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Politica e Potere
17.12.2014 - 21:590
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Jelmini tuona contro populismo e demagogia: "Diffidate, ticinesi, di chi grida, di chi semplifica tutto, di chi insulta e denigra, di chi fomenta paure e timori!"

Il presidente del PPD lancia la campagna dei 90 candidati al Gran Consiglio e dice: "Non staremo a bordo campo. Faremo tutto il possibile per raddoppiare in Governo"

SANT’ANTONINO – “Il populismo vuole privilegiare il rapporto diretto con la piazza e pretende di parlare in nome del popolo contro il sistema e contro le istituzioni allo scopo di raccogliere consensi facili; offre soluzioni semplicistiche ai problemi complessi, propone slogan d’effetto e cresce sulle paure e sui malumori delle gente”. Il presidente del PPD, Giovanni Jelmini, ha usato parole dure al comitato cantonale svoltosi a Sant’Antonino. Parole dure contro un certo modo di fare politica.

“Noi popolari democratici – ha detto - ci opponiamo a questo modo di concepire la politica e vogliamo fare il possibile per conservare quel patrimonio culturale che ci ha trasmesso chi ci ha preceduto e che ha contribuito a costruire questo nostro Paese e a costruirlo su valori come la vita democratica e civile, la giustizia e la solidarietà, il rispetto delle persone, di tutte le persone, anche di quelle che hanno un pensiero diverso dal nostro. L’impegno politico non è semplice; è spesso complesso e imprevedibile; si devono prendere decisioni, talvolta in fretta, in condizioni che mutano in continuazione e spesso sotto pressioni, anche mediatiche”.

Diffidate, ticinesi, ha aggiunto Jelmini, “di chi grida, di chi insulta e denigra, di chi semplifica tutto, di chi afferma che non funziona nulla, di chi ci vuol far credere di avere in mano le soluzioni per cambiare questo Cantone o, peggio ancora, di chi fomenta paure e timori per raccogliere simpatie e consensi. L’impegno politico richiede certamente capacità d’intervento e di decisione, soluzioni ai molteplici problemi della nostra società, ma richiede anche riflessione, ponderazione, capacità d’ascolto e di confronto, preparazione, conoscenza dei problemi”.

Poi Jelmini ha parlato degli obiettivi della campagna elettorale e ha presentato i candidati al Gran Consiglio.

“Abbiamo detto e ripetuto che in questi mesi non rimarremo a bordo campo ad assistere alla competizione delle altre forze politiche; in questa sfida vogliamo entrare in campo con convinzione, da protagonisti per giocare la partita fino all’ultimo minuto, forti della qualità, dello spessore e dell’esperienza dei nostri giocatori. Abbiamo anche detto – e lo abbiamo ribadito in queste settimane – che il prossimo 19 aprile vogliamo confermare il nostro Consigliere di Stato in carica, Paolo Beltraminelli, ma che faremo tutto il possibile e l’impossibile per arricchire il Collegio governativo di un secondo o una seconda popolare democratica”.

Le cifre: si ripresentano 12 deputati sugli attuali 19; tra i 90 candidati del PPD vi sono 26 donne (7 in più rispetto al 2011); 29 sono giovani sotto i 33 anni e attivi nel movimento “Generazione Giovani” (12 in più rispetto al 2011); il candidato più giovane ha 18 anni, mentre quello più “anziano” ne ha 67, per una media di età di 40 anni (- 5 rispetto al 2011). 

Jelmini ha ringraziato chi lascia il Parlamento: “Esprimo un grande ringraziamento ai nostri deputati che non si presenteranno più e che in questi anni hanno contribuito alla qualità dell’attività parlamentare del PPD; grazie a Francesca Bordoni-Brooks, a Luca Beretta-Piccoli, a Lorenzo Bassi, ad Armando Boneff, a Carlo Luigi Caimi, a Gianni Guidicelli”.
E ha chiesto ai suoi: “Perché facciamo politica? Per arricchirci? Per assaporare il gusto del potere? Per realizzare le nostre ambizioni personali o le nostre idee o le nostre soluzioni? Per salvare il Ticino? la Svizzera? Noi ci impegniamo in politica perché vogliamo bene al nostro Paese e perché al nostro Paese vogliamo offrire il meglio di noi”. E ha citato Papa Francesco: “La politica, tanto denigrata  è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune".

“Chi fa politica deve amare il suo popolo – ha concluso Jelmini -. E amare il proprio popolo è l’atteggiamento esattamente opposto a quel pericoloso fenomeno, purtroppo in crescita, che viene definito “populismo”; una delle peggiori patologie – secondo molti osservatori - che può colpire la democrazia; un fenomeno che insieme a quello dell’antipolitica delegittima le istituzioni e le regole democratiche, crea un terreno fertile per il qualunquismo e il pragmatismo utilitaristico e produce forme di intolleranza”. 

 

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