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Analisi
31.08.2015 - 15:420
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Gli stranieri, i rifugiati, i frontalieri... E il "muro", da Budapest a Chiasso: adesso il centro destra faccia seriamente i conti con la xenofobia

L'ANALISI - Lega e UDC in particolare dovrebbero aprire un serio confronto interno sulle posizioni xenofobe che trovano troppo spesso spazio nelle dichiarazioni di alcuni loro esponenti e sui loro organi di informazione

di Marco Bazzi

Adesso fermiamoci un attimo e chiediamoci: stiamo diventando un popolo di xenofobi? Cioè: sentiamo dentro di noi un crescente sentimento di odio, repulsione o paura nei confronti degli stranieri? È una domanda alla quale ognuno dovrebbe rispondere facendo i conti con la propria coscienza. Ed è una domanda molto attuale di fronte dell’ondata migratoria che sta investendo l’Europa, ma anche alla luce del crescente numero di stranieri che vengono in Ticino a lavorare o a vivere: oggi siamo oltre 350'000, diecimila in più di due anni fa, e di quei diecimila in più, quasi quattromila sono stranieri. Che vanno ad aggiungersi agli oltre 62'000 frontalieri.

Poi, fatto questo esercizio, ognuno di noi (giornalisti, politici, cittadini) dovrebbe chiedersi se le cose che scrive o che dice (sui media, sui social network, nei comunicati stampa, nelle riunioni di partito, ma anche al bar) contribuiscono a fomentare quel clima di paura che rientra nell’ampio spettro della xenofobia (letteralmente: “paura dello straniero”).

Dobbiamo evitare giudizi “tranchant”, sostenendo che i ticinesi sono xenofobi solo perché su Facebook leggiamo qualche decina di post deliranti. Una volta si sfogavano le frustrazioni imbrattando i muri, oggi lo si fa scrivendo sui social… Ma non dobbiamo nemmeno sottovalutare il fenomeno e i rischi sociali che comporta. Soprattutto i politici devono fare appello al proprio senso di responsabilità, misurando le parole, ed evitando di giocare il ruolo dei capi-curva che scatenano gli hooligans allo stadio.

In questo calderone di “istinti malvagi” che chiamiamo xenofobia, negli ultimi anni ci abbiamo buttato dentro di tutto: frontalieri, romeni, asilanti… Quelli “che ci portano via il lavoro”, che “rubano nelle nostre case”, che “riempiono le nostre prigioni”, che “sfruttano la nostra proverbiale accoglienza”… Quelli che, in un modo o nell’altro, ci fottono, insomma.

Non c’è bisogno di dirlo: tra coloro che arrivano in Svizzera (tra gli immigrati) ci sono anche i furbi, i delinquenti e i malandrini. In queste categorie, che del resto fanno parte dell’umanità da che mondo è mondo, includerei però anche gli imprenditori nostrani senza scrupoli che sfruttano senza ritegno le maglie larghe dei bilaterali.
Da parte dello Stato ci deve dunque essere un costante e rigoroso impegno ad evitare che gli approfittatori siano accolti o possano soggiornare, lavorare o ottenere in modo truffaldino aiuti sociali nel nostro paese. Come anche a mettere in atto efficaci misure di protezione sul mercato del lavoro. Perché il rigore, e non la demagogia, è la giusta e doverosa risposta politica alle paure, al degrado e agli abusi. Rigore anche a costo di forzare la mano.

Si sa che tra xenofobia e razzismo il confine è labile, ma non credo affatto che i ticinesi siano, in generale, un popolo razzista. Non più di quando lo sono gli italiani, gli austriaci o i tedeschi nelle loro varie declinazioni regionali… Le autofustigazioni collettive non mi piacciono. E chi, tra politici, opinionisti e giornalisti, parla a vanvera di derive razziste collettive applica (al contrario) le stesse logiche di chi fomenta la xenofobia.

Penso però che in nome della responsabilità civile, i partiti del centro-destra (in particolare Lega e UDC) debbano aprire urgentemente un serio confronto interno sulle posizioni xenofobe che trovano troppo spesso spazio nelle dichiarazioni e nelle iniziative di alcuni loro esponenti e sui loro organi di informazione. Dovrebbero farlo (smettendo di dire soltanto cose che procacciano facili consensi, soprattutto in questo esasperato clima di campagna elettorale permanente) per coscienza politica, e per rispetto verso chi, tra i loro militanti ed elettori, non ne può più di chi giorno dopo giorno semina – consapevolmente o inconsapevolmente - veleno e pessimismo.

Sullo sfondo, a fomentare i sentimenti xenofobi tra una parte della popolazione (soprattutto in quella che si sente più debole e indifesa), c’è lo scenario dell’Unione europea e dei vari trattati che hanno a che fare con gli stranieri: i bilaterali, Schengen, Dublino… Sappiamo che hanno conseguenze negative e positive, ma sono in ogni caso lo specchio di un mondo che sta cambiando e i cui cambiamenti vanno gestiti. Alzando la voce, picchiando i pugni, pretendendo giustizia sociale e ascolto politico, combattendo gli abusi... Ma non erigendo muri. Né a Budapest né a Chiasso.

 

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