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Via Sicura
13.12.2014 - 12:270
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

È di nuovo scontro aperto sui radar. Bordate di Dadò e Chiesa contro Gobbi, che risponde: “Attacchi dettati da fini elettorali”

A riaccendere la miccia, la discussione nata negli studi di Falò, con un’uscita del ministro che ha scatenato la reazione dei due deputati. Chiesa: “Arroganza frutto di insicurezza la sua” Dadò: “Come fa a reggere confronti ben più importanti?”

BELLINZONA – La polemica sui radar non accenna a placarsi, anzi. Prima l’accesa bagarre innescatasi quest’estate sulla postazione di controllo sull’A2 (all’altezza di Monte Carasso) che ha visto da un lato il capogruppo PPD Fiorenzo Dadò e il deputato UDC scagliarsi, accusandolo di voler ‘far cassetta’, contro il ministro delle Istituzioni, e dall’altro appunto Norman Gobbi, che difendeva la bontà della misura (di prova) e in generale l’utilizzo dei controlli di velocità. Ora la querelle fra questi tre principali attori si è riaccesa.

E lo ha fatto più precisamente negli studi di Falò, durante la puntata di giovedì: la discussione tra Gobbi e Dadò si è presto fatta animata, con il capogruppo PPD che non ha perso occasione di attaccare il ministro leghista: insomma, prima avrebbe sfruttato la battaglia anti radar cara al movimento di Monte Boglia per esser eletto e poi, una volta al Governo, proprio in testa al dipartimento delle Istituzioni, Gobbi difende lo strumento tanto osteggiato?

La provocazione firmata Dadò è così servita; lapidaria è stata la risposta di Gobbi: “Se non ci fosse stato il super radar di Monte Carasso, Chiesa e Dadò non avrebbero avuto niente di intelligente da dire durante l’estate”. Una frase che ha stupito e che non ha mancato di suscitare la reazione dei diretti interessati, puntualmente raccolta oggi dal Corriere del Ticino.

Non ha usato mezzi termini Marchio Chiesa che nel commentare ha parlato apertamente di un atto di arroganza da parte del ministro. “È la prima volta – ha dichiarato contattato dal CdT – che mi capita che un consigliere di Stato tratti in modo insolente dei granconsiglieri. L’amara uscita di Gobbi è figlia della mancanza di validi argomentazioni e di imbarazzo su di un tema avverso da vent’anni ai leghisti e della paura di perdere il “cadreghino” alle prossime elezioni”. Inoltre, per il deputato, al contrario di quanto affermano i dati forniti dal Dipartimento, non è stato l’aumento dei controlli a far diminuire gli incidenti sulle strade: possono aver servito allo scopo in parte, ma determinanti sono stati “lo sviluppo tecnologico delle auto, le campagne di sensibilizzazione e le severissime norme inserite nel pacchetto Via sicura”.

Dadò, contattato sempre dal CdT, arriva invece a chiedersi “come Gobbi possa gestire delle importanti discussioni per esempio sul tema della criminalità con gli alti funzionari della Confederazione o con i ministri italiani, se dimostra di non essere in grado di affrontare civilmente un piccolo confronto sui radar”. Il capogruppo PPD è poi tornato sulla provocazione che aveva acceso la miccia durante la puntata di Falò: quella ‘metamorfosi’ avvenuta nell’atteggiamento del ministro leghista: “Prima del 2011 in materia di radar era tutto sbagliato. Ora addirittura si mettono già a preventivo i milioni di franchi, incrementati, che scaturiranno dai futuri controlli”…

Non poteva mancare, infine, la versione dell’uomo al centro degli strali. Per Gobbi si tratta soltanto “di mera strategia elettorale di due politici che quest’estate si sono messi d’accordo di tartassarmi sul tema per secondi fini”. Insomma, per chi vuole, i dati oggettivi sono lì da vedersi e dimostrano “che chi afferma che si tratta di uno strumento per risanare le casse dello Stato sta raccontando solo frottole”. Sulla ‘frase della discordia’ Gobbi non fa nessun dietrofront, non ritenendo di aver esagerato. “Anzi. In tema di radar io applico semplicemente le regole, e mi fa specie che a lamentarsi siano proprio un candidato al Consiglio di Stato e l’ex capogruppo del partito che dovrebbe essere per l’ordine e il rispetto della legge”.

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