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22.11.2014 - 17:430
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

“Le lettere a Berna servono a poco, la criminalità transfrontaliera si combatte con collaborazione e concretezza"

Il Comandante delle Guardie di confine torna a proporre la creazione di una ‘task force’ permanente: “Un’idea in cui credo, ma è qualcun altro che ha la competenza per muoversi. I presupposti ci sono, se c’è la volontà, può esser realizzata in poco tempo”

LUGANO – Mauro Antoni, presente alla riunione informativa sulla Polizia Intercomunale del Malcantone Ovest (vedi suggeriti), lei è tornato a parlare dell’esigenza di una ottimizzazione della pianificazione delle forze di sicurezza, polizie Comunali e Cantonali, nonché Guardie di confine, che operano sul territorio cantonale. Innanzitutto, ci spieghi meglio questa sua ‘ricetta’.

“Partirei invece dai presupposti. Sappiamo che attualmente la criminalità che agisce su territorio ticinese è in gran parte a connotazione transfrontaliera. E proprio in relazione a questa situazione, soprattutto nel Mendrisiotto, molti si sono attivati scrivendo a Berna e chiedendo un presidio dei valichi. E questo, a mio parere, è un modo di agire superficiale. Mi spiego meglio: sappiamo ormai che le risposte che riceveremo da Berna saranno sempre le stesse: siamo vincolati al concetto della libera circolazione, rientriamo in Schengen e dobbiamo quindi garantire la mobilità. Ben vengano le lettere, ma sono una prima forma di azione, per far presente il problema alla Confederazione, e credo che al cittadino che vive in Ticino interessi di più veder applicate misure concrete, che aumentino realmente la sicurezza a cavallo del confine. Questa è la chiave di lettura da prender in considerazione e mettere in pratica. Come organi di sicurezza e autorità dobbiamo quindi fare qualcosa”.

E questo qualcosa è nella necessità di una collaborazione maggiore. Si riferisce alla creazione di qualcosa di permanente, che dia vita a una sorta di ‘task force’ per la lotta alla criminalità transfrontaliera?

“Quando vengono costituiti i distaccamenti misti, come è stato il caso dell’Operazione Sud, tra settembre e ottobre, e come sarà a dicembre con PREVENA, si nota che i reati diminuiscono. Abbiamo già provato e abbiamo visto che funziona. E allora perché non continuare su questa strada? Non solo per qualche settimana, ma per mesi. Sono convinto che se creassimo un contingente misto permanente, con uomini della Cantonale, delle Comunali e delle Guardie di confine che lavorino unicamente a contrasto della criminalità transfrontaliera, questo sarebbe estremamente efficace. Generebbe più sicurezza, a beneficio degli stessi agenti che operano poi all’interno del territorio. Ho già avuto modo di dirlo: se un accordo a questo livello fosse raggiunto fra le polizie, io sono dispostissimo a prestare i nostri agenti. Come Guardie di confine inoltre abbiamo anche mezzi tecnici, come elicotteri e videosorveglianza, che saprebbero dare man forte all’azione e all’efficacia del dispositivo. Un contingente che andrebbe poi anche a contrastare altri fenomeni di criminalità transfrontaliera come i passatori e il favoreggiamento della clandestinità. Non sarà la soluzione ad ogni male: la criminalità si evolve e in parte troverà altre vie, ma intanto potremmo cominciare così col renderle più difficile il lavoro”.

Non è la prima volta che lancia l’argomento, mi dica, ci muoviamo ancora nel mondo delle idee o ha già preso contatti con chi di dovere per renderlo realtà?

“Di contatti non ne ho presi. Ma qui mi preme un chiarimento: come Guardie di confine il compito primario che siamo chiamati a compiere è la tutela della legge doganale, approntando un dispositivo efficace a sua garanzia. È normale poi che, anche da parte della popolazione, essendo presenti in divisa al confine, generiamo un sentimento di sicurezza. Ma il nostro compito originario è un altro e ho invece l’impressione che quando ci siano problemi e critiche da muovere, la colpa ricada su di noi. In ambito di sicurezza però i compiti sono sotto la responsabilità di altre istituzioni. E non dico questo per scaricare il proverbiale barile, ma solo per chiarire qual è lo scenario di competenze da cui si deve partire. Come comandante delle Guardie mi metto ben volentieri a disposizione, anche perché un dispositivo misto darebbe anche ottimi risultati a livello doganale, oltre che sul fronte della criminalità transfrontaliera. Io ho lanciato l’idea, continuo a farlo, ma è qualcun altro che ha la competenza per muoversi in maniera concreta cercando la collaborazione degli altri corpi di polizia”.

Per fare ciò però ci vuole anche e soprattutto l’avallo e la collaborazione del Dipartimento delle Istituzioni… e allora le chiedo: le ruggini tra lei e il direttore, il ministro Norman Gobbi, sono scomparse?

“Non ci sono ruggini: gli screzi, come avviene in qualunque ambito lavorativo, possono esserci, ma si superano e si continua a collaborare come si è sempre fatto. E il mio obbiettivo non è nemmeno quello di evidenziare presunte ruggini, ma quello di spronare il dibattito su una proposta in cui credo fortemente. Si tratta qui di mettersi insieme e di collaborare finalmente per il bene dei cittadini. È una misura che può essere immediata, si basa su quanto già si fa occasionalmente: i presupposti ci sono e se c’è la volontà può esser realizzata in poco tempo”.

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