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Cronaca
25.12.2014 - 10:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"A Natale le luci della ribalta non sono per i soliti noti ma per quelli che nessuno vede. Siamo schiavi dell'ultima notizia: Gesù non è un messaggio virtuale"

Monsignor Valerio Lazzeri: "C'è una gioia che può essere annunciata ai giovani in cerca di lavoro, agli anziani che si sentono inutili, ai malati?"

LUGANO - Sono parole impegnative, dense di significato, quelle che Monsignor Valerio Lazzeri ha voluto esprime durante le celebrazioni di Natale. Parole che interrogano tutti, credenti e non, e che pongono l'accento su molte delle inquietudini dell'uomo moderno. A cominciare dalla dipendenza dall'effimero. "A Natale - ha detto oggi il Vescovo in occasione della messa celebrata nella chiesa di San'Antonio - non contano solo le parole, i contenuti interessanti, le frasi intelligenti che fanno pensare. Quel che resiste è il racconto che Dio ci fa di se stesso, venendo proprio lui a farcelo. Non importa solo ciò che ci viene detto, ma chi ce lo dice e come ce lo dice! Che fatica facciamo, anche noi cristiani, a rimanere nello stupore delle origini, dentro l'emozione profonda di chi ha sentito con i propri orecchi la Voce di colui che è nato, ha visto con i suoi occhi "il ritorno del Signore a Sion". Grande per noi è il rischio di vagare attorno all'evento del Natale, di discuterne i valori, le tradizioni, i simboli e le usanze, ma di non trovare la porta per entrarci e lasciarcene trasformare". La meraviglia del Natale, ha proseguito il Vescovo, non è un'idea ma è "la possibilità di accedere, attraverso l'incontro con Colui che è nato, alla verità ultima del nostro essere, quella "luce che illumina ogni uomo", quella luce che c'è in noi e che riconosciamo immancabilmente, ma a cui così spesso non riusciamo ad affidarci. Gesù nasce perché in ogni istante noi possiamo vivere realmente di questa luce, attingere concretamente alla vita che è la luce degli uomini. Non si tratta di accettare una teoria religiosa, una normativa morale o una disciplina ascetica. È semplicemente un'esperienza umana, che prima di Gesù non avremmo mai osato immaginare come possibile, come reale, come proprio per noi, per la nostra particolare e irripetibile condizione storica". "Fratelli e sorelle, siamo onesti! - ha detto ancora Monsignor Lazzeri - Chi avrebbe potuto darci una vita umana come quella di Gesù, come quella uscita dal grembo della Vergine Maria, se non un Dio innamorato di noi, di ciascuno di noi, incapace di sopportare la rovina anche di una sola delle sue preziosissime creature? Ecco il Natale di cui non dobbiamo semplicemente parlare, riguardo a cui non dobbiamo accontentarci di fare delle dichiarazioni generiche. Ecco il Natale che ci fa vivere e ci dà uno sguardo nuovo su tutto ciò che esiste. "È questo - ha concluso il Vescovo - il Natale che ci guarisce, che ci permette di ritrovare uno sguardo più benevolo sul nostro tempo, sull'umanità di oggi, su tutto ciò che ci è dato di vivere. Non siamo diventati più cattivi. Semmai, quello che sta crescendo e fa crescere l'angoscia, è la sensazione di essere sradicati da ciò che non passa. Viviamo sempre più sospesi all'attimo che fugge. Dipendiamo dall'effimero. Almeno fosse l'ultima cosa che ci è concretamente capitata. Nella maggior parte dei casi, siamo schiavi dell'ultima notizia diffusa, dell'ultima immagine che ci è stata proposta. Ora, dobbiamo tornare a dircelo con forza: il Natale di Gesù non è soltanto un messaggio virtuale. È la realtà di un incontro che ha sempre lasciato senza esitazioni chi lo ha fatto: nessuno avrebbe potuto amarci di più e meglio del Dio che in Gesù di Nazaret si è manifestato! Mi auguro di cuore che nessuno pensi di doversi accontentare di meno dell'Inaudito che ci è stato donato. Particolarmente emozionanti anche le parole spese durante la messa della vigilia celebrata nella chiesa di San Nicolao della Flüe: "A Natale almeno, le luci della ribalta che Dio accende nella storia non sono per i soliti noti, per quelli di cui tutti parlano. Lo splendore celeste di quella nascita, così ordinaria e così speciale, è per quelli che nessuno vede. Quelli che vanno avanti con coraggio nonostante tutto. Non si lasciano schiacciare dalla crisi, dalla sensazione dominante dei tempi cattivi, degli orizzonti chiusi, della mancanza di prospettive". "Mi chiedo a volte: - ha detto il Vescovo - c'è una gioia che può essere annunciata ai giovani in cerca di lavoro, agli anziani che si sentono inutili, ai malati che attendono una visita, a quelli che fuggono condizioni di vita impossibili per trovare da noi uno spazio in cui respirare umanamente? A volte, vi confesso, ho paura a parlare di gioia. Temo di offendere chi soffre, di prendere in giro chi ha il volto rigato di lacrime, chi piange lo strappo prematuro da una persona cara, chi porta nel cuore le immedicabili ferite dell'abbandono, della crudeltà, del disprezzo o, semplicemente, del non essere stato sufficientemente visto". "Poi però - ha concluso - vedo i pastori di Betlemme "che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge". E vedo che è a loro, e non all'imperatore Cesare Augusto o a Quirinio governatore della Siria, che si presenta l'angelo del Signore. È a loro che viene annunciata una grande gioia. E allora mi riprendo e mi dico: c'è allora una gioia che può essere davvero annunciata a tutti. Anzi, riguarda per primi gli ultimi, i marginali, quelli che hanno l'impressione di avere perso da tempo il treno della vita, e tuttavia rimangono in piedi nelle tenebre, conservano il bagliore di una presenza, una scintilla di coraggio, una goccia di audacia che permette a loro di non mollare. È a loro che viene ripetuto: "Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore".
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