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15.01.2015 - 17:450
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Regazzi: "Sono preoccupatissimo: stavolta rischiamo davvero la catastrofe. Serve un pressing politico sulla Banca Nazionale"

...L'imprenditore e Consigliere Nazionale PPD: "Il Ticino è l'anello debole e come tale subirà la botta in maniera decisamente più importante rispetto ad altre regioni della Svizzera"

LUGANO – Che la legga da politico o da imprenditore, per Fabio Regazzi il risultato non cambia. Il Consigliere Nazionale PPD usa parole cariche di ansia, o giù di lì, per commentare la decisione della Banca Nazionale di abbandonare la soglia di cambio di 1,20 tra Franco ed Euro. "Sono preoccupatissimo: stavolta rischiamo davvero la catastrofe". La decisione della banca centrale, conferma Regazzi, ha sorpreso tutti. "Oggi ero con diversi imprenditori, anche importanti, e sono stati tutti colti di sorpresa. Anche perché, solo pochi giorni fa, la BNS aveva ribadito di voler difendere il tasso di cambio. È stata una doccia gelata. È vero che queste decisioni non si possono annunciare e neppure ventilare per non creare ancora più problemi, però ci siamo rimasti tutti di sasso". Ma la sorpresa non è il punto. "A preoccuparmi sono le conseguenze. Penso in primis alle industrie di esportazione, spina dorsale del settore manifatturiero in Svizzera, che con questa decisione perderanno secondo una stima dell'UBS 5 miliardi di franchi. Che vuole dire migliaia di posti di lavoro. Se qualche impresa aveva dei dubbi se rimanere in Svizzera, e magari aveva deciso di restare per i benefici e la stabilità del nostro sistema, ora, dopo una decisone del genere, si rimescolano le carte". Poi c'è il problema legato al turismo: "È naturale…il 20% di costo in più è tanta roba. Arrischiamo che in Svizzera arrivino solo turisti con certe disponibilità. Per non parlare del capitolo del commercio: pensi solo a quanto sarà più conveniente andare a fare la spesa all'estero, soprattutto in regioni di frontiera come la nostra". Appunto, regioni come la nostra, dove la mazzata sarà più pesante e farà più male a causa della fragilità del nostro sistema. Inutile negarlo, inutile farsi illusioni. "Il Ticino è l'anello debole e come tale subirà la botta in maniera decisamente più importante rispetto ad altre regioni della Svizzera". Alcuni effetti. "I frontalieri – argomenta Fabio Regazzi – oggi hanno ricevuto un aumento di stipendio non programmato mica da ridere….Inoltre credo sarà inevitabile fare i conti con aziende che dovranno decidere se spostare la loro produzione o modificare la loro politica pagando stipendi in Euro. È chiaro che con questi presupposti aumenterà la pressione del frontalierato. Diventa ancora più attrattivo venire a lavorare in Svizzera, almeno fintanto che le aziende decideranno di restare. Il che non è scontato…". "Rischiamo infatti – prosegue Regazzi - di rimanere emarginati dal mercato. Se uno vuole produrre in svizzera con questo cambio…dimenticare". E anche i casi di dumping rischiano di esplodere: l'imprenditore Regazzi è il primo ad esserne conscio. "Non è difficile immaginare che le prime misure per mantenere la competitività saranno sui salari. Oltre ad avere sempre più aziende, come dicevo, che pagheranno in Euro". D'altra parte è anche difficile trovare soluzioni. La BNS è autonoma rispetto alla politica e nessuno può imporle di cambiare rotta. "È vero: la politica in Svizzera cerca di non immischiarsi nella politica monetaria della BNS, che deve poter agire autonomamente. Però è chiaro che non possiamo far finta di niente. Qualche riflessione a livello politico la si dovrà fare, una certa pressione bisognerà pur esercitarla in qualche modo...". Infine, che lettura dà il Consigliere Nazionale sulla decisione della BNS. Partendo dal presupposto che a capo della Banca centrale ci sono fio fior di professionisti, come spiegare questa mossa? "È molto difficile: sono meccanismi di una complessità tale che diventa arduo azzardare delle letture. Vien da supporre che probabilmente la BNS si è resa conto di non poter più garantire questa misura. Non va dimenticato che si tratta di una misura ponte e non strutturale. Quindi sono convinto che ci siano delle ottime ragioni, probabilmente anche giuste, alla base della decisione. Però noi ci eravamo abituati a questo cambio e avevamo trovato una certa stabilità. E la stabilità è tutto per un Paese come il nostro. Mi chiedo se non si potesse procedere con un passo meno drastico. O se effettivamente questo fosse il momento migliore. Non ci resta che aspettare per capirne di più".
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