Arlind
16.04.2014 - 12:080
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Gobbi su Arlind: "Il Governo ha deciso con piena responsabilità politica. Bertoli in piazza? Scelta sua. E a Martinelli dico che..."

Il direttore del DI dopo la manifestazione di ieri: "Questo caso non si differenzia da tanti altri conclusesi negativamente per i quali l’opinione pubblica e i media non si sono interessati"

di Marco Bazzi

BELLINZONA - Dopo la manifestazione di ieri contro l'espulsione del giovane kossovaro Arlind Lokay, e le dure critiche alla decisione del Governo, liberatv ha posto alcune domande a Norman Gobbi, direttore del Dipartimento istituzioni. 

Ministro, ieri in piazza l'ex consigliere di Stato Pietro Martinelli ha detto che il Governo sul caso Arlind ha preso una decisione di ordinario cinismo. Lei cosa risponde?

"Non è mai facile decidere sul futuro delle persone, anche se il Governo deve farlo, nel bene e nel male. D’altronde le Autorità devono decidere come glielo impone la legge, pur comprendendo tutti i risvolti umani della vicenda. Nei casi di ricongiungimento famigliare, i servizi preposti sono consapevoli delle implicazioni personali dei richiedenti. Quindi, prima di giungere ad una decisione negativa, esaminano approfonditamente tutti gli elementi del caso. Il Dipartimento che dirigo è poi quello che più di tutti decide sulle persone e le loro libertà, e questo espone chi lo dirige a facili critiche che si fermano alla superficialità del singolo caso".

L’ex ministro vi ha pure invitati a tornare sulla decisione. E ha invitato anche lei a farlo. È disposto a ripensarci?

"Il Governo ha deciso e ha risposto agli atti parlamentari, tra cui una proposta dei capigruppo sulla quale si esprimerà l'intero Gran Consiglio. La posizione del Consiglio di Stato è chiara, ponderata e sorretta da validi elementi".
 
In piazza c’era anche il presidente del Governo Manuele Bertoli. Non ha parlato, ma la sua presenza silenziosa è stata simbolica. Scelta discutibile o legittima a suo avviso?

"Scelta sua, anche se essendo il Presidente ci si attenderebbe altro in virtù del principio di collegialità, ritenuto come la decisione è stata presa dal Consiglio di Stato".
 
Lei è finito nel mirino delle critiche in quanto responsabile del Dipartimento competente sul caso. Secondo lei si sta strumentalizzando Arlind in funzione antileghista, visto che c’è già aria di campagna elettorale?

"Che la campagna sia iniziata, l'han capito tutti. Anche le proposte più sensate, che migliorano il servizio pubblico e permettono di risparmiare (vedi nuova organizzazione del settore esecuzione e fallimenti), stentano a passare. Si preferisce invece parlare - in maniera interessata - su casi singoli che, nell'attività del Dipartimento e mia personale, sono meno del 1% del tempo lavorativo".
 
Senza dubbio la manifestazione di ieri era fortemente improntata a sinistra (gli oratori erano quasi tutti esponenti di quell’area), ma è intervenuto anche l’arciprete di Bellinzona, con un discorso severo contro la vostra decisione: ha aperto le porte della Collegiata in segno di accoglienza e ha fatto suonare le campane… Questo non la fa riflettere?

"Con la Chiesa ho un rapporto di rispetto. Non sempre le posizioni delle Comunità religiose in Svizzera sono allineate con quanto decide il Parlamento federale, soprattutto in contesti molto sensibili come il diritto degli stranieri e il diritto di asilo. La posizione personale dell’Arciprete di Bellinzona è dunque più che comprensibile dal punto di vista della carità cristiana, tuttavia non può essere tutelata dalle Autorità che devono applicare le leggi votate dal Parlamento e approvate dal Popolo".

Lei nei giorni scorsi ha associato la decisione sul caso Arlind al voto del 9 febbraio contro l’immigrazione di massa, suscitando un polverone. Oggi pensa che sia stata un’uscita poco opportuna o la conferma?

"Il riferimento all'iniziativa contro l'immigrazione di massa era nel senso di contestualizzare una volontà popolare che più volte ha chiesto di limitare l'entrata nel nostro Paese; ricordo qui la modifica restrittiva della Legge federale sugli stranieri e della Legge federale sull'asilo. Chi ha sollevato il polverone (Sergio Savoia, ndr) forse non ha letto tutto il testo dell'iniziativa, che chiedeva - tra l'altro - di limitare il ricongiungimento famigliare (come nel caso di Arlind Lokaj). Questo tema in Ticino è stato poco tematizzato, mentre per l'UDC Svizzera era pure un elemento importante nelle discussioni; anche in Ticino qualche problema con i ricongiungimenti c'è stato, penso in particolare ai giovani domenicani presenti nel Locarnese". 
 
Molte persone si chiedono perché il Governo non abbia deciso di sottoporre il caso di Arlind a una decisione federale, anche a costo di essere smentito… Siamo in periodo pasquale: ha presente Ponzio Pilato?

"La decisione presa dal Governo è un atto di piena responsabilità politica, anche a fronte dell’impopolarità della stessa. I presupposti del caso di Arlind Lokaj non si differenziano da quelli di tante altre vicende, a volte anche più sfortunate, conclusesi negativamente per le quali l’opinione pubblica e i media non si sono interessati".
 
Questo ragazzo sembra ben integrato: nonostante sia vissuto per 10 anni in Kossovo qui ha i suoi affetti e i suoi amici, gioca in una squadra di calcio... Queste cose non contano, al di là della legge?

"Va sicuramente precisato, che la sua permanenza nel nostro Paese, tranne i primi 15 giorni, non è mai stata autorizzata. Questa sua presenza, di fatto illegale, è stata possibile unicamente a causa delle innumerevoli procedure avviate da Arlind Lokaj, che gli hanno permesso di protrarre fino ad oggi il soggiorno in Svizzera. Il suo caso è difatti stato trattato in ben 11 occasioni tra autorità amministrative, politiche e giudiziarie, sempre negativamente. Per tornare sulla sua domanda, va detto che anche secondo il Tribunale federale, il periodo di soggiorno illegale non conta ai fini dell'integrazione. Questo per evitare abusi nell’uso delle vie ricorsuali, al solo scopo di ritardare il ritorno in Patria".
 
Tra le accuse che vi sono state mosse c’è anche quella di applicare due pesi e due misure: di tollerare le aperture domenicali al Foxtown e di espellere un ragazzo che non è certo un criminale pericoloso: forti con i deboli e deboli con i forti… Lei cosa risponde?

"I due esempi da lei citati rientrano in due contesti distanti e non paragonabili. Non va pure dimenticato che gli aspetti di interesse generale a favore della Comunità vanno sempre considerati. Così è stato anche nel caso di Arlind Lokaj, tanto più che situazioni analoghe alla sua ve ne sono più di una. L’Autorità deve garantire una linea chiara, nel rispetto delle leggi e del principio della parità di trattamento, per non cadere nell’abuso di diritto".
 

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