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Cronaca
30.09.2015 - 14:000
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Anche in Ticino prende piede il Funeral Green: ecco le urne da cui si può far nascere una pianta e le bare ecologiche

Emiliano Delmenico del Centro Funerario di Lugano: "Il cambiamento ora si vede già a partire dagli stessi produttori di bare: molti si stanno riorientando verso una maggiore sensibilità e rispetto nei confronti della materia prima, il legname”

LUGANO – Il funerale è un momento importante, catartico per chi lasciamo. C’è chi lo predispone prima, chi preferisce non pensarci, chi tiene alla tradizione e al rito e chi vuole che rispecchi la propria vita. Ed è in questo che le cose stanno cambiando. Andandocene infatti, l’impatto che possiamo avere è forte: non solo nel senso più spirituale ed emotivo, ma anche in quello più prettamente concreto. Le esequie, fin dalla produzione della stessa bara, hanno infatti conseguenze sulla natura, la coscienza ecologica dei singoli è quindi arrivata a riguardare anche quest’ultimo capitolo della propria vita con i funerali green, ecologici, che stanno prendendo sempre più piede nel mondo.

Da questa primavera, ad offrire il servizio in Ticino, è il Centro Funerario di Lugano. “Per alcuni – commenta il direttore Emiliano Delmenico – è l’ultimo dei pensieri e parrà forse un’esagerazione. Ma si tratta, per noi, di presentare un’alternativa: siamo quelli chiamati dalle famiglie, in questo momento per loro così delicato, a fornire le nostre prestazioni e ci sembra corretto poter proporre soluzioni che rispondano alle sensibilità di tutti”.

L’idea, spiega ancora Delmenico, nasce da due aspetti: da un lato, nelle persone c’è un’attenzione sempre maggiore verso l’ambiente e il suo rispetto. Dall’altro, questa sensibilità ecologica si rispecchia anche negli operatori delle onoranze funebri. “Fino a poco tempo fa il nostro settore si era forse posto poco il problema delle conseguenze, per la natura, di quanto ruota attorno alla morte. Il cambiamento ora si vede già a partire dagli stessi produttori di bare: molti si stanno riorientando verso una maggiore sensibilità e rispetto nei confronti della materia prima, il legname”. Si esce quindi dai canoni, si usano nuovi materiali, per alcuni forse insoliti come il bamboe, il pandanus o il banano. Piante, insomma, che hanno un ciclo di vita e rinascita molto più breve rispetto al consueto larice o noce. La classica bara in legno, infatti, ha una produzione di tipo industriale, con le conseguenze ambientali che comporta, e utilizza legni ottenuti in svariate parti del mondo con metodi di forte impatto.

La particolarità della bara ‘green’ è il suo essere interamente, dalla cassa all’imbottitura fino alle giunture, 100% naturale e biodegradabile. “L’aspetto interessante è la sensazione data da questi materiali. Per la prima volta ho sentito dei clienti in lutto definire una bara bella. È una cosa che trovo straordinaria e mi ha colpito molto”. I cofani si presentano infatti quasi come delle ceste intrecciate. “Per alcuni restano fuori luogo, ma ad altri danno quasi un senso di serenità e di calore: il tipo di materiale e come sono realizzate le rendono meno pesanti, il loro impatto è più leggero rispetto alla bara tradizionale, che può risultare più cupa e austera”.

L’aspetto green, spiega, si è sviluppato inizialmente soprattutto nelle urne funerarie, per questo sono molte le aziende che le producono e ne esistono ora dei più disparati tipi che realizzano il desiderio, sempre più diffuso, di far tornare le proprie ceneri nell’ambiente tramite qualcosa che la natura non faccia fatica a smaltire. E ne esistono dei più disparati tipi. “Abbiamo un’urna da cui si può far nascere una pianta dalle proprie ceneri. Al suo interno possono esser messi dei semi, l’urna viene poi completamente assorbita dal terreno in cui germoglieranno ed ecco che da lì, simbolicamente, vi è una rinascita”.

“Non si tratta qui di giudicare o sostenere che il rito canonico sia negativo – sottolinea Delmenico –. Tutt’altro: la classica bara in legno va ancora per la maggiore. Quello che noi ci siamo riproposti di fare è presentare, come detto, un’alternativa. Si tratta di ascoltare questa diversa sensibilità che porta sempre più persone a valutare l’impatto delle proprie scelte, dando a tutti la possibilità di seguire i propri principi anche di fronte alla morte”.

Possibilità che non è viziata dall’aspetto economico: “La produzione ‘green’ non è certamente sinonimo di cheap. Produrre qualcosa di nicchia, senza meccanizzazione, impiegando degnamente artigiani locali, ha i suoi costi. Ma siamo riusciti a mantenere le cifre in linea con quelle del funerale tradizionale di modo che la scelta possa avvenire secondo i propri desideri, senza condizionamenti dal lato finanziario”.

Portare questa possibilità in Ticino non è stato però scontato. Se per le urne funerarie, si è detto, il discorso è leggermente diverso, per le bare, spiega Delmenico, “in Svizzera, come in Italia (ma qui rientrano anche problemi legislativi del Paese), non c’è nessun produttore di questo tipo. Sono quindi andato alla ricerca di un’azienda che fosse certificata a livello internazionale per il rispetto dell’ambiente, ma anche del lavoratore. Alcune materie prime, come il pandano o il banano, arrivano infatti dal sud est asiatico. Oltre al minor impatto per l’ambiente, per me era allora importante avere la garanzia che vi fosse rispetto anche verso il lavoratore stesso”.

Quest’azienda, con cui il Gruppo Delmenico ha un’esclusiva a livello svizzero, l’ha trovata in Inghilterra. Proprio uno di quei paesi, insieme agli States, dove, da parte delle persone e dello stesso stato, è forte l’attenzione all’impatto che si può avere nel momento della nostra morte sull’ambiente a causa delle scelte dei materiali o del tipo di sepoltura. “Alcuni paesi vietano, ad esempio, l’utilizzo di bare con vernici non ad acqua. In certi stati dell’America – racconta ancora Delmenico – stanno valutando se non sia il caso di fare in modo che i corpi vengano seppelliti esclusivamente in bare di tipo ecologico. Oppure, sempre negli States, dove la tanatoprassi è molto diffusa, stanno studiando come produrre liquidi meno inquinanti per questo trattamento conservativo dei corpi. Sono tutte varie strade che testimoniano la ricerca di rendere il nostro ritorno alla terra il meno impattante possibile per la natura”.

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