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26.05.2016 - 09:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"In BSI non hanno voluto ammazzare la gallina dalle uova d'oro. Ma non era facile farlo. Questione di avidità e di mercato". Parola di Pierre Rusconi

Bombastica intervista all'ex Consigliere Nazionale: "Al Ticino applicata la legge di Mao: punirne 1 per educarne 100. La FINMA infarcita di professori dalle belle teorie ma dalla poca pratica. E ora temo lo sciacallaggio nei confronti della banca"

LUGANO - L'analisi è semplice e sintetica: "Ciò che è successo alla BSI nasce dal fatto che non hanno voluto ammazzare la gallina dalle uova d'oro". La gallina dalle uova d'oro è naturalmente "il fondo sovrano malese da dove sono passati tutte le operazioni possibili e impossibili, anche di tipo personale, che hanno portato alle gravi ipotesi di reato che abbiamo letto sulla stampa e che hanno fatto intervenire la FINMA. È evidente che in BSI hanno fatto il gioco delle tre scimmiette: non vendo, non sento, non parlo".

Pierre Rusconi, secondo il suo stile, non ci gira intorno e va dritto al punto senza cincischiare. Anche per quanto riguarda l'origine delle responsabilità: "È stato un problema di avidità ma anche di mercato. BSI ha tenuto un comportamento che in altre piazze finanziarie, dove non è consentito, è quantomeno tollerato, a cominciare dagli Stati Uniti. La finanza globale e i Paesi più forti a parole dicono che queste cose non vanno fatte. Ma nella pratica intendono dire che queste cose non vanno più fatte in Svizzera. Quanto al fondo malese sicuramente non è un conto aperto ieri, quindi le responsabiità affondano nel passato, compresa quindi la gestione Gysi. Solo che era un passato molto diverso da oggi. Non dico che queste cose le facevano tutti, ma molti sì. Chi è senza peccato scagli la prima pietra".

Ciò che è successo alla BSI, secondo l'ex Consigliere Nazionale, "non è altro che il risultato dell'evoluzione super legalista adottata dalla Svizzera, non per sua scelta ma perché imposta dalle pressioni esterne. È diventato illegale e intollerabile ciò che prima era tollerato. E soprattutto ciò che si continua tranquillamente a fare nelle altre grandi piazze finanziarie: dall'Asia, all'America, passando per Dubai e Londra. Noi abbiamo ceduto ai ricatti internazionali – e per carità non dico che fosse facile resistere – e in più ci abbiamo messo anche del nostro con quel consueto atteggiamento da primi della classe, che fanno anche ciò che non è richiesto e lo fanno prima degli altri. Il risultato è che, sostanzialmente, le altre grandi potenze finanziarie hanno raggiunto il loro scopo: tagliare fuori la Svizzera dal mercato. Io non dico che le regole siano sbagliate, dico però che le regole devono valere per tutti. Solo con questo presupposto andavano accettate. Per molte ragioni non è stato così e ora c'è una manifesta concorrenza sleale verso la nostra piazza finanziaria. Ma ormai non si può più tornare indietro".

"La BSI – aggiunge Rusconi – ha sbagliato a non ammazzare la gallina dalle uova d'ora, questo è evidente. Ma per giudicare nella sostanza bisogna ritrovarsi in certe situazioni. Non è facile rinunciare a un certo tipo di cliente quando sai perfettamente che se quel lavoro non lo fai tu, in un batter d'occhio c'è qualche altro istituto pronto a subentrare. In ogni caso per il sistema ticinese è un grosso colpo. Ne va dell'immagine e di certo si perderanno posti di lavoro e introiti per gli enti pubblici, anche se per il momento è difficile quantificare il danno. Quello che però a me dà fastidio, senza fare il ticinese piangina, è che a livello nazionale non si è mai intervenuti con la stessa severità. A noi hanno applicato la legge di Mao: punirne 1 per educarne 100. In Svizzera sono successe porcherie ben più grosse e hanno taciuto, non hanno visto e non hanno ascoltato nulla le scimmiette politiche, dell'economia e anche quelle che incassavano le imposte. Andava bene a tutti. Noi invece siamo rimasti con il moccolo in mano".

L'ex presidente dell'UDC si sente di condividere le critiche espresse del suo predecessore Paolo Clemente Wicht sulla FINMA: "La FINMA – afferma - è diventato un organo politico e non certo di destra. Se non sbaglio c'è un solo banchiere e per il resto l'organismo di vigilanza è infarcito di professori universitari dalle belle teorie ma dalla poco pratica. "Paga e taci", mi sembra essere l'unica logica della FINMA. E questo non è buono per il sistema e per la sua immagine".

Rusconi ha un visione chiara del futuro della Piazza finanziaria elvetica e ticinese: "Togliamoci dalla testa di rivedere il periodo d'oro. Assisteremo sempre di più a una concentrazione del potere economico e finanziario attraverso le fusioni. Il modo bancario diventerà ancora più sistemico e dunque necessario, con tutti i rischi che ne derivano. Saranno sempre più in pochi a comandare. D'altra parte è inevitabile: i costi per adeguarsi a queste nuove regole sono enormi. E questo genere di cose, notoriamente, non produce profitti…".

L'ex deputato non esclude nuovi casi BSI, seppur in versione ridotta, all'orizzonte: "Sicuramente vi possono essere situazioni simili in banche più piccole e bisognerà capire se si vorrà chiudere qualche occhio visto che all'estero li chiudono entrambi. D'altra parte il mercato è questo e se vogliamo starci….".

Quanto a BSI, conclude Rusconi, "l'augurio è che non ci sia sciacallaggio nei confronti della banca, anche se conoscendo il settore finanziario non mi faccio illusioni. La piazza finanziaria ticinese dovrà dimostrare una certa etica evitando di andare a saccheggiare i clienti. Cerchiamo di non farci ancora più male da soli".

AELLE

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