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Salute e Sanità
14.12.2014 - 11:160
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

“Vi racconto il fascino del gesto chirurgico per aiutare a guarire i pazienti”. Parola di un chirurgo vicino alla gente

Intervista al Dottor Nicola Ghisletta della Clinica Luganese: “La vita è delicata: spesso ci si accorge purtroppo tardi che bisognerebbe dedicarle una maggiore attenzione"

LUGANO - L’elogio della semplicità e della normalità non significa affatto che sia facile e ancor meno banale. Significa semplice: una virtù certo, ma anche, per chi ce l’ha, una dimensione umana che raccoglie tanti (forse tutti?) gli aspetti della vita: la professione, i rapporti personali, l’attenzione sulle cose che ci accadono.

Ma la semplicità è soprattutto un’attitudine; quella di rendere naturale, quasi a farla sembrare alla portata di tutti, un’azione che non lo è per nulla: la pennellata di un artista, la giocata del fuoriclasse, il tocco dello chef, ma anche l’incisione del chirurgo.

Parliamo del Dr. Nicola Ghisletta, specialista FMH in chirurgia, che ha studiato medicina a Basilea e si è specializzato in chirurgia negli ospedali universitari di Basilea e all’Inselspital di Berna.

Dal 2007 è attivo come chirurgo alla Clinica Luganese. “Mi occupo di chirurgia generale e nello specifico di chirurgia addominale (interventi all’intestino e cistifellea), della cura dei diversi tipi di ernia, di proctologia, così pure come della chirurgia ambulatoriale. Per capirci bene, il mio campo d’azione è soprattutto quello della chirurgia di patologie frequenti che richiedono comunque un’attenzione particolare e un costante aggiornamento, soprattutto in ambiti con novità tecnologiche in rinnovamento”.

La percepisci subito nelle sue parole, senza un accento da professore o da fenomeno, quella semplicità che è traduzione di disponibilità e professionalità. Il Dr. Ghisletta manifesta con orgoglio il suo sentirsi “un chirurgo della porta accanto”, come si definisce con una battuta.

“Avrei avuto la possibilità di restare oltr’Alpe ancora per anni, ma l’opportunità offertami di tornare in Ticino come capoclinica agli inizi degli anni Duemila mi ha fatto anticipare il ritorno alle nostre latitudini. Alla base della mia decisione la consapevolezza di voler essere attivo chirurgicamente nel territorio da cui provengo e di essere dunque il più vicino possibile alla mia gente”.

E a quanto pare ha fatto proprio bene a non emigrare definitivamente, perché, aggiunge “la mia dimensione ideale è quella di oggi, quella che mi permette di essere punto di riferimento e totalmente a disposizione dei miei pazienti e dei pazienti della Clinica nel miglior modo possibile”.

Prima cerchiamo di capire la vocazione per lo studio della medicina e in particolare per la chirurgia: “Nei primi anni del liceo – risponde il medico -, avendo avuto la possibilità di fare uno stage all’ospedale di Bellinzona alla fine degli anni Ottanta, ho potuto osservare e vivere l’esperienza della sala operatoria. E da allora ne sono rimasto affascinato, soprattutto dall’esecuzione di gesti concreti ed immediati a beneficio della guarigione del paziente. In effetti mi ha impressionato la concretezza del gesto chirurgico, invasivo e perfino a volte drammatico, che può essere risolutivo per la vita di una persona”.

Un paradosso speciale ed emozionante, insomma, quello insito nella chirurgia. Attraverso una serie di gesti cruenti e non sempre ricostruttivi si aiuta il paziente a guarire. “Il gesto chirurgico eseguito secondo una scaletta predefinita, ma che deve tener conto di possibili cambiamenti di programma, rappresenta per me un qualcosa di molto concreto e pratico, e forse anche unico, che sta a dimostrare che con l’aiuto delle mie mani posso fare del bene”.

Il percorso di formazione non è sempre stato facile, il periodo di apprendimento delle tecniche chirurgiche, la gestione del paziente nelle fasi pre e post operatorie, così pure il coinvolgimento emotivo, sono stati elementi che hanno dovuto incastrarsi come un puzzle. “Spesso ho dovuto sacrificare il tempo libero, dedicato normalmente alla vita famigliare e alle amicizie, per perseguire il continuo perfezionamento. Sono stati comunque sacrifici ampiamente compensati dalla passione per la chirurgia e dall’ottenimento di buoni risultati”.

E anche in chirurgia la prima volta non si scorda mai. “Sa – spiega il Dr. Ghisletta -, inizialmente la formazione consiste nell’assistenza di prima mano per interventi medi o piccoli, e nell’assistenza di seconda mano per interventi più grossi. Poi gradualmente sotto la guida del primario o dei capiclinica si iniziano a eseguire interventi come primo operatore. Il momento comunque che non si scorda mai è allorché tu diventi il chirurgo responsabile che esegue gli interventi in maniera autonoma, coadiuvato da assistenti più giovani. Insomma, guidi da solo per la prima volta una macchina molto preziosa e delicata. La mia prima volta, di cui ricordo tutti i dettagli come fosse ieri, e soprattutto l’intensità del momento, posso raccontarla così: un’atmosfera particolare, senti su di te un enorme carico di responsabilità ma anche l’onore di poter dimostrare tutto ciò che hai appreso in lunghi anni di studio e di applicazione. In queste condizioni la possibilità di dimostrare ciò di cui si è capaci, associata alla volontà di fare del bene, rendono i momenti unici e irripetibili”.

