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Quarto Potere
08.02.2016 - 07:400
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Bufera sulla RSI, Gigio Pedrazzini ne ha per tutti: "Giudici ha parlato tardi. Da parte mia nessun assordante silenzio. E ora da collaboratori e politici mi aspetto responsabilità"

I presidente analizza la crisi della RSI in una lunga intervista al periodico della CORSI

Il presidente della CORSI, Luigi Pedrazzini, analizza punto per punto la bufera che ha travolto la RSI. Lo fa in una lunga intervista curata da Chiara Sulmoni, redattrice del periodico della CORSI. Ecco la versione integrale dell’intervista.

1. Presidente Pedrazzini, è impressione di molti che la CORSI sia stata colta di sorpresa dalla crisi conseguente all’attuazione dei licenziamenti. Dobbiamo dedurre che la RSI e la Società cooperativa non si parlino? 
 
Il Comitato del Consiglio regionale era informato da tempo che nell’ambito del programma di risparmio 16 + - necessario per compensare le conseguenze della decisione del Tribunale Federale sull’IVA, che costerà alla SSR una quarantina di milioni l’anno – sarebbe stato necessario procedere anche a un certo numero di licenziamenti alla RSI. Ne ero ovviamente a conoscenza io stesso, perché come membro del Consiglio di Amministrazione della SSR avevo preso parte alla discussione e alla decisione sul progetto 16 +. E ne era al corrente  anche il personale,  poiché sin dall’inizio la SSR aveva messo le carte in tavola per quanto concerne i contenuti della manovra. Era infine pure informato il partner sindacale, perché con lui è stato discusso un piano sociale considerato particolarmente generoso. 
Ciò che non era noto, erano i nomi delle persone toccate dal provvedimento e nemmeno le modalità  per attuarlo; le decisioni concrete di licenziamento, infatti, come peraltro tutte le decisioni di assunzione (fatta eccezione per un numero limitatissimo di dirigenti per la cui nomina è data facoltà di designazione  al  Comitato CORSI) appartengono alla sfera “operativa” della direzione RSI, sulla quale la CORSI non ha competenza. Non vi è quindi stato confronto tra direzione aziendale e CORSI sulla decisione, molto controversa (e riconosciuta dalla direzione stessa come sbagliata), di esonerare immediatamente le collaboratrici e i collaboratori toccati dalla misura di licenziamento. Su questo aspetto, a cose fatte, ho incontrato il direttore Canetta assieme alla vicepresidente della CORSI Anna Biscossa. Assieme gli abbiamo fatto presente la nostra preoccupazione per le modalità seguite e per il clima che si stava creando all’esterno e all’interno dell’azienda. Abbiamo pure auspicato la ricerca di soluzioni con il sindacato, per ristabilire una situazione più costruttiva all’interno dell’azienda.
Non abbiamo invece reputato nostro dovere associarci pubblicamente al coro di voci critiche e a taluni propositi bellicosi, perché la CORSI, la cui missione è di sostenere il servizio pubblico nell’assolvimento dei suoi compiti e di fare da ponte con le attese del pubblico radiotelevisivo, deve a questo punto  piuttosto attivarsi  per favorire la ricostruzione di un clima di collaborazione e fiducia.
 
2. Giorgio Giudici in una recente intervista ha affermato di considerare inutile la CORSI, “un’istituzione-alibi (…) senza possibilità di guidare le sorti della RSI”. Una dichiarazione grave, da parte di chi fino allo scorso anno sedeva in Comitato. C’è una crisi di fiducia o perlomeno un senso di scoraggiamento anche al vostro interno? 

