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15.11.2014 - 18:230
Aggiornamento: 13.07.2018 - 15:11

Il figlio di Pierluigi Tami all’inseguimento delle orme paterne: “Comincio ad allenare e porterò il Minusio alla vittoria”

Mattia Tami, figlio del CT dei rossocraciati Under21, racconta: “Avevo già deciso, ma quando mi hanno proposto di diventare allenatore gliene ho parlato. Pier mi ha subito spronato a farlo, perché vedeva il mio entusiasmo, che è la cosa più importante”

MINUSIO – Tale padre, tale figlio? È ancora presto per dirlo. Certo è però che dai primi passi in questa stagione Mattia Tami, figlio di Pierluigi Tami, il CT dei rossocraciati Under21, sembra indirizzato a seguire le orme del padre.

Classe ’84, con uno studio di architettura aperto da qualche anno, ha da sempre accompagnato a scuola e lavoro la passione per il calcio: prima come giocatore e, da questa stagione, anche come allenatore del Minusio.

Ma prima ci sono stati gli anni come giocatore nel Rapperswill, la sua prima squadra, nel Lugano, Locarno, Losone, Ascona… il calcio insomma è nella vita di Tami fin dalla tenera età, e con Pier come padre non poteva essere altrimenti.

“Chiaramente avendolo avuto in casa come esempio – racconta Tami a Liberatv –, ho finito per provare anch’io lo stesso amore per il calcio. È la passione più grande che condividiamo. Andavo a vederlo fin da bambino e ho moltissimi ricordi legati a lui sul campo. Quello più grande di Pier come giocatore e a cui forse sono più affezionato è di quando con la famiglia siamo andati ad assistere alla finale di Coppa svizzera a Berna nel ’93 e l’abbiamo visto vincere. Ma poi abbiamo continuato a seguirlo e ad andare a vedere le sue partite anche da allenatore. Con mio fratello siamo stati in Danimarca alla finale dell’Europeo Under 21. Tutti ricordi molto positivi”.

La decisione di passare a bordo campo è una svolta fresca e arrivata in modo casuale, spiega Tami, che fino al maggio scorso giocava fra le fila dell’Ascona. “Prima non avevo mai riflettuto sul fare l’allenatore. Poi è arrivata la proposta e appena mi hanno messo l’idea in testa ho cominciato a pensare solo a quello. Avere la possibilità di cominciare ad allenare da giovane è anche l’occasione per avere il tempo di lavorare e ottenere dei risultati. In più, mio fratello era già nel Minusio e poter andare a giocare con lui e allenarlo ha sicuramente pesato nella mia decisione”.

Ma come è andata quando ne ha parlato con suo padre, chiediamo. “La mia idea in testa l’avevo già: ero convinto di voler intraprendere questa avventura. Ma gliene ho parlato perché mi faceva piacere sapere anche cosa ne pensasse lui a proposito. E Pier mi ha subito spronato a farlo, perché vedeva il mio entusiasmo, che è la cosa più importante in questo mestiere”.

Poi, racconta ancora, padre e figlio son finiti così a passare la serata programmando la stagione e gli allenamenti. “Non ho esperienza e comincerò i corsi a dicembre. La sua competenza e il suo materiale sono risorse preziose”.

Pierluigi Tami in questa avventura sarà certamente per Mattia un mentore, ma c’è anche un altro modello a cui guardare. Quando chiediamo che tipo di allenatore vorrebbe essere, la risposta è pronta: “Essendo interista, è chiaro che sono cresciuto nell’ammirazione di José Mourinho. Mi rendo anche conto però che quando alleni ragazzi che durante il giorno lavorano non si può pretendere di esser così esigenti come con i professionisti. Anche se la squadra finora si si è messa a disposizione: facciamo allenamenti lunghi e non si è mai lamentato nessuno. Per intanto mi seguono… per intanto”, ride Tami.

Parliamo quindi di come stanno andando  i primi passi a bordo campo. Il fatto di essere in partita a giocare mentre alleni, spiega, non è evidente. “Per questo fondamentale era che con me ci fosse un vice che avesse anche le competenze tecniche per valutare l’andamento della squadra mentre sono sul campo. E di Marco Olivieri (l’allenatore in seconda approdato alla squadra con Tami), che è anche un amico, mi fido ciecamente”.

“Il Minusio è un posto dove si può far bene – aggiunge –. La società ha a disposizione strutture bellissime e inoltre si è dimostrata disponibile su molte mie richieste a livello organizzativo e tecnico che non sono da terza lega”. La squadra “è costruita per provare a vincere il campionato. Mi hanno anche seguito alcuni amici dell’Ascona, che vengono da due categorie più in alto.  Chiaro, non sarà facile, già in queste prime cinque occasioni abbiamo visto che capita di incontrare squadre che sembrano giocarsi la partita della stagione contro di noi per dimostrare di non esser da meno”.

Insomma, sul corto termine Tami ha le idee chiarissime. Ma sul lungo periodo come si vede? L’obbiettivo è seguire le orme del padre?

“Per me ora l’obbiettivo principale è riuscire a far crescere e a ingrandire lo studio di architettura. Chiaro che il calcio rimane la mia grande passione, ma prendo le cose volta per volta: se poi verranno i risultati e si presenteranno occasioni di salire di categoria e, perché no, di allenare una squadra di serie A... Alla fine anche su questo ho avuto l’esempio di mio padre: pure lui ha portato avanti in parallelo il suo studio di progettazione e la sua attività di allenatore professionista”.

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