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27.04.2015 - 15:390
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Raoul Ghisletta: "Le pie illusioni sono finite: dobbiamo batterci contro i Bilaterali". E attacca Sergio Ermotti

Quante sono le brave persone in Ticino che si illudono ancora che lo Stato federale farà di più per proteggere i lavoratori, ridotti allo status di “tondini, sacchi di cemento, merci”?

di Raoul Ghisletta *

Quante sono le brave persone in Ticino che si illudono ancora che lo Stato federale farà di più per proteggere i lavoratori, ridotti allo status di “tondini, sacchi di cemento, merci” come denunciava venerdì scorso Renzo Ambrosetti all’assemblea di UNIA Sottoceneri? Francamente non dovrebbero essere più molte a credere a Gesù Bambino dopo le mosse avvenute nelle scorse settimane nelle sfere che contano in Svizzera.

Il 18 febbraio 2015 il CEO UBS Sergio Ermotti (11,2 milioni di Fr. di guadagni nel 2014 e 10,7 milioni del 2013) in una lettera aperta al Consiglio federale ha rispolverato le ricette neoliberiste del “Libro bianco per l’economia svizzera”, pubblicato nel 1995 da David de Pury (diplomatico svizzero impegnato nelle negoziazioni per la liberalizzazione del commercio e poi presidente del gruppo industriale ABB).

L’ondata neoliberista degli anni ’90 provenne dalla crisi successiva al rifiuto popolare dell’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo. Le tesi neoliberiste dovevano rendere migliore la Svizzera dell’Europa, per garantirne la competitività internazionale e per non dover aderire all’Unione europea - sostenevano Franz Blankart e l’Ufficio federale degli affari economici esterni. Il risultato politico concreto tra le altre cose fu lo sviluppo della flessibilizzazione del mercato del lavoro, il freno all’indebitamento della Confederazione, l’estensione degli accordi di libero scambio, numerose privatizzazioni ed aziendalizzazioni nel settore pubblico, che oggi pesano sulla situazione finanziaria ed economica del Ticino.

Venti anni dopo Ermotti chiede pubblicamente una fiscalità leggera (da raggiungersi con la riforma III della fiscalità delle imprese), si oppone all’imposta sulle successioni e sui guadagni in capitale, si oppone alla revisione del diritto azionario e alla legge sui servizi finanziari; e infine chiede a gran voce alla Svizzera di mantenere gli accordi di libero scambio con l’Europa e di estenderli agli Stati Uniti.

Poche settimane dopo, il 27 marzo 2015, i presidenti dei tre partiti nazionali di centrodestra di governo (UDC, PLR e PPD) siglano un patto per una politica economica liberista: il patto si oppone a ogni nuovo tipo di imposta, sostiene la riforma III delle imprese e chiede un congelamento della spesa pubblica federale a livello del 2014. 

Infine il 1. aprile 2015 dal Consiglio federale arriva l’ultima stangata per il Ticino e gli altri Cantoni di frontiera: non deciderà alcun incremento delle misure d’accompagnamento per combattere le conseguenze negative della libera circolazione delle persone, a parte un aumento del limite massimo delle sanzioni amministrative. Il direttore della Divisione dell’economia Stefano Rizzi in un comunicato ne prende atto con rammarico ed indica che “il segnale che emerge è senz’altro negativo per il nostro Cantone”, che si è impegnato in prima fila con la collaborazione della deputazione ticinese alle Camere in un progetto avviato nel 2013. 

Questa è la fine della pie illusioni di controllare gli effetti negativi dei Bilaterali nel mercato del lavoro. Per chi non vuole la reintroduzione dello statuto dello stagionale o di altri statuti deregolamentati per i lavoratori esteri, come chiedono l’UDC e il padronato svizzero, non rimane che battersi contro l’applicazione dei Bilaterali e contro i Bilaterali stessi quando si dovesse votare di nuovo sul tema.

* segretario VPOD e deputato PS

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