Il minimo che si possa dire è che Giorgio Giudici ha parlato con qualche anno di ritardo. A differenza della mia persona, Giudici era infatti già membro della CORSI quando nel 2009 è stata attuata la riforma delle strutture della SSR che ha limitato drasticamente il ruolo delle società regionali, revocando le precedenti possibilità di intervenire nella gestione operativa dell’azienda. Non mi risulta che Giorgio Giudici si sia battuto contro la riforma. Comunque è vero, il compito della CORSI non è quello di gestire le sorti dell'azienda RSI.  E' quindi destinato a una costante delusione e frustrazione chi volesse lavorare negli organismi della CORSI con lo scopo di scegliere  i giornalisti e di dettare loro i contenuti delle  singole trasmissioni! Non è così e così non deve essere, per il bene del servizio pubblico. 
Le società regionali, e quindi la CORSI,  hanno per contro mantenuto ed anzi aumentato  la competenza nel definire le strategie relative alle politiche dei programmi  della propria regione linguistica: discutiamo e  approviamo i concetti di programma della RSI. Esse hanno pure conservato la funzione di promozione verso l'utenza del servizio pubblico radiotelevisivo prodotto dalla SSR.  Per questo, come dicevo prima,  la CORSI deve essere messa in grado di  potersi confrontare con l’azienda su tutte le scelte che hanno un impatto importante per l’opinione pubblica. La riforma delle strutture, inoltre, ha confermato alla CORSI il compito di verifica delle emissioni diffuse dalla RSI mediante le analisi del Consiglio del pubblico (che ancora recentemente ha preso posizione su alcune trasmissioni,  interpretando il pensiero di gran parte del pubblico).
Non è il caso di parlare di "sfiducia o scoraggiamento". Dobbiamo invece e certamente ancora lavorare di più, assieme alla RSI, per dare piena attuazione alla nuove competenze degli organismi della CORSI, in particolare del Consiglio regionale e del suo Comitato. E proprio da questi momenti di difficoltà il Comitato della CORSI intende trarre spunto per una approfondita discussione con la direzione della RSI, su come attuare una migliore e più costruttiva collaborazione, a soddisfazione reciproca. Il nostro Comitato è preparato ad accettare il ruolo di “bersaglio” delle critiche che gli vengono rivolte per decisioni adottate dall’azienda. Deve però essere messo nella condizione di conoscere in anticipo queste decisioni, che hanno un forte impatto sull’opinione pubblica, e deve poter esprimere la sua posizione, altrimenti si ritrova nelle condizioni del pugile che combatte con le mani legate dietro la schiena! 
 
3. Lei si è detto più volte preoccupato per il danno d’immagine seguito ai controversi licenziamenti di gennaio. Un danno che tocca la radiotelevisione ma anche la CORSI. Come ricucire lo strappo ma soprattutto ristabilire la fiducia, sia all’interno (con i collaboratori) che fuori l’azienda (con la società civile)?

Lo strappo, come lo chiama Lei, non sarà facile da ricucire, ma sono fiducioso. L'immagine dell'azienda è composta anche dall'insieme delle persone che per essa lavorano e che ne costruiscono la forza: quindi la soppressione di impieghi, anche se necessaria, è comunque sempre un atto che incide su questa forza, oltre che sul futuro delle persone toccate dal provvedimento.
La mia impressione è che questa recente vicenda ha reso visibili disagi che covavano da tempo, ha portato alla luce dissensi interni e esterni all’azienda che già esistevano anche se non si erano manifestati chiaramente.
Per eliminare disagi interni diventati evidenti in queste ultime due settimane, ma preesistenti, la palla è nel campo della direzione che dovrà adoperarsi per capire e agire di conseguenza, cercando un concreto e costruttivo dialogo con i quadri e con il personale. Dalle collaboratrici e dai collaboratori è però altrettanto lecito attendersi un comportamento responsabile nell’esercizio della critica, per evitare un danno all’azienda che alla fine sarebbero ancora loro a pagare. Nella mia vita ho attraversato parecchie situazioni difficili e ho imparato che le crisi devono servire per ritrovare fiducia e motivazione e questo è possibile quando tutte le persone coinvolte le affrontano con la necessaria umiltà e la consapevolezza di avere obiettivi comuni da perseguire!
Per quanto concerne lo strappo esterno, l’enfatizzazione mediatica della situazione dimostra chiaramente che c’è molta “Schadensfreude” da parte degli avversari della RSI. Detto in altri termini, la bufera che ha investito l’azienda non vive soltanto grazie agli errori commessi, ma per effetto dello sfruttamento di questi errori. E allora io mi permetto comunque di fare un appello al mondo politico di voler recuperare un maggior senso di responsabilità nei confronti della RSI. Ci si renda finalmente conto che pur con tutte le riserve possibili (ma fino che punto veramente giustificate ?) la RSI rimane un baluardo fondamentale per la salvaguardia della nostra identità e della nostra italianità in Svizzera. Quello del servizio pubblico radiotelevisivo SSR è l’ultimo ambito dove ancora gioca la solidarietà confederale e noi non vogliamo offrire pretesti per smantellarla. 
Anche per questo ho scelto un profilo basso quando mi sono espresso sulle vicende in corso; non è, come ha scritto La Regione, assordante silenzio, ma una consapevole intenzione di non buttare ulteriore benzina sul fuoco. Evitare di parlare non significa stare alla finestra in attesa degli eventi, ma semplicemente preferire il ragionamento e il dialogo al confronto urlato fine a sé stesso.

