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Analisi
23.10.2014 - 17:520
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il calderone della pesca ribolle. Tensioni tra tradizionalisti, moschisti e retaioli. Spaccano le misure di protezione. E in mezzo scorre il fiume

Ridurre il numero di catture di trote? Limitare la posa delle reti? Si apra un dibattito. E la politica rifletta: i voti dei pescatori non sono in vendita

di Marco Bazzi

“Quando si parla di pescatori, le acque sono sempre agitate”, scriveva ironicamente su un “social” un amico che si è avvicinato quest’anno alla pesca. Un altro, pescatore di lunga data e di gran classe, ha criticato la lettera aperta che liberatv ha pubblicato martedì, firmata da Alex Palme, appassionato di pesca a mosca. Una cosa è certa: il calderone della pesca sta andando in ebollizione. E le bolle incominciano a salire a galla.

Gli ingredienti, in questo calderone, sono tanti. Conflitti, mugugni (siamo alla seconda lettera aperta nel giro di un mese e ci risulta che circoli anche una petizione che verrà indirizzata al Dipartimento del territorio), frizioni, o semplicemente visioni opposte. Mentre sempre meno appassionati “staccano la patente" - come si dice -, delusi dalla scarsità di catture e da fiumi agonizzanti (la Maggia è ormai considerata ‘morta’, ma il Ticino non sta meglio): nell’ultimo anno si parla di una perdita secca di altri 150 pescatori.

E forse lo "scazzo", in generale, nasce anche un po' dall'impressione che i pescatori hanno di essere venduti come coregoni, un tanto al chilo, in termini elettorali. Ma ci arriviamo. Annotiamo soltanto che su al Dipartimento (del Territorio), c'è chi pensa che se un giornalista - che per la cronaca è anche pescatore da molti anni - osa scrivere di pesca sta facendo campagna elettorale pro o contro qualcuno. Follia. Demenza! Ma questo la dice lunga sulla considerazione che certi lacchè hanno della libertà di opinione. A loro più che il futuro della pesca interessano evidentemente carriera e promozioni. Invece a noi interessa unicamente aprire un confronto democratico sulle regole di una disciplina che coinvolge diverse migliaia di appassionati. Senza dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Cosa bisogna o non bisogna fare.

Proviamo ora a enumerare gli ingredienti che ribollono nel calderone e a spiegarli anche a chi di pesca capisce poco o nulla.

La protesta contro i “retaioli”

Da una parte c’è – in particolare sul lago Maggiore - la protesta dei pescatori dilettanti contro i professionisti, e soprattutto i semiprofessionisti, vale a dire coloro che, per mestiere o per diletto, pescano con le reti. I retaioli, insomma. Fanno incetta di pesci e godono di troppi privilegi legislativi, accusano i dilettanti. Mentre noi dobbiamo sottostare a regole sempre più rigide.

Un paio di esempi: nel golfo di Lugano non si possono posare le reti, nel golfo di Locarno sì. Inoltre, le lunghissime maglie invisibili posate quasi ogni notte nel piccolo bacino elvetico del Verbano fanno strage di pesci anche nei periodi di protezione. E qui parliamo in particolare della trota, la cui pesca è vietata tra fine settembre e fine dicembre. È un problema che va affrontato e non si può continuare a far finta che non ci sia.

Scintille tra pescatori tradizionali e pescatori a mosca

Dall’altra parte c’è una brace che cova sotto la cenere: la contrapposizione costante e mai sopita tra pescatori “tradizionali” e pescatori a mosca (che usano un diverso tipo di canna, con possibilità di cattura molto più limitata, e unicamente esche artificiali che simulano le diverse specie di insetti). Una pesca meno invasiva, in parole semplici.

Ora, in questo quadro, si inseriscono altre tensioni legate a una serie di misure di protezione dei pesci, che buona parte dei pescatori dilettanti ritiene eccessivamente limitative.

