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Politica e Potere
28.05.2016 - 08:420
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Qui la vergogna dell'Europa. Sei sovrastato dall'impotenza. E continui a chiederti: che ne sarà di loro?" Cronaca dall'inferno dell'umanità

Fiorenzo Dadò, in missione nei campi profughi della Grecia con Giorgio Fonio, racconta: "La polizia non ci fa entrare a Idomeni, che è stato sgomberato. Penso vogliano coprire le violenze. Chi fa politica dovrebbe venirci". FOTO

BELLINZONA - "Se vieni qui a vedere, povera gente….". Sospira con un velo leggero di commozione Fiorenzo Dadò, quando lo raggiungiamo al telefono dopo la prima giornata trascorsa in mezzo ai profughi in Grecia. Il capogruppo PPD, in compagnia a Giorgio Fonio, è in missione in mezzo ai disperati parcheggiati sul confine tra il paese ellenico e la Macedonia. Sono lì grazie all'Associazione Firdaus guidata dalla Gran Consigliera socialista Lisa Bosia Mirra (per maggiori info clicca qui), che dal Ticino si sta adoperando a portare goccia dopo goccia quel che si può in quel deserto disumano.

Inizialmente il viaggio prevedeva la visita al mega campo di Idomeni, dove da mesi erano stipate 10'000 persone. Ma proprio in questi giorni quel luogo è stato chiuso: "Noi – spiega Dadò – abbiamo cercato più volte si entrare dopo lo sgombero ma la zona è presidiata dalla polizia. Non lasciano entrare nessuno. Probabilmente perché vogliono cancellare le prove che è stata usata la violenza per svuotare il campo".

"Idomeni – aggiunge il capogruppo PPD – rappresenta la vergogna dell'Europa e probabilmente è stata la stessa Europa a dire alla Grecia di cancellare questo scempio. La stessa sorte toccherà ad altri campi ad aria aperta che abbiamo visitato. Ancora in serata abbiamo provato ad entrare da una strada secondaria che scende dalle colline, ma non c'è stato nulla da fare".

Naturalmente le persone non sono sparite con la chiusura del campo, nessun problema è stato risolto, se non quello di coprirsi il viso dalla vergogna davanti agli occhi del Mondo: "Le persone – racconta Dadò – le stanno spostando in capannoni industriali in disuso, tipo Monteforno per capirci. A me e Giorgio, quando hanno chiuso Idomeni, ci hanno detto: ma cosa andate giù a fare adesso? Come se bastasse chiudere un campo per far scomparire le persone. Questa gente è tutta ancora qui, solo diluita in luoghi diversi. Visitando queste zone ho trovato incredibile che nella ricca Europa non si riesca a trovare una qualsiasi sistemazione, anche temporanea, che sia più dignitosa di questa. Qui la gente deve fare la fila per sperare di avere qualcosa da mangiare o per una bottiglietta d'acqua. Per fare la doccia servono 2 euro e le lascio immaginare le condizioni igieniche. E non si tratta di star qui e tener duro per un paio di settimane. C'è gente che vive qui da mesi: penso in particolare alle donne, ai bambini, agli anziani. È terribile. Ricordo a tutti che questa situazione esiste a un'ora e mezzo di aeroplano da casa nostra".

Dadò ha già visitato altri inferni del Mondo: come il Nepal dopo il terremoto. "Ma la grande differenza – ci spiega – è che quando di trovi confrontato con i disastri delle calamità naturali, hai comunque la speranza che un giorno, presto o tardi, si riuscirà a ricostruire e a ripartire. Qui non c'è nessuna speranza. Parli con le persone, vedi i bambini che giocano e ti sorridono, e quando te ne vai ti chiedi: che futuro potranno avere anche se riuscissero ad entrare in Europa? Ti senti sovrastato da un sentimento di impotenza".

"Continui a chiederti: di loro che ne sarà? Noi tra poco torneremo a casa, dalle nostre famiglie, con tutti i nostri privilegi, ma loro? Ti trovi confrontato con l'incapacità di dare risposte. Un papà con una bambina di 10 mesi ci ha chiesto: in Grecia hanno accolto 70'000 persone, possibile che non ci sia un posto per noi?".Ecco, l'incontro con le persone: che tipo di spaccato sociale avete conosciuto in mezzo ai profughi, chiediamo a Dadò. "Abbiamo incontrato moltissime famiglie. E in generale persone della classe media, gente che nel luogo d'origine aveva un buon lavoro e che ha studiato. Potessero tornerebbero immediatamente a casa loro, ma è la guerra, quella vera, che li ha fatti fuggire e che gli impedisce di tornare". Il capogruppo PPD nel corso di questo viaggiò ha rafforzato le sue convinzioni politiche: "Come ho già avuto modo di dire non sono uno spalancatore di frontiere. Non possiamo accogliere tutti e come Svizzera dobbiamo assolutamente impegnarci ad aiutarli di più e meglio a casa loro, soprattutto evitando di vendere armi a quei paesi che creano instabilità e che provocano queste migrazioni di massa. Ma altresì bisogna garantire ben altra dignità in questi accampamenti d'emergenza che, lo ribadisco, sono sul nostro Continente, in casa nostra". Dadò, prima di chiudere la telefonata e tornare alla sua missione, ci affida un ultimo pensiero politico: "Capisco le persone normali che non possono o non vogliono confrontarsi con questo dramma. Ma chi fa politica dovrebbe farlo, almeno una volta nella vita. Perché la percezione di questa realtà che ci viene raccontata attraverso i media e i socal network, non è assolutamente autentica".

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