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Analisi
17.03.2015 - 17:590
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Accordo Svizzera-Italia, la politica ticinese come un'armata Brancaleone. Mettetevi d'accordo prima che sia tardi

L'ANALISI - Il Governo ufficialmente ha una sola posizione ma in realtà ne ha almeno tre, che è come non averne nessuna...

di Andrea Leoni

Lo avevamo già segnalato all'indomani del primo comunicato stampa del Consiglio di Stato sulla bozza di accordo tra Svizzera e Italia: il Governo su questo tema così cruciale per il futuro del nostro Cantone non ha una posizione. O per meglio dire ne ha tre (che a livello istituzionale e strategico è come non averne nessuna): quella ufficiale e collegiale, su cui convergono anche nelle dichiarazioni personali Manuele Bertoli e Laura Sadis, quella dei ministri leghisti Norman Gobbi e Claudio Zali e quella "preoccupata" di Paolo Beltraminelli. 

Dopo la prima nota governativa avevamo parlato di un testo segnato da "veltronismo acuto": una somma e una summa di "sì ma anche no" per fare in modo che tutti e cinque i ministri ponessero la loro firma sul comunicato. Tuttavia con il passare delle settimane e le successive esternazioni dell'Esecutivo si può affermare che, al netto delle riserve, la posizione governativa, quindi di tutti i suoi rappresentanti, esprimeva nel complesso un giudizio positivo: meglio questo accordo di quello in vigore. 

Ma la verità è un'altra se consideriamo le opinione espresse dai Consiglieri di Stato. Alla domanda del "questionario elettorale di Liberatv" (Firmerebbe l'accordo tra Svizzera e Italia, così come impostato tra i due Paesi?) il ministro Norman Gobbi ha risposto: "Assolutamente no. La “clausola ghigliottina” contenuta nell’accordo, per la quale qualora la Svizzera applicasse i contingenti votati il 9 febbraio 2014 dal 68% dei Ticinesi cadrebbero tutte le nuove disposizioni, è intimidatoria e quindi non tollerabile. Difendiamo gli interessi dei Ticinesi!". 

Claudio Zali è stato critico sin dall'inizio sull'intesa tra Berna e Roma. Ma negli scorsi giorni è tornato alla carica con un articolo pubblicato sul nostro portale in cui il ministro leghista smontava l'accordo dal profilo finanziario: "A dispetto dei primi altisonanti comunicati, è in realtà assai deludente anche dal punto di vista economico per il Cantone e i Comuni (…). Dopo infinite discussioni e alla vigilia di una trattativa con l’Italia si può purtroppo già annunciare che il Ticino esce nuovamente sconfitto politicamente e finanziariamente". 

Paolo Beltraminelli ha invece espresso alla RSI il suo punto di vista: bene l'accordo per quanto riguarda le banche ("ultima via d'uscita prima delle rapide"), "preoccupato" per quanto riguarda le imposte per i frontalieri. Il ministro PPD ha affermato di nutrire qualche dubbio sull'affidabilità della controparte italiana, in particolare per quanto riguarda la concretizzazione e la tempistica di questa seconda parte dell'accordo. Infatti vale la pena ricordare che per quanto riguarda il modello di imposizione per i lavoratori di oltre confine non è stato sottoscritto nulla fra i due Paesi. Beltraminelli ha pure aggiunto di augurarsi che sia Berna a intervenire a difesa del Ticino qualora Roma cincischiasse. Come a dire: il lavoro sporco del blocco dei ristorni lo abbiamo fatto una volta, in futuro toccherà ad altri sporcarsi le mani alla bisogna. Campa cavallo….

Alle parole dei Consiglieri di Stato aggiungiamo quelle molto critiche giunte da alcune forze politiche. Rocco Cattaneo ha parlato di  "risultato disastroso". Una bocciatura che fa scopa con quella dei Verdi di Sergio Savoia che per primi avevano formalmente stroncato l'accordo avanzando la richiesta di un risarcimento da parte della Confederazione di "almeno di 30 milioni". Anche alcuni deputati PLR hanno presentato una mozione affinché Berna risarcisca il nostro Cantone. Una tesi sposata in casa PPD dal presidente Giovanni Jelmini e dal capogruppo Fiorenzo Dadò. Pure contraria all'accordo l'UDC, con la riserva del Consigliere Nazionale Pierre Rusconi.

Al netto di quanto sin qui esposto, tiriamo una riga e analizziamo i risultati. Il primo è che non c'è corrispondenza tra le prese di posizione ufficiali del Governo e quanto dichiarano i ministri più critici. Perché tanta confusione? Meglio avere una maggioranza e una minoranza chiara e pronta a confrontarsi con l'opinione pubblica, piuttosto che avere una posizione unanime molle, inutile e continuamente smentita dagli stessi membri dell'Esecutivo.  

Il secondo risultato è che appare chiaro come ci sia una maggioranza se non apertamente critica decisamente scettica su quanto pattuito tra Berna e Roma. È vero, ci sono le elezioni e nessuno è ingenuo, ma questi gruppi politici dovrebbero sforzarsi di trovare alla svelta un minimo denominatore comune – nell'interesse degli interessi del Ticino - per concretizzare in azione politica e proposta concreta il mal di pancia. 

Tre: invece sembra che la politica ticinese si muova come un'armata Brancaleone. Molti partiti la pensano più o meno alla stessa maniera ma ognuno va per i fatti suoi. Il che produce due effetti negativi: non avere una posizione forte e alternativa a quella della Confederazione (i soliti ticinesi che non sanno quello che vogliono); sprecare tempo preziosissimo per posizionarsi tatticamente nella maniera migliore al tavolo delle trattative. 

Considerate le circostanze vien da rivolgere un appello accorato a chi nei partiti può decidere: incontratevi, parlate, convergete su una posizione chiara e concreta. E fatelo in fretta. Il Ticino se perde questo treno non avrà un'altra possibilità per ottenere ciò che è giusto.

 

 

 

 

 

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