Ridurre o no il numero delle catture?

Partiamo dalla prima questione, sulla quale il Cantone ha un proprio margine di manovra: alla luce del crollo del pescato nei fiumi, bisogna oppure no abbassare il limite delle catture giornaliere consentite? Proprio questo era il tema della lettera aperta di Palme.

Scriveva: “La proposta dell'Ufficio Caccia e Pesca (UCP) di ridurre il numero di catture a 6 trote al giorno nei corsi d'acqua e di soltanto 2 o 3 capi per il tratto terminale del Ticino e della Moesa è stata respinta e osteggiata dalla Federazione Ticinese per l'Acquicoltura e la Pesca! Ritengo assolutamente inconcepibile che il Dipartimento del Territorio non tenga conto dell'operato dei propri dipendenti (leggasi UCP) ascoltando unicamente il parere della FTAP, per motivi politici che nulla hanno a che fare con la pesca”.

A pesca di voti…

Si dice chei pescatori sono, per tradizione, un importante bacino di voti, e scontentarli significa giocarsi la loro simpatia. Coi pescatori, insomma, bisogna andarci coi piedi di piombo. Ma forse quello che non si è ancora capito è che questa lobby non vota più compatta come un branco di pecoroni (se mai lo ha fatto), e che è finito il tempo in cui si poteva andare a vendere il voto dei pescatori (qualcuno millanta pacchetti da quattromila voti!) come un fustino di Dixan (e in cambio di cosa poi? perchè nessuno fa nulla per nulla, soprattutto quando promette voti). In ogni caso, le sensibilità sono molteplici e alla favola che i pescatori votano come dei lobotomizzati in base agli ordini di un direttore d'orchestra non ci crede più nessuno. Men che meno chi tenta di spacciarla per vera. Ma sappiamo anche che il direttore del Dipartimento, Claudio Zali, è troppo intelligente per cadere in simili trappole da bracconieri.

Il casus belli della trota

Ma lasciamo da parte politica e scambi di favori (che comunque anche qui contano, purtroppo) e veniamo al “casus belli”: qualche mese fa l’Ufficio caccia e pesca ha proposto di ridurre da 12 a 6 (e in certi casi a 3) il numero massimo di trote catturabili giornalmente in fiumi e torrenti. Alla fine però, il Dipartimento del territorio, dopo aver interpellato la Federazione Ticinese dei pescatori (FTAP), presieduta da Urs Luechinger, e le varie associazioni regionali, ha deciso di mantenere il limite di 12.

Ai pescatori a mosca è andata… la mosca al naso. Loro avrebbero voluto infatti abbassare la soglia a un massimo di 6 esemplari.

Introduciamo a questo punto la replica ad Alex Palme del pescatore “di lunga data e di classe” (pescatore “tradizionale”) citato all’inizio dell’articolo: “È chiaro che la FTAP, ha il potere di influenzare le regole, ma lo fa democraticamente coinvolgendo tutti gli attori in gioco e le società di pesca. Prima di introdurre nuove regole i vertici della FTAP le portano sul tavolo di tutte le società di pesca del Cantone. Ogni società esprime il suo parere e la sua posizione. Invito il signor Palme a informarsi meglio sul funzionamento dei meccanismi decisionali relativi alla pesca in Ticino”.

Il presidente dei pescatori a mosca: “Dodici trote al giorno? Siamo gli unici al mondo”

A questo punto abbiamo chiesto un parere a Piero Zanetti, presidente dell’Associazione pescatori a mosca.

