembra che i socialisti si siano rassegnati al ridimensionamento subito alle ultime elezioni. Che abbiano deciso di rinunciare in partenza a rilanciarsi. Di provare a vincere. Ma la sfida di aprile è decisiva per la sinistra ticinese

di Andrea Leoni

Lo scriviamo con il massimo rispetto per le persone che hanno colto l'occasione, per la loro storia personale, le loro idee, le loro capacità, ma la lista socialista per il Consiglio di Stato è imbarazzante per peso politico e potenziale elettorale. E francamente non si capisce se sia frutto di una "strategia" o della mancata generosità di dirigenti e figure di spicco che non se la sono sentita di accompagnare Manuele Bertoli verso la rielezione sacrificandosi per il partito nel momento del bisogno. Quale che sia la verità è una colpa grave. E ben inteso: i candidati sono gli unici a non avere alcuna responsabilità.

È del tutto incomprensibile come i socialisti dopo la scoppola di quattro anni fa, dove la perdita di oltre 4'000 schede significò quattro scranni in meno in Gran Consiglio, abbiano deciso di ripresentarsi alle elezioni con questa compagine: tutti sanno quanto la lista del Governo, che gode del 90% della visibilità mediatica, sia fondamentale per far da traino a quella del Parlamento e realizzare un buon risultato nella contesa per il Legislativo.  E per costruire un successo non basta qualche idea interessante (Amalia Mirante o Henrik Bang, comunque due scommesse) sacrificata sull'altare di un mosaico sconclusionato che non ci pare in grado di competere alla pari con gli avversari e che non può reggere alla pressione di una competizione così decisiva. La sinistra ticinese deve infatti avere ben presente la posta che si sta giocando in questa partita. Si trova sull'ultimo confine: quello che divide chi conta ancora qualcosa e chi non conta più nulla. 

È un po' come se una squadra di calcio, dopo aver perso malamente l'ultima partita (probabilmente con il peggior risultato della storia), si ripresenti al match successivo schierando seconde linee, giocatori che ancora devono dimostrate tutto e giovani di belle speranze. Mentre i titolari se ne stanno comodamente in panchina o in tribuna. Sembra che il PS si sia rassegnato al ridimensionamento subito all'ultimo giro. Che abbia deciso di rinunciare in partenza a rilanciarsi. Di tentare, almeno tentare, di tornare grande. Le avventure che cominciano in questo modo raramente vanno a finir bene.

Non c'è voglia di vincere. Non c'è curiosità. Non c'è sale da competizione. Non c'è emozione. Non c'è coraggio. C'è solo una sorta di istinto di sopravvivenza che porta solo alla difesa della riserva. A questo dramma psicologico si somma la sindrome da accerchiamento e quella da Calimero, così evidenti nel discorso del presidente Lurati ma del tutto inaccettabili per un partito che ha contribuito in maniera decisiva alla costruzione della Svizzera e del Ticino. Neppure il disastroso risultato alle comunali di Lugano è servito da campanello d'allarme. A proposito: come è possibile che la sezione più grande del partito, quella della Citta, e quella che ha trionfato alle ultime elezioni comunali, Bellinzona, non abbiano prodotto una candidatura di livello?

E pensare che solo 8 anni fa, non 80, il PS aveva più voti della Lega in Gran Consiglio ed era a un'incollatura nei risultati per il Consiglio di Stato. Possibile che in questa sinistra non ci sia l'energia, la voglia, la passione, lo slancio, la fame, di aprirsi per una volta senza pregiudizi agli elettori, tentare di rialzarsi e rimettersi con furore agonistico a scalare la montagna? Invece di piangersi addosso, di puntare il dito con diffidenza verso una società che non si riesce più a capire ma con presunzione si vuole in ogni modo educare con la solita lezioncina, i socialisti dovrebbe tornare a sporcarsi le mani, a impregnarsi le camice dell'odore del popolo, ad ascoltare senza essere schizzinosi ideologicamente. 

Ricordo che Giuliano Bignasca, riflettendo sul futuro della Lega e sul suo potenziale, una volta disse: non sono tanto preoccupato da liberali e pipidini, ma se i socialisti tornano a fare i socialisti qualche problema possiamo averlo. Pensava al socialismo incarnato da Giovanni Cansani, ma anche a quello di Franco Cavalli e di Patrizia Pesenti. Diverse sfumature di rosso ma, per ragioni diverse, tutte popolari, tutte vincenti. Pensava soprattutto ai molti elettori socialisti che hanno abbandonato la casa dove sono cresciuti scegliendo il lido leghista e, l'ultima volta, in minor misura, quello dei Verdi.  

Servono personalità forti per essere competitivi in certe sfide. Personalità conosciute capaci con il loro carisma e con le loro idee di costruire un'empatia, un'emozione, un legame di fiducia, con i cittadini, tutti i cittadini. E servono obbiettivi da conquistare, vette da raggiungere, quel "sogno di un'antica speranza" da tornare a realizzare. Serve anche un'altra immagine: che senso ha presentare pubblicamente la lista del Consiglio di Stato davanti a una sessantina di militanti per giunta, a quanto narrano le cronache, anche piuttosto in la con gli anni? Le immagini trasmettono messaggi come le parole e ciò che è stato mostrato a Massagno non suscita ottimismo.

A proposito di comunicazione Saverio Lurati ha commesso il più banale e grossolano degli errori. Ha regalato il titolo alla stampa ( "C'è odio contro i socialisti") ma sul tema sbagliato. "Quello sarà anche il problema dei socialisti ma io ne ho altri. E ben peggiori", commentava stamane una signora al bar. Le regole mediatiche sono spietate e purtroppo per il presidente socialista raramente passa più di un messaggio alla volta. Il suo intervento aveva altri passaggi, di interesse più generale, che meritavano di finire in prima pagina. Bastava mettere l'accento al momento giusto. 

E poi più che dell'odio, se fossi un dirigente socialista, mi preoccuperei per l'indifferenza che via via si sta creando attorno al partito e alla sua politica. C'è ancora tempo per correggere il tiro – il congresso ratificherà la lista solo in gennaio - e probabilmente qualcuno ci proverà.  Ma sostituire solo un candidato potrebbe non essere sufficiente. Sempre ammesso che un nome di peso ci sia, che venga accettato e che chi lo propone non venga tacciato di sabotaggio o eresia. 

 

 

 

 

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