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Politica e Potere
08.04.2015 - 16:010
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Lega e UDC insorgono contro i soldati con la bandiera albanese. Chiesa: "Non si può insegnare ad essere svizzeri". Gobbi: "Intollerabile"

Sta suscitando un vespaio anche in Ticino lo scatto pubblicato dal Blick. Bignasca: "Via il passaporto". Quadri: "Ce la siamo cercata a suon di calate di braghe!"

BELLINZONA - Ha suscitato clamore anche in Ticino la fotografia che ritrae alcuni soldati svizzeri con la bandiera dell'Albania. Una caso lanciato a livello nazionale dal Blick che ha pubblicato lo scatto circolato su Facebook. E all'indignazione espressa stamattina dai vertici dell'esercito, si somma quella di una parte del Mondo politico ticinese: in particolare i rappresentanti di Lega e UDC che censurano duramente il comportamento dei giovani militari. Il deputato Marco Chiesa ha inviato a Liberatv una breve presa di posizione: "Dovrei far finta di sorprendermi - scrive - ma non ce la faccio. Non sono mai stato così ingenuo da pensare che non potessimo finire così. A questo punto mi sorge una riflessione. Punto primo: questi giovani evidentemente non patrizi hanno servito la nostra Nazione. Bene accidenti. Punto secondo: questi giovani non servono solo il nostro Paese ma si sentono legittimati a mostrare in bella vista anche la bandiera della loro Nazione d’origine". "Io - aggiunge Chiesa - non ho mai creduto agli Arlecchini, servi di due padroni. Io non ho mai avuto alcuna bandiera nel cuore al di fuori di quella rossocrociata. Ma so che non si può insegnare ad altri ad essere svizzeri. O lo senti dentro o altrimenti non puoi mentire a te stesso. Resta a sapere se si tratta di una bravata. Io non credo. È il segno tangibile di una rivoluzione interna che ci porterà a perdere le nostre radici e la nostra identità. E questo è ciò che fa più male! E allora io non intendo indietreggiare. Non faccio politica per assistere inerme alla deriva del mio Paese. Duro anche Norman Gobbi che su Facebook ha pubblicato un'opera su Guglielmo Tell (vedi sotto) con questo commento: "Preferisco questo graffito di Hans Tomamichel alle aquile bicefale d'importazione cui hanno inneggiato alcuni soldati con passato migratorio, colti recentemente in una foto intollerabile e che dimostra la fragilità di determinate politiche di integrazione. I giovani cittadini stranieri per essere integrati e naturalizzati devono portare in sé i valori del nostro Paese. Si dovrebbero conoscere meglio questi valori fondanti per la nostra comunità, in modo da non cedere alle illusioni globalizzanti. Non a caso, Guglielmo Tell guarda avanti". "Ai "soldati svizzeri" con la bandiera albanese sarebbe da ritirare il passaporto immediatamente!", tuona Boris Bignasca, presidente dei Giovani leghisti. "Questo - aggiunge dal canto suo il vicepresidente dell'UDC Piero Marchesi - è un esempio lampante di cattiva integrazione! Naturalizzati, chiamati al servizio militare nel loro nuovo Paese e si permettono di provocare, perché di provocazione si tratta, senza alcuna preoccupazione. In questi casi ci vorrebbe una punizione adeguata, ma non mi illudo troppo, se la caveranno con una tirata d'orecchie leggera, leggera. In Svizzera, si sa, siamo sempre troppo tolleranti con gli imbecilli. Ma al di là della polemica e dell'indignazione, una domanda mi viene spontanea: se un giorno fossero davvero chiamati alle armi, quale Patria difenderanno?". Infine il Consigliere Nazionale Lorenzo Quadri: "Di foto di questo genere ne circolano anche parecchie altre. Un po' tardi per venire adesso a fare le verginelle. Avete voluto la multikulturalità, e chi non è d'accordo è un bieco populista, razzista e fascista? Insegnamento della civica, inno nazionale, bandiere svizzere, perfino le camice con le stelle alpine, qualsiasi cosa che richiami la nostra identità e l'obbligo dell'immigrato di assimilarsi è stata sistematicamente denigrata come xenofoba perché "bisogna (?) aprirsi"? Ecco il prevedibile risultato. Giovani col passaporto svizzero che però si sentono tutt'altro che svizzeri. E questa è solo la punta dell'iceberg. Ma ce la siamo cercata a suon di calate di braghe politikamente korrette quando si trattava invece di difendere ed affermare la nostra identità".
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