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19.12.2014 - 09:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Bambina di sei anni sballottata da una famiglia affidataria all’altra, Del Don: “Un caso di malagiustizia, occorre intervenire”

Il deputato UDC, insieme ad altri 17 colleghi di diversi partiti, chiede al Governo di agire immediatamente nel controverso caso segnalato dall’Associazione Genitori Non Affidatari. Un caso che svela anche disfunzioni nell’operato delle autorità preposte

BELLINZONA – È “un caso di malagiustizia e di disfunzioni nella gestione delle pratiche assunte dall’Autorità Regionale di Protezione (ARP) e dall’Ufficio Autorità di Protezione (UAP)” quello che vede coinvolta una bambina di 6 anni, “strappata improvvisamente alla famiglia affidataria in cui viveva da 5 anni”. Per il deputato UDC Orlando Del Don, primo firmatario insieme ad altri 17 colleghi di diversi partiti, “occorre intervenire”.

Da parecchio tempo, motiva infatti nella mozione urgente presentata al Governo, “le associazioni che si occupano di problemi familiari dovuti a conflitti ingenerati da separazione o divorzio ricevono testimonianze di “malagiustizia” nella gestione delle pratiche da parte delle Autorità Regionali di Protezione (ARP) e dell’Ufficio Autorità di Protezione (UAP)”.

E, passando al caso specifico, aggiunge: “Nei giorni scorsi l’Associazione Genitori Non Affidatari  (AGNA), da anni attiva nella consulenza di coppie conflittuali con figli a carico, ha segnalato pubblicamente un caso emblematico quanto urgente e grave. “L’ ennesimo caso di gestione sconcertante da parte dell’UAP e della ARP3 di Lugano-Breganzona” che “avrebbe come protagonista una bimba di sei anni, strappata improvvisamente alla famiglia affidataria in cui viveva da 5 anni e posta in affidamento in un’altra famiglia, tutto ciò senza un’adeguata preparazione da parte degli operatori sociali coinvolti nella situazione, e con il risultato che la nuova famiglia non ha più potuto tenerla dopo soli due mesi, per poi, come fosse un oggetto, essere inserita presso il CPE di Stabio in attesa di essere poi definitivamente affidata ad un foyer del Mendrisiotto che però avrebbe avuto difficoltà a causa della non disponibilità nell’accogliere stabilmente la bambina”. Sempre AGNA denuncia ancora, cito: “Altra grave decisone dell`UAP e dell`ARP 3, è stata quella di impedire, senza una ragionevole  giustificazione, al padre, alla zia e alla nonna paterna - con la quale la piccola trascorreva regolarmente e da sempre i fine settimana - di  incontrare  e di sentire  la  loro figlia e nipote”.

Denuncia, ricorda Del Don, al margine della quale AGNA poneva anche “un quesito di peso alle autorità preposte sottoponendolo ai Dipartimenti delle Istituzioni,  della Socialità e Sanità, ai Municipi dei Comuni Ticinesi, ed ai membri del Parlamento” ossia: “A chi tocca verificare l’operato delle ARP e dell’UAP?”

Si tratta, aggiunge il deputato, “di una situazione incresciosa e inquietante” se pensiamo alle conseguenze che tutto ciò avrà per la bambina. I firmatari ritengono quindi “sia ora giunto il momento di porre rimedio a tutto ciò. Sia sul piano più generale, strutturale, procedendo nella rivalutazione e verifica delle procedure e modalità in essere, sia nello specifico”. Bisogna, in altre parole, porre fine alla “scabrosa” situazione di ingiustizia che vede coinvolta non solo la bambina, ma anche la famiglia affidataria e i famigliari più stretti della piccola. Ma bisogna anche “verificare le procedure adottate dalle autorità coinvolte in questo caso affinché in futuro si possa scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe”.

E bisogna farlo in fretta, aggiunge il deputato tornando sull’ “urgenza di questo intervento” per la piccola: la situazione attuale “ha delle conseguenze molto pesanti e durature sul futuro psicologico, sociale ed esistenziale della stessa, ragione per la quale ricordo a questo CdS che, premessa per il successo dell’operazione, sia l’assoluta tempestività di intervento”.

In situazioni come questa è quindi “più che mai opportuno procedere ad un delicato lavoro di mediazione e supervisione di tutta la pratica nel suo complesso iter burocratico-amministrativo, legale, istituzionale, psicologico, educativo, sociale e famigliare da parte di personalità e professionisti di acclarata e indiscussa competenza e imparzialità e che godano della fiducia delle parti in causa”. E proprio su quest’ultimo punto, nella mozione si segnala che “è stato avviato un contatto preliminare con il Prof. dr. med. Graziano Martignoni, medico, psichiatra e psicoterapeuta FMH, professore alla SUPSI e docente di psicopatologia all`Universtà di Friborgo – unanimemente reputato persona e professionista al di sopra delle parti e con ruoli diversificati anche in ambito accademico/professionale e, in modo specifico, proprio nella formazione degli operatori sociali – il quale si è detto  disponibile ad assumere e gestire, per il bene delle istituzioni e della bambina, questa non facile e complessa incombenza”.

E si arriva quindi alle domande poste al Consiglio di Stato: che “rivaluti le modalità di intervento complessive da parte delle istituzioni preposte nel gestire queste situazioni affinché non abbiano più a ripetersi in futuro casi simili”. E, “in particolare, che lo stesso CdS nomini un professionista al quale sottoporre l’intero incarto in oggetto conferendo allo stesso la libertà di agire (da solo o con un collegio multidisciplinare di esperti) attingendo a operatori esterni all’amministrazione cantonale/comunale e attivi in questi ambiti nelle associazioni presenti sul territorio ticinese, e ciò alfine di trovare una soluzione che possa tutelare l’integrità psicofisica del minore in oggetto e altresì trovare  una soluzione equa e responsabile a questa complessa ed intricata situazione”.

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