“Non dico che ci sia una guerra in atto, ma ci sono senza dubbio visioni diverse sulla protezione dei pesci. La possibilità di catturare dodici trote al giorno è una cosa che non esiste in nessun altro paese al mondo, e soprattutto in nessun cantone svizzero. In Ticino stiamo prendendo un granchio. La riduzione del limite delle catture non è una questione portata avanti solo da noi: ci sono tantissimi affiliati alla FTAP che vorrebbero ridurlo da 12 a 6. Ricevo molte telefonate di pescatori ‘tradizionali’ che mi dicono: non vogliamo più affiliarci alla Federazione, vogliamo aderire alla vostra associazione. Ma non è il nostro obiettivo: noi non vogliamo migliaia di soci. Vogliamo soltanto delle regole più protettive”.

Proviamo ora a riassumere: i pescatori e mosca, ma anche molti pescatori “tradizionali”, soprattutto delle Valli, ritengono che l’eccessiva pressione di pesca sia una concausa importante della drastica riduzione delle catture registrata negli ultimi anni. Si parla di un crollo del pescato tra il 70 e l’80% (anche, ovviamente, a causa della rinuncia di molti appassionati a esercitare la disciplina).

I pescatori “tradizionali”: la colpa è di cormorani e deflussi minimi

Ma la maggior parte dei pescatori “tradizionali” segue la linea della FTAP: le catture non si toccano. Il problema della ‘carestia’ di pesci va ricercata in altri fattori, primi tra tutti gli uccelli ittiofagi – cormorani e altri – e i deflussi minimi imposti dalle aziende idroelettriche che hanno prosciugato o reso instabile il livello dei fiumi. Volete una dimostrazione? dice un altro pescatore molto esperto: “Portando a 30 centimetri la misura minima della trota nel Ticino non è cambiato assolutamente nulla. E poi, non prendiamoci in giro: chi è che oggi riesce a tornare da una giornata di pesca con 12 trote? Perché non parliamo piuttosto dei quintali di trote lacustri che finiscono nelle reti prima di riuscire a raggiungere le zone di riproduzione alla foce del Ticino e che sfuggono alle statistiche sul pescato perché si trasformano in fritto misto di lago?”.

Visioni diverse, insomma, come dice Zanetti. E torna la tensione con i pescatori a rete.

L’ultimo fronte: a Berna con Fabio Regazzi

Ma non è tutto: c’è un altro fronte di frizione nel calderone della pesca, questa volta con Berna. Dall’anno prossimo non sarà più possibile utilizzare nelle “acque libere” (quindi fiumi e torrenti) nessuna esca con ardiglione (o ritegno). L’ardiglione è quell’acuminata sporgenza metallica (pensate alla punta di una freccia) che in alcuni ami rende più facile la cattura del pesce che abbocca. Quindi non si potranno più usare “cucchiaini”, rapala e soprattutto la “montura”, che consiste in un’anima di piombo che viene infilata in un pesciolino morto e dalla quale partono tre ancorette. Un tipo di pesca che è stato inventato in Ticino.

Questi divieti federali, che avrebbero già dovuto entrare in vigore quest’anno ma per un problema burocratico in Ticino sono stati rinviati al prossimo, stanno provocando non pochi malumori tra gli appassionati. Tanto che una delegazione di pescatori ticinesi, accompagnata dal consigliere nazionale Fabio Regazzi è già andata a far sentire la sua voce a Berna.
Insomma, è proprio vero: “Quando si parla di pescatori, le acque sono sempre agitate”.

Ecco, questi sono i problemi sul tavolo, che vanno affrontati in modo trasparente e democratico. Evitando di far credere a chicchesia di avere il controllo su un branco di cretini che in aprile voteranno per questo o per quello obbendendo a ordini di scuderia. Questo è l'aspetto più subdolo e deleterio che bisogna eliminare dall'ambiente della pesca, perchè lo rende malsano e sospetto. La pesca non deve diventare un crocevia di affari.

Ci piace terminare questo excursus molto appassionato e forse poco "scientifico" con il titolo di un libro di Norman McLean (sulla pesca a mosca) che è poi diventato un film di Robert Redford, dal quale è tratta la foto di copertina: In mezzo scorre il fiume.

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