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18.02.2015 - 18:270
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Lucerna: il carnevale che comincia all’alba, quando chiude il Rabadan. Nessuna transenna o divieto, eppure…

Una giornata passata nella Lozärn carnascialesca e il paragone scatta spontaneo: non siamo di fronte all’Eldorado della civiltà, ma fa pensare che un carnevale così grande possa anche esser così profondamente diverso

di Ilary Bucci

LUCERNA – Lunedì, ore 5, suona la sveglia. Fra un’ora le prime guggen cominceranno a invadere le strade di Lucerna. Già perché all’ora in cui in Ticino le tendine chiudono i battenti, qui si dà inizio ai festeggiamenti. Ed è già un buon primo metro di misura per capire la dedizione che i lucernesi hanno verso il loro carnevale, perché se ci sarà di certo chi la prende ‘lunga’ e passa la notte in bianco in attesa dei cortei delle guggen del giovedì e del lunedì mattina, la maggior parte si sveglia ancor prima dell’alba per riuscire a presentarsi, rigorosamente in costume, all’appuntamento (a cui, per dare una idea dei numeri in gioco, giovedì hanno preso parte in più di 20mila).

Chi scrive ci ha passato una sola giornata: salutando il mattino sulla scalinata che dall’albero posto di fronte al Municipio con gli stendardi delle varie Guggen (che viene poi tagliato il martedì grasso) scende verso il Reuss, assistendo al Wey-Umzug, una delle tre grandi sfilate in programma durante la cinque giorni, e danzando per le vie della città vecchia durante la notte.

Una sola giornata, ma sufficiente a farsi rapire da questo carnevale, e anche a far nascere un paio di considerazioni, di cui diremo più avanti. Se della sveglia mattutina già si è detto, altro aspetto che lascia affascinati di fronte al modo sanguigno, nonostante il gelo, di vivere questa festa lo si vede durante il corteo. I partecipanti ufficiali, quest’anno, erano una quarantina, eppure, fra uno stendardo ufficiale e l’altro, si vedevano passare altri carri, gruppi, costumi… Tradizione vuole infatti che chiunque possa prendere parte al corteo. E i lucernesi non lo fanno semplicemente mascherati, ma organizzano vere e proprie coreografie e così si può veder sfilare fra l’immensa locomotiva dei Chotteblotzer e un immane Putin che regge ‘le fila’ del mondo (vedi gallery), anche una famiglia ‘medievale’ con tanto di bambino in sella al proprio drago di un paio di metri d’altezza. Finita la sfilata poi, moltissimi carri si trasformano in bar che si possono trovare fra la città vecchia e la strada che costeggia, dall’altro lato, il fiume.

Capannoni non ce ne sono, tutto si svolge infatti per le vie. Tutto all’aperto, e senza limitazioni. E arriviamo qui alle riflessioni. Da qualche anno a questa parte, e soprattutto nell’ultimo biennio, parlare di carnevale in Ticino vuol dire parlare di limitazioni, di (divieti) di entrata, di problemi dovuti all’alcol, di risse e di ‘littering’, come si usa ora chiamare la schifo di bicchieri, bottiglie, vetri che invade le strade.

Ora, non saremo ipocriti, Lucerna non è l’Eldorado della civiltà: verso la tarda ora di rifiuti a terra ne vedevi, come vedevi qualche baldo giovane che si affacciava sulla riva del fiume, e non per rimirar il panorama, e trovavi anche ragazzi che avevano alzato il gomito. Ma per un carnevale frequentato da migliaia e migliaia di persone (al corteo erano in 35mila): la città è pulita e l’ambiente, nonostante l’ebrezza, di festa. E fa pensare che un carnevale così grande possa anche esser così profondamente diverso, e positivo, rispetto ai nostri e questo nonostante l’assenza di transenne, biglietti di ingresso e divieti.

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