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16.05.2016 - 15:270
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Cda pubblici e para-pubblici: ci vogliono regole e trasparenza. Non devono essere premi di fedeltà o sistemi di finanziamento occulto dei partiti. Locarno ha dato l'esempio

A Locarno i delegati rimborsano le remunerazioni al Comune, a parte i gettoni di presenza. E si pubblichi la lista di quanto valgono i singoli Consigli di amministrazione

di Marco Bazzi

I consigli di amministrazione delle aziende e degli enti pubblici e para-pubblici (comunali e cantonali) sono una delle più grandi nebulose della politica ticinese. È senza dubbio, questo, uno dei settori dove la trasparenza è totalmente assente. E non va bene, perché dietro ai Cda c’è un gran giro di soldi. Pubblici, ovviamente.

I consiglieri di amministrazione percepiscono infatti una remunerazione che va da alcune migliaia ad alcune decine di migliaia di franchi all’anno. Ovviamente, i ‘Cda’ più ricchi sono anche i più ambiti. Le remunerazioni si suddividono solitamente in un forfait annuo e in indennità di seduta, o gettoni di presenza. 

I consigli di amministrazione sono da sempre uno dei grandi terreni di caccia dei partiti, e i posti vengono ripartiti con il Manuale Cencelli alla mano. Anzi, sono delle vere e proprie riserve di caccia: vengono infatti attribuiti (o meglio distribuiti) più per meriti politici che per ragioni di competenza. E quando ci sono i rinnovi, si assiste a una sorta di mercato dei tappeti. Il fatto che le nomine vengano formalmente decise da un consiglio comunale piuttosto che dal Consiglio di Stato è una foglia di fico, e lo sappiamo…

Ecco perché la sfida lanciata un paio di anni fa da Rocco Cattaneo – “fuori i politici dai consigli di amministrazione pubblici” – è una di quelle che sarà molto difficile vincere.

Ma la cosa peggiore è che i consigli di amministrazione si sono trasformati (oltre che in premi di fedeltà ai militanti) in un sistema di finanziamento occulto dei partiti, che pretendono dai loro delegati un ristorno finanziario. Come potremmo chiamarla? “Commissione”? “Retrocessione”? O addirittura “tangente”? In senso lato e provocatorio, ovviamente.

E c’è da chiedersi se questa prassi sia legale. Nel senso: un partito può legittimamente pretendere in cambio della nomina un rimborso di una quota pagata da un ente pubblico a un delegato che rappresenta un comune o il Cantone?

Le percentuali variano da partito a partito e non è chiaro (proprio a causa della mancanza di trasparenza) se questa prassi sia applicata in modo generalizzato.

In realtà, gli “amministratori” degli enti pubblici e para-pubblici dovrebbero rappresentare il Comune o il Cantone e fare i gli interessi della collettività. Punto e basta. Non usare i Cda come fonti di reddito supplementare. E nemmeno i partiti dovrebbero usare i Cda per far cassa.

La Città di Locarno ha dottato da alcuni anni un regolamento molto chiaro, che spazza via ogni forma di arbitrio e di malvezzo. Un regolamento esemplare, che dovrebbe essere esteso obbligatoriamente a tutti i comuni e anche al Cantone.

Il regolamento di Locarno stabilisce che “ogni rappresentante del Comune riversa allo stesso le indennità riconosciute dai soggetti esterni”.

Non sono ovviamente da riversare “le indennità percepite nel caso in cui non sussiste un diritto del Comune di ottenere un proprio membro nel consiglio di amministrazione o nel consiglio direttivo del soggetto esterno”.

Ai rappresentanti del Comune è corrisposta per contro un’indennità per ogni seduta a cui partecipano, che tiene conto dell’impegno e del lavoro richiesto per l’assolvimento del mandato”.

Il regolamento stabilisce anche quando spetta ai rappresentanti del Comune nei singoli consigli di amministrazione: si va dai 360 franchi a seduta per i membri dei Cda dell’Ente turistico, della Società elettrica sopracenerina e del Centro balneare (se il delegato del Comune ha il ruolo di presidente il gettone sale a 500 franchi) ai 260 franchi per chi siede nel Consiglio delle FART, fino ai 230 per chi rappresenta il Comune nella società che gestisce gli impianti di Cardada…

Tutto il resto, e sono decine e decine di migliaia di franchi all’anno, torna nelle casse del Comune. Com’è giusto che sia. Se il sistema funziona a Locarno, e nessuno protesta, non si vede perché non possa funzionare in altri comuni o a livello cantonale.
Provate a pensare quante centinaia di migliaia di franchi potrebbero tornare nelle casse pubbliche ogni anno invece di restare nelle tasche dei delegati o di finire in parte nei conti dei partiti…

Certo, qualcuno ribatterà che partecipare ai consigli di amministrazione richiede tempo, impegno, preparazione, e comporta delle responsabilità che vanno remunerate… Ne siamo davvero sicuri? Magari vale per alcuni Cda pubblici o para-pubblici ma di sicuro non per la maggior parte. Tanto più che si tratta di aziende che possono contare, in caso di dissesto, sulla garanzia dello Stato.

Vedremo se qualcosa si muoverà nel senso che auspichiamo. Ma un primo passo, da parte di tutti i comuni e del Cantone, deve essere inderogabile: pubblicare le remunerazioni percepite dai consiglieri di amministrazione di tutte le loro controllate o partecipate, siano enti o società. Va fatto in nome della trasparenza. Poi, se proprio si vuole, quando si varano i piani di risparmio, e si chiedono sacrifici ai cittadini, un bel gesto sarebbe quello di ritoccare al ribasso anche le indennità dei consiglieri di amministrazione.

 

 

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