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Cronaca
30.11.2014 - 19:020
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Il racconto di Renzo Realini: "L’arresto fermò letteralmente la mia vita e la mise in stand by..."

Il primo dicembre del 1998 lo psichiatra venne arrestato: da quel giorno cominciò la sua odissea personale e giudiziaria. Odissea che ha deciso ora di raccontare nel libro "La cella di vetro". Ecco in esclusiva un estratto

LUGANO – Il primo dicembre del 1998 la vita di Renzo Realini cambiò per sempre. Gli vennero messe le manette ai polsi e da quel momento cominciò la sua odissea giudiziaria e umana. Una vicenda che fece parecchio rumore e che molti ricorderanno come l'inchiesta "Clean". 

A distanza di 16 anni, il dottor Realini, ha deciso di raccontare quella storia che è nient'altro che la sua storia. "La cella di vetro" è il titolo del libro autobiografico uscito in queste settimane nelle librerie. Per gentile concessione dell'autore pubblichiamo in esclusiva alcuni stralci salienti. Il brano racconta in sintesi proprio il momento dell'arresto e l'esperienza della carcerazione preventiva.    

"(….) L’arresto fermò letteralmente la mia vita e la mise in stand by. Questa brusca interruzione del naturale fluire del tempo non coinvolse solo me, ma anche i miei familiari e i miei pazienti. (…) Le onde d’urto del mio arresto raggiunsero ciascuno di loro in modi diversi, ma ugualmente destabilizzanti. (…) 

(…) Durante i sei mesi passati all’Ospedale Civico, pure essendo assistito in modo puntuale e professionale da parte dei sanitari e degli ausiliari di pulizia, fui trattato dall’inquirente peggio di una bestia. (…)
 
Poiché la mia stanza di vetro e vuoto era priva di servizi igienici, un agente di polizia era incaricato di scortarmi ogni qualvolta ne avessi bisogno. Ultimo, ma non da ultimo, fino alla fine di marzo-inizi di aprile del 1999, nonostante le innumerevoli richieste, non ho mai potuto beneficiare di un minuto di aria, che di solito è concessa anche ai peggiori delinquenti. (…)
 
(…)L’esercizio della professione di medico mi fu revocato per sette anni. La determinazione era quella di annientarmi, di dissolvermi, per potermi così radiare definitivamente dall’Albo dei medici. Non ci sono riusciti.
 
Dopo una carcerazione preventiva tanto eccessiva, concludere il tutto con un’assoluzione avrebbe scalfito inequivocabilmente un’inchiesta condotta con minuziosa e chirurgica precisione. (…) In uno Stato che ancora non ha riconosciuto che la mia carcerazione preventiva fu condotta ai limiti delle carcerazioni degne di uno Stato di diritto(...)".
 

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