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Cronaca
08.05.2015 - 19:060
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Expo, va in scena la satira. A una settimana dall’inaugurazione tra ritardi, magagne, vignette e sfottò

Zone ancora in parte chiuse, inerti qua e là, scale mobili e ascensori fuori servizio, padiglioni che iniziano a mostrare le conseguenze dei tempi record in cui sono stati costruiti. Una situazione che non poteva sfuggire alle grinfie della satira

Che sia un grande evento è fuori discussione: nonostante magagne, ritardi, problemi e veri e propri scandali (leggasi infiltrazioni mafiose) Expo rimane pur sempre la Fiera Universale e i visitatori si presentano a frotte. Quanti, di preciso, non si sa. Si vuole evitare di cadere nello stress del conteggio e per questo il numero reale di visitatori non lo conoscono nemmeno gli organizzatori, come ha dichiarato l’amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala il 2 maggio scorso. Ci si limita al dato dei biglietti venduti, che al secondo giorno erano 11 milioni.

Grazie al piccolo miracolo compiuto dalle migliaia di tecnici, operai e ingegneri (“Questi ragazzi hanno un mese per finire EXPO, e non è un pesce d’aprile”, recitava una pubblicità di Ceres – vedi immagine), la fiera ha aperto i cancelli il primo maggio come previsto – ma se si voglio evitare le colonne, si può sempre passare nei buchi lasciati dalle recinzioni non ancora posate... A una settimana dall’inaugurazione, di lavoro da fare ce n’è: zone ancora in parte chiuse, inerti qua e là, scale mobili e ascensori fuori servizio, padiglioni che iniziano a mostrare le conseguenze dei tempi record in cui sono stati costruiti.

Come quello della Turchia (uno degli ultimi Paesi ad aver aderito alla manifestazione), in cui, durante il secondo giorno, una placca metallica staccatasi dall’entrata del padiglione ha colpito in testa una giovane turista (fortunatamente senza gravi conseguenze). Oppure come l’allagamento del cluster bio-mediterraneo, gestito dalla Sicilia, dove la pioggia è filtrata attraverso la copertura, realizzata nelle ultime settimane, rendendo sostanzialmente inagibili i locali nei primi giorni.

E nonostante l’opera di “camouflage” messa in atto in vista dell’inaugurazione, a una settimana dall’apertura le magagne emergono. A queste, fra grandi e piccole, il Corriere della Sera ha dedicato due distinti approfondimenti. Il primo, di giovedì scorso, racconta dell’odissea in cui ci si imbarca se si decide di raggiungere Expo in macchina: indicazioni che appaiono e scompaiono, navette dai posteggi garantite ogni cinque minuti ma di fatto latitanti per ore, tassisti che devono fermarsi a chiedere indicazioni per capire come arrivare alle entrate: “Sotto un viadotto due auto della polizia municipale. Si sono perse, chiedono informazioni a noi”, scrive Beppe Severgnini, il giornalista protagonista dell’epopea. Alla fine, dopo un’ora buona di peripezie a dispetto dei 14 minuti dati dal navigatore, è riuscito a entrare... sì, da uno dei buchi nella recinzione.

Il secondo, basato sui suggerimenti e le impressioni raccolte tra i visitatori, parla invece delle manchevolezze. Cose come l’assenza di panchine (promesse ma in ritardo, al pari delle sedie a rotelle garantite ai visitatori anziani o con difficoltà motorie), di cestini per i mozziconi di sigaretta (ce ne sono, per iniziativa personale, ma solo all’esterno dei padiglioni di alcuni Paesi e così le passeggiate risultano presto invase di cicche), di prati in cui trovar ristoro (ma il cemento non manca, assicurano), di bidoni della raccolta differenziata (c’è, ma a macchia di leopardo). A queste si aggiungono poi l’assenza di finiture e una logistica quantomeno bislacca della mobilità interna. Le navette, queste sì, ci sono e funzionano ma si muovono solo sul perimetro esterno (la sfaticata non la si evita) e rigorosamente in senso orario e perciò se da una fermata si vuole tornare a quella precedente, tocca rimirarsi tutto il percorso.

Una situazione che non poteva sfuggire alle grinfie della satira e dello sfottò. E così fra un invito di Spinoza alla positività di fronte al maltempo dei primi giorni (“se piove ci si può sempre riparare sotto le impalcature”) e un Vauro che svela quale sia il segreto dietro al successo di presenze, ci scappa almeno qualche (amara) risata.

IB

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