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Cronaca
01.08.2015 - 10:420
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

In centinaia sul passo per la messa del Primo Agosto. Lazzeri: “I confini non sono barriere impenetrabili, ma non illudiamoci” LE FOTO

In questo giorno speciale per Elvezia, l’omelia del vescovo di Lugano si è concentrata sul senso di Patria e di accoglienza. Elementi in tensione tra l’istinto naturale di preservare la propria casa e l’aprirsi all’altro, ma senza ingenuità

SAN GOTTARDO – Nonostante la pioggia, la nebbia e il freddo, in molti si sono recati sul passo del San Gottardo per celebrare il natale della Patria: 400 circa le persone che hanno assistito stamane alla messa celebrata da vescovo Valerio Lazzeri. Presenti anche il vescovo emerito di Lugano, monsignor Grampa e il parroco di Andermatt.

“Quale significato può avere per noi il ritrovarci a celebrare l’Eucaristia in questo giorno della Festa nazionale? Perché radunarci sul passo del San Gottardo, crocevia di continui scambi e luogo d’incontro tra culture diverse?”, ha esordito il vescovo.

E, in questo giorno speciale per Elvezia, la sua omelia – pubblicata integralmente dal Giornale del Popolo –si è concentrata proprio sul senso di Patria e di accoglienza. Due elementi in tensione tra l’istinto naturale di preservare la propria casa e l’aprirsi all’altro in questi tempi difficili.

Una dicotomia affrontata con il richiamo della storia di Balak, re di Moab, che, di fronte al rischio di invasione del suo paese da parte di un popolo sconosciuto (le tribù di Israele) si affida a un indovino pagano per maledire gli invasori.

La storia di Balak è quella “di un cuore in subbuglio, di un uomo che, in un momento difficile per la propria terra, si è purtroppo lasciato guidare dalla paura”. Un panico comprensibile che deve però poi, ha proseguito il Vescovo, arrendersi all’evidenza: “Non c’è solo il diritto sacrosanto di abitare la propria terra, di essere protetti fra le quattro mura della propria casa, di essere sicuri nella propria patria. Il bisogno umanissimo di proteggersi e di stare bene deve sempre fare i conti con un orizzonte più vasto: il Signore che, partendo da Abramo, vuole far giungere la sua benedizione a tutti i popoli”.

E lo stesso cammino di Gesù è “impregnato della stessa logica di superamento del confine che separa”, che “per estrema solidarietà con la nostra condizione, si rende straniero, spaesato, sradicato”.

Ciò però, prosegue monsignor Lazzeri citando l’incontro di Gesù con una donna cananea, “implica, però, necessariamente il duro confronto con il limite terreno della sua missione, con il perimetro definito del suo essere veramente uomo. Come tutti noi, egli è legato a una terra e a una mentalità particolare: “non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele”. Vivere umanamente significa esattamente questo: assumere la propria storia, sapere di essere chiamati a fare questo e non altro, avere il senso della propria finitezza”.

Lo stesso comportamento di Gesù, che inizialmente si dimostrò distante alla donna, “ci insegna che nessuno si trova automaticamente ad abitare l’universale, ad abbracciare tutti senza distinzione. Bisogna diffidare – ha ammonito Lazzeri – delle pretese di chi si ritiene capace subito di non fare caso alle differenze. Ho notato che qualche volta le reazioni peggiori si manifestano in chi si dichiara aperto, mentre chi inizialmente sembra più diffidente spesso è poi il primo a intervenire quando si manifesta concretamente un bisogno. Così non è ragionevole ignorare le difficoltà dell’accoglienza vera, perché anche Gesù ha convissuto con questa fatica e ha assunto fino in fondo l’incompletezza della sua vicenda umana nel tempo. Da lì però ha sconfinato. E ciò è avvenuto perché si è lasciato educare dall’incontro, provocare dal bisogno altrui, disarmare dalla verità primordiale che l’altro, umano come me, mi mette ogni volta inesorabilmente davanti”.

Quando ci riferiamo alla nostra Patria, ha proseguito, un pensiero ci abita. “Non possiamo non prendercene cura. Ne va delle generazioni future. Come ci ricorda Papa Francesco nella sua Enciclica recente, siamo chiamati a essere “amministratori responsabili” della nostra “casa comune” e questo si realizza prima di tutto in quello spazio preciso di terra che ci è stato affidato dal Creatore. Gesù però ci fa andare oltre. Non si ferma a questo. Attraversa la durezza. Si lascia plasmare dall’incontro imprevisto. Si lascia portare fuori dall’ambito circoscritto della sua patria interiore, biologica, psicologica e culturale”. E questo grazie all’incontro con quella pagana e con la fede che riconosce nelle due parole.

Ecco allora, ha incalzato monsignor Lazzeri, “la speranza che, come cristiani, annunciamo ogni Primo di agosto, venendo in questo luogo simbolico, che fa della nostra Patria una terra di passaggio e di incontro, di convivenza pacifica tra diversi e un’opportunità di sempre nuovi attraversamenti. Non illudiamoci! Non ci sono soluzioni prodigiose che ci possono evitare il confronto quotidiano con la fragilità delle nostre difese e delle nostre delimitazioni territoriali. Gli immensi fenomeni migratori che caratterizzano il nostro tempo non si bloccano con la magia. S’ingannava, a questo proposito, Balak, Re di Moab. I confini non sono mai barriere impenetrabili. E d’altra parte, è illusorio fare come se essi non esistessero. I confini sono la pelle di un organismo vivente. Quello che siamo impegnati ogni giorno a far crescere insieme, alimentandolo e curandone le ferite. E come la pelle del nostro corpo separa e insieme rende possibile il contatto, così il confine dà il senso vero dell’io e del tu, del noi e del voi. Contiene ciò che ci è caro e insieme ci permette di irradiarlo e di comunicarlo”.

““Per questa ragione, celebriamo oggi l’Eucaristia. Non per fonderci in una massa indistinta o semplicemente per rafforzare un’identità religiosa da contrapporre ad altre. Abbiamo conosciuto in passato purtroppo simili contraddizioni. Celebriamo, perché crediamo che in Lui, il Signore Gesù, ha già vinto l’isolamento che ci soffoca, la contrapposizione che ci rende sterili, la conflittualità che consuma inutilmente le nostre energie. In Lui, sin da ora, sono dissolte le vane polemiche, gli interessi meschini, gli odi, gli arbitri e le parzialità di ogni tipo: “per mezzo di lui infatti possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito.”

“Possa questa consapevolezza, che oggi rinnoviamo in questo luogo speciale, rendere più gioiosa la nostra festa, più luminosa la nostra gratitudine per il dono della nostra Patria, più intelligenti e generosi nell’offrirla come spazio di rifugio a chi ne ha bisogno, più umili e semplici nell’accoglierla ogni giorno come vocazione a cui rispondere, come impegno di fraternità, di solidarietà e di pace gli uni verso gli altri", ha concluso.

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