BERNA – Il PS Nazionale dichiara guerra alle storture del mondo del lavoro e primo campo di battaglia sarà la Svizzera italiana. Con il “piano d’azione Ticino” i socialisti intendono combattere il dumping salariale, la sostituzione della manodopera residente e l'afflusso di frontalieri attraverso delle misure elaborate allo scopo tra cui il divieto di pagare salari in euro, una migliore protezione dai licenziamenti, l'introduzione immediata di salari minimi e una tassa per le imprese che assumono all'estero.
Ad illustrare il piano è la consigliera nazionale Marina Carobbio, intervistata da “Le Matin Dimanche”, da cui è partita l’idea. “Dobbiamo agire per fermare il dumping e l'erosione del potere d'acquisto”, ha dichiarato la vicepresidente del partito. “Quello che succede in Ticino è un campanello d'allarme per tutto il paese”.
I deputati socialisti che siedono al Parlamento federale presenteranno quindi prossimamente diverse mozioni allo scopo di sostenere il “piano d'azione Ticino”. Verrà chiesto il divieto di versare salari in euro su tutto il territorio nazionale e di migliorare la protezione dai licenziamenti, soprattutto per quella fascia per cui il rientro nel mondo del lavoro sarebbe più complicato, ossia per le persone dai 50 anni in su.
Per scoraggiare la sostituzione della manodopera, i socialisti propongono inoltre di multare quelle imprese che licenziano residenti per assumere frontalieri. Secondo la proposta, l’importo potrà variare dai 30mila ai 50mila franchi. Ma per le grandi società, ha spiegato ancora Carobbio al domenicale romando, “la sanzione potrà essere anche più severa e fissata in funzione degli utili”.
Sempre in quest’ambito, il “piano d’azione Ticino” vorrebbe anche recuperare un’altra idea presentata, in una mozione del 2013, dalla stessa Carobbio: una tassa sulla manodopera straniera, che preveda il versamento di un determinato importo per ogni lavoratore frontaliere (nel testo si proponeva allora 5mila franchi a impiegato).
I soldi così raccolti, ha specificato Carobbio, andrebbero in un fondo destinato alla formazione e all'occupazione con cui finanziare, fra le altre cose, misure di riqualifica professionale.
Infine il “piano d’azione” chiede l’applicazione dei salari minimi, accettati dal popolo ticinese con il sì all’iniziativa ‘Salviamo il lavoro’, nonché la presenza di più ispettori al fine di verificarne con più rigore il rispetto nelle imprese del territorio.