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Cronaca
28.05.2015 - 06:300
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Un giorno a Marignano: la cappella, l'ossario e il Campo dei Morti, dove 500 anni fa i cannoni francesi massacrarono i "Giganti" svizzeri

Ecco come appare oggi, nella campagna milanese, il teatro di una delle più cruente battaglie della storia, che in poche ore fece, secondo alcune fonti, 18'000 vittime

MELEGNANO – A pochi passi dalla cittadina che un tempo si chiamava Marignano, oggi Melegnano, una ventina di chilometri a sud est di Milano, sorge in aperta campagna, accanto a un praticello erboso con i papaveri in fiore - come nella "Guerra di Piero" di Fabrizio De Andrè -, una cappella dedicata alla Madonna della Neve. Al suo interno c’è un piccolo ossario: teschi e tibie conservate in una teca di vetro, probabilmente ritrovati dai contadini che aravano i campi sui quali cinquecento anni fa fu versato il sangue di migliaia di uomini. Poco lontano, un bassorilievo di granito ritrae un soldato svizzero che protegge un compagno morente: "Ex claude salus", è l'iscrizione, "Dalla disfatta alla salvezza".

Fu un vero massacro. Una delle più cruente battaglie della storia, se si considera che durò soltanto una ventina di ore. I morti tra le fila svizzere sono stimati tra un minimo di cinque e un massimo di tredicimila. Alcune fonti parlano di un totale di diciottomila vittime. Tutto accadde nel giro di poche ore, tra il 13 e il 14 settembre del 1515.

La battaglia di Marignano, detta anche battaglia dei Giganti, verrà ricordata in settembre con celebrazioni ufficiali legate all’Expo. Per l’occasione la Fondazione Pro Marignano ha stanziato mezzo milione per ristrutturare la cappella che ospita l’ossario. Intanto si è aperta una polemica tra gli storici, alcuni dei quali considerano la battaglia di Marignano l'evento che segnò l'inizio della neutralità da parte della Svizzera, mentre altri ritengono che non sia così. In ogni caso il massacro contribuì certamente a riorientare la politica estera dei Cantoni.

Sotto l’affresco di una Madonna col Bambino, sul davanzale della piccola finestra che si apre sulla cappella, ci sono ancora oggi dei lumini accesi e un mazzo di fiori secchi. Segno di una devozione popolare che dura da secoli, perché la gente della zona riteneva che le ossa di quei caduti facessero miracoli. Di fronte alla cappella si estende un grande campo, chiamato Campo dei Morti.

Scriveva Francesco Guicciardini citando il maresciallo di Francia Gian Giacomo Triulzio: “Di maniera che il Triulzio, capitano che avea vedute tante cose, affermava questa essere stata battaglia non d'uomini ma di giganti; e che diciotto battaglie alle quali era intervenuto erano state, a comparazione di questa, battaglie fanciullesche”. 

Tra il 13 e 14 settembre sui campi che ancora oggi circondano la cappella si scontrarono 30’000 uomini dell’esercito francese e circa 20.000 soldati confederati. Il gran numero dei soldati coinvolti e la forza dei portatori di lunghe lance e alabarde, ritratti da Urs Graf nei suoi disegni, indusse Trivulzio a coniare il titolo di Battaglia dei Giganti.

Da una parte c’erano le truppe del re di Francia Francesco I, dall’altra i Confederati che difendevano il Milanese, regione che di fatto controllavano militarmente. Il duca di Milano Massimiliano Sforza, loro protettore, era alleato al papa Leone X e all'imperatore Massimiliano I d'Austria. Ma fu soprattutto la battaglia degli svizzeri, che non ricevettero l'atteso sostegno dagli alleati. 

Una parte dei capitani - di Berna, Soletta e Friborgo - accettò di negoziare qualche giorno prima dello scontro e l’8 settembre firmò con il trattato di Gallarate, che prevedeva la fine delle ostilità e il versamento di un milione di corone ai confederati. Ma i rappresentanti di altri cantoni, tra cui Uri, Svitto, Grigioni e Glarona, rifiutarono la pace.
Il 13 settembre, i soldati svizzeri marciano su Marignano, ma il giorno dopo l'artiglieria francese provocò una carneficina nelle fila confederate. Gli svizzeri si lanciarono  di nuovo all'attacco ma furono sopraffatti dall’arrivo di 12’000 uomini della Repubblica di Venezia che diedero man forte ai francesi.

Il prologo, decisivo, della battaglia fu lo straordinario passaggio delle Alpi di una grande armata francese composta da circa 55’000 uomini e da una 60ina di enormi cannoni, che passò per la gran parte attraverso una strada appena costruita, un itinerario precedentemente sconosciuto. Questa fu considerata una delle imprese militari più importanti dell'epoca e ricordò la traversata di Annibale.

L'assalto durò fino alle quattro di notte, quando gli svizzeri decisero di accamparsi per riprendere le forze; il re francese approfittò della tregua per riorganizzare l'artiglieria e per chiamare in soccorso le forze veneziane comandate dal condottiero Bartolomeo d'Alviano.
Alle prime luci dell'alba, quest'ultimo attaccò gli svizzeri alle spalle, volgendo l'esito dello scontro a favore dei francesi e dei veneti. La cronaca del tempo racconta che, commosso dalla strage, Francesco I fece celebrare nella chiesa di San Giuliano Milanese messe solenni per tre giorni ed in seguito fece erigere la cappella espiatoria, con annesso monastero, detta di Santa Maria della Vittoria, affidata all'ordine dei padri Celestini di Francia.

emmebi

 

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