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Quarto Potere
28.01.2016 - 10:190
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Caro Pedrazzini: qui qualcuno non la racconta giusta. Cosa è successo, davvero, con i licenziati della RSI?"

Lettera aperta al presidente della CORSI: " Ormai la bomba vi è esplosa in mano e vi è un solo modo per porre rimedio: accertare la verità, comunicarla e trarne, laddove ce ne fosse bisogno, le dovute conseguenze. Serve una verifica indipendente"

Caro Presidente Pedrazzini,

qui c'è qualcuno che racconta balle.  Che mente senza pudore danneggiando l'immagine della RSI più di cento "buchi" giornalistici o di qualsivoglia calo degli ascolti.  Lei, che è uomo scaltro e navigato di politica,  se ne è accorto e su questo punto ha messo l'accento in un'intervista rilasciata ai colleghi di Radio 3i. 

"Abbiamo voluto esprimere (lei e la vicepresidente della CORSI Biscossa nel corso di un incontro con Maurizio Canetta, ndr.) le nostre preoccupazioni sulle conseguenze che hanno queste discussioni sull’immagine della RSI, in un momento in cui l’azienda ha bisogno di forte consenso anche in ragione della discussione più ampia sul servizio pubblico".  Lei, insomma, è giustamente preoccupato che "possa essere danneggiato il rapporto fra l’azienda e i suoi collaboratori. Un rapporto che ha dato alla RSI l’immagine di un datore di lavoro sempre attento a tutti gli aspetti non solo contrattuali e giuridici ma anche di umanità verso i dipendenti". Del resto lei è perfettamente consapevole che l'ombra lunga della votazione sulla modifica del canone è ancora lì in attesa di essere in qualche modo dissipata.

Chi mente, Presidente Pedrazzini? I dipendenti licenziati che nei loro racconti hanno descritto, anche con dovizia di particolari, l'esecuzione del loro licenziamento e i sindacati che hanno scritto nero su bianco che i licenziati sono stati trattati "come delinquenti"? Oppure a non dire la verità è il direttore Maurizio Canetta che ha smentito, ripetutamente e categoricamente, quello che ormai nell'ambiente viene chiamato "il metodo", nella sua accezione più negativa. Perché le due versioni dei fatti sono inconciliabili e non possono essere tenute insieme neppure al netto di una massiccia dose di frustrazione e rabbia di chi è stato lasciato a casa, o magari di un grottesco autoritarsimo da kapò di qualche dirigente che ha eseguito gli ordini. 

Ormai la bomba vi è esplosa in mano e vi è un solo modo per porre rimedio: accertare la verità, comunicarla e trarne, laddove ce ne fosse bisogno, le dovute conseguenze. Vale a dire spiegare all'opinione pubblica, ai vostri clienti-contribuenti, che cosa è accaduto davvero.  Serve una verifica indipendente, cioè svolta da persone non coinvolte in nessun passaggio di quello che comunque si è trasformato in un brutto pasticcio. Non si sa per colpa di chi.

È vero, l'attuale composizione del panorama mediatico, con lo scontro sempre più aperto ed evidente tra il gruppo del Corriere del Ticino (Teleticino, Radio3i e Ticinonews etc)  e voi altri, ha di certo contribuito ad amplificare la vicenda. E non utilizziamo di proposito il verbo "enfatizzare" proprio perché non sappiamo come sono andate le cose. E vorremmo saperlo per formarci un giudizio compiuto. Questa però non è un'attenuante ma una colpa. Conoscere il campo di battaglia su cui competi e i tuoi avversari è un dovere: bisognava insomma agire tenendo ben presente questo fattore e le conseguenze che poteva produrre. Non diciamo che non sia stato fatto ma è sotto gli occhi di tutti che qualcosa non ha funzionato. 

Questa attenzione ambientale andava ulteriormente rafforzata a maggior ragione sapendo che si andava a marciare mettendo gli stivali nel terreno più scivoloso, pericoloso e difficile: quello dei licenziamenti nell'ambito pubblico. E lei lo sa bene essendo stato ministro, la prudenza che occorre quando bisogna far certe cose sotto i riflettori, con i fucili puntati addosso e su un campo minato. 

La RSI non ha di certo una solida esperienza in questo campo. Molti commentatori hanno scritto che i tagli che siete stati costretti a fare sono un po' come la caduta dell'ultimo muro di Berlino nel servizio pubblico. Prima di voi ci sono passati tutti gli altri enti parastatali: a cominciare dalle ex regie federali. Ma proprio per questo, perché non poteva sfuggire l'eccezionalità del momento, e di sicuro i dirigenti ci avranno rimuginato su giorni e giorni, ci si chiede come questo cortocircuito, tra gravi accuse e secche smentite, sia potuto accadere. 

Di più: come è potuto succedere che la più grande azienda di comunicazione in Ticino sia riuscita a farsi prendere a mazzate proprio sul piano della comunicazione. Lasciandosela dettare da altri e mettendosi nella condizione di continuare a rincorrere, con crescente imbarazzo e preoccupazione, lo stillicidio di articoli usciti nelle ultime ore.

A parole, spese a posteriori, son tutti bravi a fare le cose meglio. Soprattutto quelle più complesse. Non vogliamo gettare la croce addosso a nessuno. Magari è semplicemente successo l'inevitabile, anche se dubitarne non pare affatto un preconcetto. Ma proprio da questo aspetto nasce la richiesta di un chiarimenti definitivo.  

Io non conosco personalmente il direttore Maurizio Canetta ma mi sembra una brava persona. E altri che lo conoscono me lo confermano. Non ce lo vedo nel ruolo del tagliatore di teste cinico e insensibile. Come non vedo nelle stesse vesti altri colleghi con ruoli di responsabilità, che invece ho incrociato e frequentato sul marciapiede del giornalismo. 

Ma Canetta è però parso in queste ore in affanno, come spiazzato e forse addirittura sopraffatto dall'onda mediatica che ha travolto l'azienda, benché leale fino in fondo nel difendere il lavoro della sua direzione e ad assumersi, implicitamente, gli errori che forse sono stati commessi da lui e da chi gli lavora al fianco. Come deve fare un vero capo.  

Liberatv, e personalmente chi scrive, non ha nulla contro la RSI. E anzi giudichiamo pretestuose, faziose ed esagerate alcune polemiche sorte nell'ultimo anno contro il prodotto dell'informazione e dei professionisti che ci lavorano. Errori ci sono stati ma quelli li abbiamo fatti anche noi e continueremo a farli, lavorando giorno dopo giorno. Ma pensiamo, e lo scriviamo di nuovo, che l'unico modo per la radiotelevisione pubblica per uscire dall'angolo sia quello di puntare, con rinnovato coraggio e una voglia di sperimentare sconosciuta negli ultimi anni, sulle idee, sui programmi e sui professionisti di alto valore che l'azienda ha già sotto contratto in scuderia.  Oltre a quanto già di buono viene prodotto, anche se quasi mai ben comunicato.  

Ma prima bisogna rispondere a questa domanda per accertare le responsabilità, ristabilire il buon nome dell'azienda e spazzare via i dubbi: che cosa è successo, davvero, presidente Pedrazzini?

Andrea Leoni

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