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27.10.2014 - 12:120
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Pietro Leemann, il Maestro vegetariano, da Locarno a Milano passando per l'Oriente: "Devo tutto ad Angelo Conti Rossini"

È stato il primo chef vegetariano in Europa a ottenere la stella Michelin. Il suo Joia è oggi un punto cardinale della cucina "naturale". E Giumaglio è il suo buen retiro in Ticino

di Marco Bazzi

“Mio padre era amico di un grande cuoco e gastronomo ticinese, Angelo Conti Rossini. E senza di lui oggi io non sarei cuoco”. Pietro Leemann, classe 1961, da Locarno, è stato il primo chef vegetariano in Europa a ottenere, nel 1996, la stella Michelin. E il suo ristorante milanese, il Joia, è un punto cardinale per tutti gli amanti della cucina “naturale”.

Durante una pausa di una cena fantastica nel suo ristorante di via Panfilo Castaldi, a due passi da Porta Nuova e Porta Venezia, abbiamo rievocato con lui la figura di Angelo, da Brissago. Un grande uomo, oltre che un grande cuoco. Che seppe essere al tempo stesso comunista e massone…

Grazie a Conti Rossini, Pietro, allora giovanissimo, ebbe l’occasione di entrare nella brigata di cucina di Fredy Girardet, il “mago” pluristellato di Crisser. Poi, l’esperienza con un altro mito della grande cucina: Gualtiero Marchesi.

Infine, la scelta vegetariana, dopo un lungo soggiorno e apprendistato in oriente, in Cina e in Giappone, a metà anni Ottanta (un novello Marco Polo sulla Via della seta), durante il quale lo chef ticinese ha respirato la filosofia zen, e ha iniziato a praticare il tai-chi. Infatti, il suo ristorante può essere definito un piccolo tempio zen nel cuore di Milano, dove ogni tanto senti il suono di un gong abbinato a certe preparazioni che escono dalla cucina “a vista”, e che esigono una nota del piccolo strumento.

Dopo l’Oriente, altre esperienze culinarie, e una parentesi di un anno come chef al ristorante del Monte Verità di Ascona sul finire degli anni Novanta – “non mi trovai bene, volevano che cucinassi la carne”, dice – e il trasferimento a Milano. Questa è, in estrema sintesi, la sua carriera.

Il Ticino rimane però un punto di riferimento costante nella vita di Leemann, che ogni fine settimana torna nella sua casa di Giumaglio, in bassa Vallemaggia.

“Inizialmente al Gjoia proponevo anche piatti di pesce – racconta -. Avevo un po’ il timore che una scelta più radicale non sarebbe stata capita dalla clientela. Ma poi mi sono reso conto che potevo osare di più”.

Così, dal 2009 anche il pesce scompare dalla carta del Joia.

Oggi sulla tavolozza di ingredienti, sapori e colori proposta da Pietro Leemann non c’è più nulla che comporti “violenza”. Di origine animale ci sono soltanto i latticini, formaggi rigorosamente selezionati tra quelli prodotti utilizzando caglio vegetale. Nemmeno le uova trovano posto nella sua cucina. E in ogni piatto c’è una instancabile ricerca di ingredienti naturali, e di abbinamenti tra erbe, spezie, frutti e verdure.

Tutte le creazioni di Leemann, dove il colore e la forma hanno un ruolo fondamentale – almeno quanto l’attenta cottura -, hanno un titolo che rimanda a esperienze, eventi, sensazioni, pensieri…

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