ULTIME NOTIZIE Opinioni
Analisi
02.09.2015 - 17:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Dadò ha fatto bene a pubblicare quelle foto. Guardiamo quei bambini morti negli occhi e diciamo loro la verità: vi dimenticheremo in men che non si dica

L'ANALISI - L'immigrazione e la nostra gigantesca ipocrisia

di Andrea Leoni

Fiorenzo Dadò ha fatto bene ha pubblicare le foto dei cadaveri dei bambini vittime delle traversate nel Mediterraneo. Nessun dubbio in proposito: tanto è vero che "rilanciandole" in un articolo abbiamo amplificato quelle immagini e il messaggio di chi le aveva postate per primo. 

Stupisce lo scandalo suscitato da questa iniziativa. Nessuno si scandalizza per le immagini macabre stampate sui pacchetti di sigarette, oppure per quelle usate per sensibilizzare una guida responsabile. Senza le fotografie di Abu Ghraib, dopo secoli e secoli, penseremmo che le potenze occidentali abbiano abbandonato la tortura come strumento di guerra. Senza contare le varie e svariate esecuzioni dell'ISIS o le sue demolizioni archeologiche. Si potrebbero citare anche le campagne di Stop AIDS, ma in questo caso qualcuno che si lamenta c'è sempre… 

Invece taluni hanno giudicato la pubblicazione delle foto dei bambini morti addirittura come un atto indecente. E cosa ci sia di indecente nel mostrare un pezzetto di verità, un punto di vista di quel che accade per davvero, proprio non si capisce. Non esistono vette più alte di buonismo e di moralismo di quelle raggiunte da coloro che protestano e si indignano per quelle fotografie. Il difetto sta nel pudore retorico e felpato di chi si agita, non già in chi lo sfida, lo stropiccia, lo provoca, spalancando le chiuse della diga a un'infinita e grottesca cascata di escusatio non petita. Del resto il moralista in estrema sintesi è colui che rifiuta di essere scandalizzato: non approfitta di questo piacere.

Il tema dell'immigrazione ha una peculiarità: è sempre colpa di qualcun altro. Degli Stati Uniti, ovvio, dell'Unione Europea e dei suoi trattati, delle leggi dei singoli Paesi, delle multinazionali e dei fabbricanti di armi, di chi sbarca e poi uccide, ruba e spaccia. (Ma poi, ipoteticamente, chi trovandosi facci a faccia in mare con un presunto, potenziale o sicuro spacciatore, stupratore, assassino, lo lascerebbe affogare? Noi non siamo quelli dei processi giusti e contro la pena di morte?) 
Mai nessuno che alzi il ditino per dire ad alta voce quella che è una verità indiscutibile: per poter godere del mio benessere altri devono crepare di fame, di sete e di malattie. 

Perché non si riesce a fare i conti una volta e per tutte con questa gigantesca ipocrisia e con il naturale, istintivo e umanissimo egoismo che l'alimenta? Francamente a questo punto è molto meglio uno che ammette di non voler rinunciare ai confort della vita occidentale (e quel qualcuno è la stragrande maggioranza di noi che non mollerebbe neanche un iPad se gli garantissero di salvare un bambino africano), piuttosto che chi si trincera dietro la sua candida e vellutata coscienza - molto civile, sociale, liberale, cristiana, socialista e anche un po' fighetta- riempiendosi la bocca di ritornelli come "non possiamo accogliere tutti" (perché, se potessimo saremmo ben disposti?) o "dobbiamo aiutarli a casa loro" (chi è pronto a rinunciare alla settimana bianca o alla pizza settimanale per questo scopo?), o ancora "spalanchiamo le porte: multiculturalità o morte!" (con i soldi degli altri però: "è il potere dei più buoni…"). 

Insomma, guardiamo negli occhi quei bambini nei loro sguardi senza vita e diciamo loro la verità per una volta: vi dimenticheremo in men che non si dica, il tempo che inizi il prossimo programma alla TV o al secondo giro di aperitivo. Non siamo fratelli e neppure cugini. I morti non sono tutti uguali e la vostra morte provocherà in noi un dolore pari a quella di una puntura di zanzare. Più che un dolore, un  fastidio.   

Possiamo arrampicarci sugli specchi finché vogliamo cercando le più succulente scuse per non sentirci singolarmente responsabili, alcuni più e alcuni meno, di chi muore anche a causa nostra. Ma lo siamo. E la fortuna di essere nati altrove, di delegare alla politica questi impicci o di pagar le tasse, non saranno mai sufficienti a camuffare la realtà: siamo esseri umani e degli altri essere umani (esclusi amici e parenti, in qualche caso...) non ce ne frega nulla. "E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà", cantava il generoso De Andrè. E non c'è coscienza individuale o collettiva che tenga.

Resta connesso con Liberatv.ch: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
Tags
verità
bambini
foto
dolore
occhi
morte
men
immigrazione
coscienza
immagini
News e approfondimenti Ticino
© 2024 , All rights reserved