Quando oggi le capita di assistere all’esordio di un giovane collega l’emozione è diversa ma comunque presente? “Quando accade sono assolutamente contento che anche giovani chirurghi e giovani assistenti possano avere il piacere del gesto chirurgico, rassicurati dalla supervisione che io posso offrire. I giovani chirurghi vanno in effetti seguiti con amore e con passione, perché saranno loro i chirurghi del domani”.

Chiedo al Dr. Ghisletta di indicarmi la cosa più bella della sua professione. "Oltre al gesto chirurgico di cui parlavo sopra sicuramente la possibilità di accompagnare una persona malata in una fase comunque delicata della sua vita. Un percorso costituito dal primo incontro, la discussione sulla patologia da trattare e l'accompagnamento fino al giorno dell'intervento, così pure come la disponibilità a seguire il paziente nel decorso post operatorio. Un insieme dunque di eventi dall'inizio alla fine del trattamento. Per me un aspetto importante della relazione con il paziente è quello che quest'ultimo sia sempre orientato sulla situazione, su quale tipo di intervento si sta programmando, quali sono i benefici attesi ma anche quali i potenziali rischi. L'importante rimane l'informazione completa ed esaustiva del paziente sia nel bene sia nel male. Un altro aspetto positivo della chirurgia dei nostri giorni è il fatto di poter seguire il paziente in maniere inter disciplinare, dove i diversi medici coinvolti nella cura dell'ammalato si confrontano ed ognuno con le proprie peculiarità fa in modo di proporre la terapia ideale".

E la parte più complicata del mestiere? "In effetti ci sono delle situazioni frustranti quando ad esempio la chirurgia non riesce a risolvere in modo radicale il problema. La frustrazione per il senso di impotenza davanti a una malattia avanzata. A tutto ciò va aggiunta la difficoltà di dare notizie poco confortanti al paziente e ai suoi familiari. Per questo motivo ritengo parte fondamentale del nostro lavoro di affrontare anche le cattive notizie in modo aperto, onesto e con molta delicatezza. Non ci si abitua comunque mai nel comunicare le cattive notizie, ci si sente sempre come se fosse la prima volta".

Ora possiamo riprendere il discorso iniziale: quello del chirurgo della porta accanto che ha trovato la sua dimensione ideale in una struttura che gli permette di essere a completa disposizione dei suoi pazienti. "Sì – argomenta il Dr. Ghisletta – mi piace essere vicino alle persone, ho scelto di lavorare in una clinica privata proprio per avere un contatto diretto e costante con i miei pazienti e per essere, per tutto il periodo della loro degenza, un punto di riferimento e potergli garantire l'accompagnamento che descrivevamo sopra".

Ed il paziente, chiediamo, cosa trova in una struttura come la Clinica Luganese? "Ritengo che trovi dei seri professionisti, per la maggior parte ticinesi, che formano una squadra pluridisciplinare con ottime intese interne. Inoltre l'accesso agli specialisti è diretto anche nei casi d'urgenza. I nostri pazienti sono accompagnati nel loro percorso dallo stesso medico specialista, con un sicuro punto di riferimento, e la costante presenza al loro capezzale. Ritengo che questa sia la dimensione che necessitano i pazienti perché molto più professionale e umana".

Più in generale invece, parlando di politica sanitaria, che visione ha il Dr. Ghisletta sul rapporto che deve esserci tra strutture pubbliche e private? "Semplicemente ritengo che sia assolutamente necessaria la presenza delle due componenti perché questo garantisce una sana e leale concorrenza, dove le peculiarità desiderate dal paziente possono essere scelte senza costrizione. Da parte mia ho scelto il settore privato per poter organizzare il mio lavoro il più possibile a misura dei pazienti e poter costruire il rapporto medico-paziente per me più congeniale". 

Prima  di avvicinarci alla conclusione chiedo al Dr. Ghisletta com’è la vita vista dal suo osservatorio speciale di chirurgo: più misteriosa, meno o qualcos'altro? "Io la vedo delicata. Anche se sembra un facile moralismo spesso ci si accorge purtroppo tardi che bisognerebbe dedicarle una maggiore attenzione. La malattia ci pone di fronte ad un momento difficile della nostra vita per cui spesso solo in questi momenti ci si accorge della sua delicatezza". 

Ed infine: se l'ispirazione di diventare chirurgo gli è venuta durante gli anni del liceo, cosa avrebbe voluto fare da ragazzo? "L'architetto", replica senza indugio il Dr. Ghisletta. E in fondo tra il mestiere sognato da bambino e quello pratica da adulto un parallelismo c'è. E regge eccome. "Ci sono architetti che costruiscono da zero e architetti che riattano. Se una casa è ben progettata e ristrutturata chi ci andrà ad abitare, nel limite del possibile, ci rimarrà per tutta la vita. Comunque sono contento di aver scelto a mio avviso uno dei lavori più intriganti ed interessanti che vi possano essere".  

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