4. Ultimamente si è spesso sottolineato come la RSI sia vittima di attacchi strumentali e politici in vista anche della votazione ‘No-Billag’ sull’abolizione del canone radiotv. Cosa risponde a chi dubita della necessità di un servizio pubblico, e a chi ritiene che l’offerta RSI non sempre risponda alle aspettative come nel caso, per esempio, della mancata copertura di attentati terroristici (critiche espresse anche dal Consiglio del pubblico)?

In parte ho già risposto in precedenza, in modo particolare per quanto concerne il senso di responsabilità che deve caratterizzare il comportamento dei collaboratori dell’azienda, ma anche quello del mondo politico (che senza nessuna eccezione beneficia in larga misura dell’esistenza della RSI, come ben dimostra il numero straordinario di interviste concesse ai Consiglieri di Stato, presidenti e capi gruppo, deputati, sindaci, municipali di tutti i partiti !). 
Anche la RSI deve però essere più attenta nello svolgimento dei compiti legati al suo mandato. La mancata copertura degli attentati di Parigi ha provocato un grave danno al ruolo informativo della RSI, ruolo da sempre considerato essenziale nel servizio reso dall’azienda al Paese. Episodi di questo genere non devono ripetersi e il Comitato della CORSI intende occuparsene, per esaminare concretamente la possibilità di un rafforzamento della fascia informativa in seconda serata.
 
5. Pensa che la CORSI possa impegnarsi maggiormente per fare risaltare l’importante lavoro giornalistico di molti professionisti dell’informazione, della cultura e dell’intrattenimento, dello sport e via dicendo, che lavorano alla RSI, che credono nell’azienda e amano il proprio lavoro? 
 
Sì, lo deve fare, anche se non è un compito facile. Già negli anni recenti la CORSI ha promosso una serie di manifestazioni volte a valorizzare il giornalismo serio, documentato. L’impatto sul pubblico delle serate non è sempre stato all’altezza delle nostre aspettative. Anche nel giornalismo come nella politica c’è voglia di fare spettacolo (tant’è che la politica premiata dai media è sempre più quella frizzante, briosa, fatta di slogan e frasi forti…). Ma anche per questo io penso sia importante confermare la presenza di un servizio pubblico efficace nell’ambito radiotelevisivo, e perciò il servizio pubblico deve dimostrarsi attento a tenere alto il livello di qualità della sua offerta !
 
6.  Ritiene che nella nostra realtà ticinese, il buon giornalismo possa prevalere sugli attacchi e sugli interessi politici? 
 
Se è buon giornalismo deve sforzarsi di non lasciarsi condizionare dagli attacchi politici. Ma anche in questo caso non è facile:  chi costantemente tiene sotto pressione la RSI, lo fa anche con l’evidente intento di condizionare il lavoro dei giornalisti. È così da quando mondo è mondo e la cosa non mi scandalizza. Il problema è però che nel passato i giornalisti del servizio pubblico sapevano di poter comunque contare su un forte consenso attorno alla RSI, ciò che costituiva una sorta di ombrello protettivo contro tentativi d’influenzarne il lavoro. Oggi questo ombrello è diventato molto più fragile, per errori dell’azienda sicuramente, per manchevolezze di chi, come la CORSI,  la deve sostenere,  ma anche perché  si sta perdendo la consapevolezza di quanto sia importante disporre di un’azienda come la RSI per la Svizzera italiana. Vogliamo riflettere su questo aspetto o vogliamo lasciare l’azienda sola a difendersi contro le cannonate di una parte del mondo politico ?
  
