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16.10.2014 - 16:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il caso dei bambini ecuadoregni infiamma il Governo. Gobbi: "Dopo la classe gli daremo anche una casa e una rendita?". Il PS: "Hanno diritto alla scuola"

Il ministro leghista: "Da Bertoli mi sarei aspettato un coinvolgimento sul fronte dei permessi. È un'apertura pericolosa". Il PS chiede chiarezza

BELLINZONA – Il ministro Manuele Bertoli ha detto la sua e non è stato tenero con il collega Norman Gobbi. Il “casus belli” tra il direttore del Dipartimento educazione e quello del Dipartimento istituzioni riguarda il caso dei due bambini ecuadoregni “residenti” da alcuni mesi (in un camper) a Contone che il Municipio di Gambarogno ha deciso di mandare a scuola. Un’ottima scelta, per Bertoli, una scelta che sarebbe stato meglio evitare per Gobbi. Che spiega così la sua posizione. 

“Premetto che il collega Bertoli non mi ha chiesto un parere sul piano dei permessi quando ha risposto alla richiesta del Municipio di Gambarogno – dice a liberatv -. Mi sarei aspettato almeno un coinvolgimento da parte del DECS, visto che non è solo una questione di scolarizzazione ma anche, appunto, di permessi per stranieri residenti più o meno legalmente in Ticino”.

“Questa apertura fatta dal DECS – aggiunge - apre le porte a un buonismo che si può assolutamente comprendere nel caso concreto, che riguarda questi due bambini, ma che comporta seri rischi in termini generali”.

Gobbi ricorda che “questa famiglia è in Ticino con un permesso di soggiorno turistico. E non mi risulta che in Ticino ci sia l’usanza di accogliere nelle scuole i figli dei turisti. Però sappiamo benissimo cosa fanno i genitori di questi bambini: sono qui come suonatori ambulanti e senza nessun permesso per esercitare questa attività. Quindi, un’apertura di questo tipo potrebbe indurre altre persone ad approfittare della nostra ‘generosità’. Basta guardare la situazione in cui si trovano Losanna e il canton Vaud a causa di una politica di accoglienza eccessivamente lassista”.

Da tre anni, aggiunge il ministro, non abbiamo più carovane di Rom in Ticino, “proprio grazie alla politica di rigore del Dipartimento che dirigo, e questo atteggiamento del DECS potrebbe favorire anche il ritorno dei Rom, che a quel punto potrebbero chiedere una parità di trattamento per i loro figli”. 

Il regolamento scolastico, continua il ministro, stabilisce che vanno scolarizzati i figli di persone domiciliate o residenti stabilmente in un dato comune, non i figli di persone in possesso di un permesso turistico.

“Il Municipio di Gambarogno ha fatto una sua valutazione sul caso specifico, ma dal punto di vista dei permessi, e parlo in generale, una pratica del genere non è giustificabile. Mi chiedo: ma poi dovremo dare a queste persone anche una casa e una rendita? Il discorso diventa rischioso”.

La presa di posizione del PS

Intanto, sul caso arriva una presa di posizione del Partito socialista firmata dalla capogruppo Pelin Kandemir Bordoli. Il titolo è chiaro: i bambini devono essere protetti e devono andare a scuola.

Ecco la nota: "Il Partito Socialista ha appreso dalla stampa della divergenza tra due Consiglieri di Stato in merito alla scolarizzazione di due bambini ecuadoregni e sostiene il Municipio di Gambarogno che, dimostrando saggezza e umanità, ha deciso di scolarizzare nella scuola dell’infanzia e nella scuola elementare (che ricordiamo si chiamano dell’obbligo) una bambina e un bambino ecuadoregno. Poter andare scuola è un diritto inalienabile di ogni bambino, indipendentemente da ceto, etnia, religione o statuto.
Questo diritto è garantito dall'art. 28 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, ratificata anche dalla Svizzera già nel 1997.
E non è solo un diritto bensì anche un dovere di ogni Stato democratico assicurare a tutti i bambini e a tutte le bambine la possibilità di avere un'istruzione.
In questo senso si è espressa in più occasioni anche la Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione (CDPE), che – come pure la Commissione federale della migrazione  – raccomanda di ammettere nelle scuole pubbliche ogni bambino e ogni bambina che vive in Svizzera, indipendentemente dallo statuto ed evitando ogni discriminazione. 
La protezione dell’infanzia e il diritto alla scolarizzazione dei bambini sono due valori fondamentali della nostra società e tali devono continuare a rimanere.Il Partito Socialista auspica che in seguito a questo episodio si faccia chiarezza riaffermando che tutti i bambini e le bambine in età di scuola dell’obbligo devono poter andare a scuola indipendentemente dalla loro situazione giuridica".

emmebi

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