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Cronaca
23.05.2015 - 16:450
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Clinica Santa Chiara, dopo la tragedia della dottoressa Jancikova emerge un altro caso inquietante: anche un'infermiera si è tolta la vita

Il dramma sarebbe accaduto una decina di giorni fa. Impossibile dire se si tratti di una coincidenza o se ci sia un legame tra i due suicidi. Si parla inoltre del tentato suicidio di una terza persona avvenuto un paio di mesi fa

LOCARNO - Un suicidio di cui nessuno avrebbe parlato, per la discrezione che si usa in questi casi. Se non fossero stati, a farlo, la direzione della Clinica Santa Chiara di Locarno e i colleghi della defunta. Quell’annuncio di un’intera pagina apparso ieri su LaRegione ha portato la tragedia in una dimensione pubblica (leggi qui); e anche i suoi contorni, per ora molto nebulosi, ma sul cui sfondo si proietta un altro inquietante e tragico caso: una decina di giorni fa anche un’infermiera che lavorava alla Santa Chiara si è tolta la vita.

C’è un legame tra i due casi, accaduti entrambi fuori dalla Clinica (forse un diffuso senso di disagio legato al futuro?) o c’è solo una drammatica coincidenza? Difficile dirlo sulla base delle poche e frammentarie informazioni. Una terza collaboratrice, però, avrebbe tentato il suicidio circa due mesi fa, salvata in extremis. Su quest’ultimo episodio usiamo il condizionale.

Quel che si sa, finora, è che la dottoressa Barbora Jancikova, 53 anni, pediatra specializzata in neonatologia, si è tolta la vita per motivi riconducibili “all’agire sconsiderato di determinate persone”, come ha detto la dottoressa Daniela Soldati, membro del Consiglio d’amministrazione della Clinica. Qualcuno l’avrebbe convinta che avrebbe perso presto il lavoro perché la Clinica era sulla via della chiusura. Pressioni esterne alla Santa Chiara, ha precisato la dottoressa Soldati.

Tra le ipotesi che si fanno largo è che Barbora Jancikova, che in precedenza, prima di arrivare alla Santa Chiara nel 2006, era primario in un ospedale di Praga, pur con tutta la bravura e l’esperienza che le erano unanimemente riconosciute, non avesse l’abilitazione per ricoprire un ruolo di primo piano in un polo pubblico di neonatologia. E che questo l’abbia gettata nello sconforto, facendole svanire il sogno di una vita, che era il suo lavoro. Ipotesi. Solo ipotesi.

“Tu sorridevi, sorridevi sempre – si legge nel necrologio pubblicato dai colleghi - e rispondevi sempre presente alle nostre richieste di aiuto. Anche quando il futuro, che altri ti avevano dipinto come plumbeo, ti soffocava. Hai incrociato la strada della cattiveria e della meschinità allo stato più puro, quello che quando colpisce fa davvero male. E noi, il tuo grido silente non l’abbiamo sentito”.

emmebi

 

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