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Politica e Potere
03.05.2016 - 10:520
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

L'UDC: per fermare i migranti, filo spinato ai confini. Ok, non è che ci sfugge il problema del fallimento europeo. Ma il prossimo passo saranno cari armati e cecchini?

Riflessioni sulla proposta del consigliere nazionale Glaner e i ricordi d'infanzia alla frontiera jugoslava, dove chi varcava la rete finiva ammazzato

di Marco Bazzi

Proteggere i confini “verdi” con filo spinato. È la proposta shock del consigliere nazionale Andreas Glarner, il nuovo specialista in politica d'asilo per l'Unione democratica di centro. Glaner prevede "un'invasione di rifugiati" in Svizzera nei prossimi mesi e invita i comuni a non accettare più alcun richiedente asilo.
I confini francesi sono chiusi, quelli austriaci pure e la via balcanica è bloccata. L'unico percorso praticabile per i migranti è dunque attraverso l'Italia, che però non è un Paese nel quale, per ovvie ragioni, intendono fermarsi. Quindi, arriveranno in Svizzera. O ci passeranno attraverso.
Glaner ha illustrato le sue strategie in un’intervista pubblicata oggi dal Tages-Anzeiger e dal Bund. Secondo lui i comuni dovrebbero prendere esempio da Oberwil-Lieli, il villaggio argoviese dove il sindaco e gli abitanti hanno preferito pagare una tassa piuttosto che accogliere dei rifugiati. Fintanto che i comuni li accettano, Berna continuerà a lasciare venire nella Confederazione gente di ogni genere, sostiene Glarner.
L'UDC, precisa, non vuole una chiusura dei confini che porterebbe al collasso economico, ma solo della “frontiera verde”. Propone però un controllo sistematico delle dogane. Un segnale che a suo avviso contribuirebbe a contenere l’immigrazione. 
Non è tutto: secondo Glaner nessuna domanda d'asilo in Svizzera è giustificata: solo i siriani, che rappresentano il 12% dei profughi, sono davvero minacciati. Anche se non avrebbero nemmeno loro il diritto all’asilo "poiché giungono da noi attraverso Paesi terzi considerati sicuri".

Le proposte del consigliere nazionale UDC, che sicuramente una gran parte dei ticinesi condivideranno, sono il riflesso e l’espressione di una politica disastrosa e fallimentare da parte dell’Unione Europea sul fronte migratorio. L’ennesima dimostrazione che la “Casa Europea” fa acqua da tutte le parti. Ma sono anche, purtroppo, la dimostrazione che, di fronte alle grandi crisi – e quella dei migranti è una di quelle – ogni Nazione finisce per pensare per sé.  Si salvi chi può, insomma.

Diciamo una cosa scontata affermando che i flussi migratori bisognava fermarli prima che si mettessero in moto. E sappiamo che comunque non sarebbe stato facile farlo in un Medioriente dilaniato e diviso, dove non si sa più chi comanda.
È chiaro che la proposta del filo spinato fa effetto. Ma di fatto, Glaner propone di ripristinare e di rafforzare la “ramina” che già protegge buona parte della “frontiera verde”. Mettendoci sopra o davanti delle reti spinate. Ma il prossimo passo quale sarà? Piazzare dei cecchini nei punti deboli del confine? O portare in Ticino i carri armati, come paventava il governatore lombardo Roberto Maroni?

Consapevole che il problema per il nostro Paese quest’estate si porrà, e che il Ticino ne pagherà probabilmente le maggiori conseguenze in termini di caos, questa storia del filo spinato non mi fa venire in mente il carcere o le truci immagini dei campi di concentramento. Mi fa venire in mente ricordi di bambino, quando sul Carso Triestino, a pochi chilometri dall’antico porto dell’Impero Asburgico, vedevo i reticolati spinati lungo il confine con l’allora Jugoslavia del maresciallo Tito, presidiati di tanto in tanto da soldati armati. E mia madre mi diceva: quelli che tentano di passare li uccidono. Ed era proprio così.
Allora il filo spinato e i cecchini servivano a impedire che la gente, affamata e stanca del regime, tentasse la fuga. Oggi è il contrario. Ma arriveremo al punto di sparare?

 

 

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