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Cronaca
25.11.2015 - 15:580
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

UNIA replica alla DISTI: "L'apertura prolungata dei negozi non porterà nuovi posti di lavoro. Anzi: renderà più precari quelli esistenti”

Intervista al sindacalista Giangiorgio Gargantini: "Non riteniamo corretto il collegamento tra i 190 posti di lavoro che secondo la DISTI sono stati persi quest’anno nella grande distribuzione e il voto del prossimo 28 febbraio sugli orari dei commerci"

LUGANO – “Come UNIA non riteniamo corretto il collegamento tra i 190 posti di lavoro che secondo la DISTI sono stati persi quest’anno nella grande distribuzione e il voto del prossimo 28 febbraio, voto che tocca il prolungamento degli orari di apertura dei negozi”. Giangiorgio Gargantini, sindacalista di UNIA, chiede di poter replicare – e replica così - alla recente presa di posizione della DISTI e alle dichiarazioni rilasciate a liberatv dal presidente, Enzo Lucibello.
 
“Capisco l’accostamento – spiega -: si sta entrando in campagna perché il 28 febbraio si avvicina. Ma la nostra analisi è diversa da quella della DISTI: l’eventuale prolungamento delle aperture dei negozi non porterà alla creazione di nuovi posti di lavoro. Anzi: renderà più precari quelli esistenti”.
 
Anche se si tratta di una sola mezz’ora in più?
“Proprio il fatto che si tratti di una sola mezz’ora, conferma quel che ho detto: la misura contenuta nella nuova legge sul commercio non creerà nuovi impieghi, ma dal punto di vista dei lavoratori sarà una mezz’ora di troppo”.
 
In che senso?
“Quella tra le 18,30 e le 19 non è una mezz’ora qualunque. È un momento importante, di fine giornata, che per chi lavora nel commercio – e si tratta molto spesso di donne – limiterà ulteriormente la possibilità di passare le sere in famiglia”.
 
Ma sareste disposti a rinunciare alla battaglia se il settore del commercio applicasse un contratto collettivo?
“Un contratto collettivo ci vuole, ma non si negoziano i contratti con peggioramenti certi delle condizioni di lavoro. Faccio l’esempio di Ginevra, dove si è ‘barattato’ il contratto collettivo con aperture più flessibili. Due anni dopo il padronato ha denunciato il contratto. Ma gli orari sono rimasti flessibili. Questo è il rischio”.
 
Sull’altro piatto della bilancia c’è però il mutamento delle abitudini sociali, e ci sono gli interessi dei clienti, spesso costretti a correre a far spesa dopo il lavoro. Mezz’ora in più, in questo senso, sarebbe importante. E altri cantoni hanno già introdotto una maggiore flessibilità…
 “È vero che in altre regioni svizzere c’è maggiore flessibilità sugli orari di apertura. Ma noi come sindacati ci siamo sempreopposti, soprattutto ai modelli degli shop annessi alle stazioni di servizio, ai negozi nelle stazioni ferroviarie o negli aeroporti. E aggiungo che a livello nazionale sulle ultime 14 proposte di aumentare gli orari di apertura, ben 13 sono state respinte in votazione popolare”.
 
La vostra è un’opposizione ideologica?
“Non direi. Per noi è anche una battaglia sociale: quella contro la società del ‘tutto lavoro’ e delle 24 ore su 24. Ci sono evidentemente servizi indispensabili alla popolazione, nei quali i lavoratori devono essere disponibili per turni di 365 giorni all’anno e giorno e notte. Poi ci sono quelli non indispensabili, tra i quali rientra il commercio, che devono limitare la loro offerta, preservando un giusto equilibrio tra vita lavorativa e famigliare”.
 
Però a Lugano, città di confine, molti supermercati possono già aprire fino alle 19. Quindi?
“Certo, essendo ‘comune di confine’ Lugano e i suoi quartieri sono già in questa situazione, ma per i dipendenti le condizioni sono peggiorate. Non vedo perché si debba estendere il peggioramento all’intero cantone. Mezz’ora in più significa orari spezzati, perché si vede gestire il tempo prolungato con lo stesso personale”.
 
La DISTI parla anche del problema del ‘turismo degli acquisti’, che il rafforzamento del franco rispetto all’euro ha incrementato. Un pizzico di flessibilità in più sarebbe una boccata d’ossigeno.
“Secondo lei mezz’ora in più di apertura alla sera eviterebbe che la gente vada a far spesa in Italia? Pensa che ci siano ticinesi che vanno oltre confine alle sei e mezza di sera, con il traffico che c’è a quell’ora? La risposta per combattere il turismo degli acquisti è l’aumento del potere d’acquisto della popolazione residente. Mi rendo conto che non è una soluzione evidente da applicare, e che non è nemmeno responsabilità unica della DISTI”.
 
Anche perché la grande distribuzione vanta già salari e condizioni  contrattuali di buon livello. Il problemi si riscontrano semmai nei supermercati “discount”…
“Sì, è un dato di fatto che i gruppi più importanti della grande distribuzione garantiscono buone condizioni ai lavoratori. La questione dei discount è però un tema diverso, che merita un’analisi a parte, ma che non tocca comunque gli orari di apertura”.
 
Ma come la mettiamo con quei 190 posti di lavoro persi?
“I posti di lavoro persi ci sono anche nei piccoli commerci, e toccano non solo i lavoratori ma anche i clienti, che si vedonochiudere i loro negozi di paese o di quartiere. Le aperture prolungate vanno solo a vantaggio della grande distribuzione. Anche per questo molti piccolicommercianti si opporranno a questa misura, perché per loro significa una ulteriore perdita di competitività rispetto alla grande distribuzione”. 

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