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03.05.2016 - 14:310
Aggiornamento: 13.07.2018 - 15:11

Non trasformiamo la favola del Leicester in una banale lezione da imparare. I sogni sono fatti per non essere realizzati

I miracoli, per loro stessa natura, non sono replicabili. Sono eventi impossibili che semplicemente accadono. Inutile cercarci una spiegazione razionale, una morale o ammantarli, soffocandoli, di retorica stucchevole

di Andrea Leoni

La favola del Leicester non può essere di esempio per nessuno. E non è una storia da cui poter attingere insegnamenti. Questo è il bello. Proprio perché i miracoli, per loro stessa natura, non sono replicabili. Sono eventi impossibili che semplicemente accadono. Inutile cercarci una spiegazione razionale, una morale o ammantarli, soffocandoli, di retorica stucchevole.

Inutile coltivare speranze e illusioni credendo sia  possibile raggiungere l'orizzonte ideale per la propria squadra del cuore o addirittura per la propria esistenza. Al contrario di ciò che saggiamente suggeriva Eduardo Galeano: l'orizzonte non è il traguardo ma ciò che ti serve a camminare. 

I sogni sono sogni proprio perché non si posso spiegare o realizzare. Altrimenti diventano desideri, aspirazioni, opzioni che, seppur lontanamente, si collocano nel possibile. Sono fatti per essere inseguiti e non acchiappati. Chi vuole realizzare un sogno  vuole smettere di sognare. Anche se non se ne accorge o non lo sa.

E seppure, talvolta, un sogno come quello del Leicester trova forma e consistenza nella realtà, quindi si realizza, ebbene questo si pone al di fuori del merito o per meglio dire di ciò che si può umanamente condizionare. È semplicemente il caso. Quello che fa vincere alla lotteria o quello che fa cadere un aereo, per rimanere nell'onirico, sezione incubi. Ed è diverso dalla fortuna e dalla sfortuna, banalizzazione popolare del concetto. 

Questo non toglie nulla ai ragazzi di Claudio Ranieri che sul campo si sono conquistati punto su punto la vittoria. Sono leggende in piena attività. È come se un autore contemporaneo diventasse inaspettatamente e immediatamente un classico. Hanno passato il confine dell'immortalità di questo gioco che è il calcio. Fra cento anni si parlerà ancora di loro e di ciò che hanno fatto. E lo si farà in una maniera diversa, più viva, rispetto al Nottingham Forest, che alla fine degli anni 70', dopo aver scalato la B, vinse 1 campionato e 2 Coppe dei Campioni. Perché allora non c'erano la pay tv e Internet, che ci hanno fatto seguire le imprese del Leicester come fossero i nostri vicini di casa. E perché allora la Premier League non era il campionato più importante del Mondo e le squadre di quella competizione non erano controllate, come accade oggi, dai magnati delle materie prime.  

Ogni epoca calcistica e storica ha la sua leggenda epica da consegnare alle generazioni future. Da Davide contro Golia a Robin Hood, dal Maracanazo al Leicester. E a tutti noi piace quando il più debole, lo sconfitto, riesce ad avere la meglio sul più forte. Perché ci serve mettere in un ripostiglio dell'inconscio questa speranza. Credere che se è toccato a loro, chissà, un giorno potrebbe toccare anche a noi. "Impossible is nothing", come dice la famosa pubblicità ampiamente citata in queste ore. Ma è per l'appunto uno spot che serve a convincerci a comprare delle scarpe. 

Non succederà. Non bisogna crederci. Non si può trovare consolazione in una favola perché la funzione delle favole è un'altra. La storia, la cronaca, il calcio e la vita quotidiana sono diverse. A vincere saranno sempre i più forti e i più ricchi, che non sono per forza nella stessa categoria ma spesso coincidono. E il fatto che si comincia 11 contro 11, sullo stesso campo, con lo stesso pallone e a reti inviolate, è solo una variabile, neppure la più importante, necessaria per costruire un'ipotesi di magia e tenerci incollati lì. Ma il trucco c'è e si vede.

Solo attraverso questa piena consapevolezza si può davvero assoporare l'impresa del Leicester. Pensare che è successo, mentre noi ne eravamo pienamente consapevoli e partecipi, e non succedere mai più. Mai più. Per poi meravigliarci, se ne avremo la fortuna di viverlo ancora, la prossima volta che inspiegabilmente accadrà. Godiamoci questa emozione che, come una cometa arriva dritta dall'ignoto delle viscere del calcio, senza farci domande, senza fare paragoni, senza pensare di emularla. Seguiamone la scia senza volerla afferrare ma solo per inseguire un altro sogno. Come farebbe un bambino.

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