LUGANO – A otto giorni dal "derby della follia" non si sa ancora di chi sia esattamente quella baracca da cantiere a due passi dalla Resega. In particolare non si sa chi fosse la persona di riferimento, chi avesse la disponibilità delle chiavi, e a chi di preciso siano state consegnate. Si sa solo che dentro quella baracca, edificio provvisorio che sorge sul terreno della Globus, la società della famiglia Mantegazza, c’erano, oltre a bandiere, tamburi e striscioni, anche attrezzi "da battaglia”: mazze, fumogeni, petardi, taglierini. Era il “covo” degli ultras. Quelli pacifici e quelli violenti.
Una chiave (probabilmente di copie ve ne sono diverse in circolazione) è stata trovata in tasca a uno degli hooligans 21enni arrestati martedì sera dopo gli scontri tra sostenitori del Lugano e dell’Ambrì. Nei confronti dei due ragazzi, che resteranno in carcere almeno due mesi, il procuratore generale John Noseda ipotizza anche il reato di esposizione a percolo della vita altrui, per aver aggredito e picchiato insieme ad altri “tifosi” del Lugano due agenti di polizia in borghese. Uno dei due poliziotti è stato bersagliato con calci mentre si trovava a terra esanime. Da qui la grave accusa profilata dal magistrato.
Lunedì sera intanto è scattato un terzo arresto: in carcere è finito un 18enne del Luganese che ha preso parte al pestaggio ed è stato identificato dalla polizia. Intanto proseguono le indagini per dare un nome e un cognome agli altri protagonisti del pestaggio. E, in attesa che si chiarisca chi ha gestito le chiavi della baracca, la polizia ha cambiato la serratura.
emmebi