7.  La CORSI stessa viene accusata di essere un organismo fortemente politicizzato. Non si può negare l’appeal che sembra esercitare sui partiti. Perché la CORSI interessa tanto i politici e soprattutto, è possibile e auspicabile cambiare le cose? 

È vero: tutti i membri del Comitato della CORSI sono più o meno dichiaratamente vicini a un partito politico. Lo stesso vale per tutti i membri del Consiglio regionale e del Consiglio del pubblico. Lo stesso vale per tutti gli organismi che gestiscono gli enti pubblici o parapubblici. È un delitto appartenere a un partito? No, e ne ho un po’ abbastanza di questa storia che sono stato eletto nella CORSI per occupare una poltrona partitica. Chiedo che il mio lavoro, così come quello dei miei colleghi, venga giudicato in base ai risultati, non ai pregiudizi. Ci sono ancora per fortuna persone che pur manifestando apertamente la loro provenienza partitica, sanno operare in modo indipendente, cercano seriamente e responsabilmente di fare l’interesse del gremio nel quale lavorano. 
Così è per quanto mi concerne nella CORSI e sfido chiunque a indicarmi un solo esempio di comportamento dove ho privilegiato la mia appartenenza partitica (e non per caso ho deciso, quando sono diventato presidente della CORSI, di rinunciare a ogni carica nel mio partito). Così è anche per i miei colleghi nel CCR: si cerca di lavorare per il bene del servizio pubblico e per la realizzazione dei compiti assegnatici dalla SSR e dalla nostra Società cooperativa, non per far prevalere una propria preferenza partitica. Le competenze attuali della CORSI non hanno peraltro grande attrattività per un partito politico, soprattutto se la sua preoccupazione principale fosse quella di dettare all’azienda le nomine e i contenuti dei programmi. La Lega mi rimprovera oggi di aver giudicato “non importante” l’uscita dei suoi rappresentanti dalla CORSI. Non ricordo se ho usato effettivamente quell’espressione, ma posso oggi confermare che per i compiti attuali della CORSI non è importante l’appartenenza "in quota" partitica dei membri dei diversi organismi, ma lo è  sicuramente  il leale contributo che ognuno può dare alle discussioni e alle scelte della Società cooperativa.
 
8.  Quali sono i temi sui quali ritiene che la CORSI debba concentrarsi nei prossimi mesi, per mantenere la fiducia dei propri soci, dei collaboratori RSI, della Svizzera italiana e di Berna? 

Deve partecipare attivamente al dibattito sul futuro del servizio pubblico, deve moltiplicare gli incontri con il pubblico e riportarne i contenuti nelle sue discussioni sui concetti di programma con la direzione della RSI, deve promuovere un dialogo costante con la società e le sue componenti (politiche, economiche, sociali, sindacali, culturali, ecc.) per spiegare i problemi con i quali è confrontato il servizio pubblico radiotelevisivo e per aiutarlo a affrontare le molteplici sfide con le quali è confrontato. 
Penso in definitiva che vi sia ancora poca consapevolezza, nell’opinione pubblica ma anche in parte all’interno della RSI, delle sfide che dovrà affrontare l’azienda nei prossimi anni: sul piano politico dove vi è una richiesta sempre più pressante di ridefinire il mandato pubblico, sul piano finanziario (per gli effetti della concorrenza e delle scelte della politica che riducono le risorse alla SSR col rischio di una rimessa in discussione della chiave di riparto) sul piano tecnologico che impone all’azienda non solo onerosi investimenti ma anche la necessità di ridefinire le modalità di lavoro e le vie per raggiungere il pubblico.
Tutti coloro che vogliono bene alla RSI, dipendenti e utenti possono soltanto auspicare che si trovino in fretta soluzioni per ripristinare un clima di fiducia interno e esterno. In questa direzione intende operare la CORSI!

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