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Quarto Potere
19.05.2016 - 18:050
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Bravo Canetta: parole umili e di buon senso. Ora con i fatti va scongiurata la più colossale operazione di tafazzismo che il Ticino potrebbe compiere

Il direttore della RSI ha speso oggi parole importanti sul presente e sul futuro della radiotelevisione pubblica. Bisogna dare credito e fiducia a chi cerca un confronto aperto e di sostanza, attraverso un dialogo schietto, onesto e necessario

di Andrea Leoni

Facciamo i complimenti a Maurizio Canetta. Il direttore della RSI ha speso oggi parole importanti sul presente e sul futuro della radiotelevisione pubblica. Parole che sottolineano aspetti economici rilevanti, spesso trascurati, e che aprono la strada a un dialogo schietto, onesto e necessario con quella parte del Cantone che tiene all'azienda e che attraverso una critica puntuale, magari severa ma di merito, non vuole correre il rischio che si butti via tutto. Come invece altri rischiano di fare fare, chi con molto corporativismo e poca lungimiranza, difendendo l'indifendibile, e chi per interesse politico, cannoneggiando ad alzo zero.  

Qualcuno obietterà che sono parole. Ma intanto sono parole messe nero su bianco dal più importante dirigente dell'azienda. A noi sembra di poter dire che si tratta di un impegno. Come ogni impegno andrà verificato nei fatti, ma nel frattempo il nodo al fazzoletto, il patto con il pubblico, è stato fatto. Non è poco e non ci sono sono motivi fondati ad oggi per non dare credito e fiducia a chi cerca un confronto aperto e di sostanza. 

Dalla famosa votazione di un anno fa sul nuovo sistema di finanziamento del canone, bocciato in Ticino e passato per un pelo a livello nazionale, abbiamo letto, forse per la prima volta con questa chiarezza, parole umili e di buon senso che tentano di allargare un fronte, rivolgendosi anche a chi non vede la RSI come una vacca sacra e la sua difesa come un atto di fede incondizionato. E non c'è altra strada che questa: tra non molto tempo si tornerà a votare e se la RSI non saprà riannodare i fili con una fetta sufficiente ampia della popolazione, una nuova randellata nelle urne in Ticino potrebbe portare a conseguenze gravissime per l'azienda. E questo al di là dell'esito a livello nazionale. 

In Svizzera potrebbero infatti cominciare concretamente chiedersi (e a rispondersi soprattutto) perché continuare a riversare decine e decine di milioni sul nostro Cantone, se i ticinesi votano contro la loro radiotelevisione pubblica.  

È un pericolo che va scongiurato. Ma per scongiurarlo occorre fare maggioranza, la più ampia possibile. E per fare maggioranza bisogna cambiare delle cose, in modo tale che i clienti, quelli che pagano il canone, si schierino dalla parte dell'azienda. E come sempre in questi casi, è meglio essere padroni del proprio destino e cambiare da soli, piuttosto che farsi cambiare dagli altri o dagli eventi.     

Il fatto stesso che da Comano, come spesso accaduto in passato, non sia arrivata una colata di arroganza, una difesa d'ufficio senza spazio di dibattito, uno schieramento delle linee in trincea con lo schioppo del secolo scorso, rappresenta una novità che va incoraggiata e sostenuta. Ma c'è di più: perché non solo il peggio di una certa allure da Reggia di Versailles sembra essere stata messa finalmente alle spalle, ma soprattutto perchè con le parole del direttore si fanno pubblicamente importanti passi avanti. Scriviamo pubblicamente perchè sappiamo che, dietro le quinte, quelle parole stanno già prendendo la forma di qualcosa di concreto. Si lavora nella giusta direzione. 

Scrive Canetta: "Le critiche che riceviamo sono utili: ci aiutano a migliorare la RSI e a mantenerla solida, nel rispetto del mandato di servizio pubblico. Nel futuro affronteremo molte importanti discussioni sulla natura della radiotelevisione pubblica, sulle modalità di finanziamento, sui contenuti, sul management. Sono discussioni necessarie in un Paese che ama la propria azienda pubblica di radiotelevisione". Perfetto. 

E ancora: "La RSI ha sicuramente qualche difetto e io lavoro con le mie collaboratrici e i miei collaboratori per cercare di affrontarli". È esattamente ciò che qualsiasi pubblico, e qualsiasi cliente, magari un po' perplesso ma affezionato, vuole sentirsi dire.

Non da ultimo il direttore della RSI sottolinea come la radiotelevisione pubblica sia un vero e proprio "motore economico" del Cantone. Ha ragione e lo abbiamo spesso scritto anche noi. Ecco i numeri, esposti da Canetta: "Nel 2015 quasi 900 imprese nel canton Ticino e nei Grigioni di lingua italiana hanno ricevuto commesse dalla RSI. In totale si parla di oltre 42 milioni di franchi che sono stati ridistribuiti nella regione. Anche le produzioni culturali e gli eventi sul territorio hanno beneficiato di finanziamenti della RSI, per quattro milioni di franchi. Aggiungiamoci la massa salariale e il gettito fiscale e scopriamo che la RSI contribuisce all’economia locale per 181 milioni di franchi. A fronte dei 58 milioni versati per il canone. Un ingente effetto di promozione economica che moltiplica per tre ogni franco versato dai cittadini della Svizzera italiana". 

Sono un mucchio di soldi, di posti di lavoro, di imposte, di lavoro per l'economia privata, di know how di cui il Ticino beneficia grazie a una ripartizione del canone federale che protegge le minoranze linguistiche. Vale a dire grazie al fatto che una radiotelevisione di lingua italiana esiste ed esiste in Ticino. Indubbiamente un affare.

Qualcuno obietterà: "Ci mancherebbe altro che pagando il canone non vi sia un ritorno nell'economia ticinese. Infondo sono sempre i nostri soldi che girano!". Non è così. Intanto perché ne riceviamo circa tre volte di più di quelli che paghiamo. E poi perché non è questo il punto. Se le cose non si raddrizzano alla svelta ne piglieremo molti ma molti meno (comunque presto o tardi un po' caleranno, per questo bisogna dimensionarsi per tempo…) e questo, giocoforza, vorrà dire meno posti di lavoro, meno imposte, meno lavori per l'economia privata. E meno qualità sul prodotto finale complessivo, ovviamente. 

Sarebbe la più colossale operazione di tafazzismo che il Canton Ticino potrebbe compiere. Ma non è attraverso il ricatto che questa iattura si potrà evitare. Non è con l'immobilismo, con la difesa di posizioni, metodi e rendite ottocentesche, con la logica del Gattopardo, che si convinceranno gli elettori. I ticinesi non voteranno a scatola chiusa e non accetteranno di mangiare la minestra o buttarsi dalla finestra. Servono idee, lavoro e persuasione: deve vedersi il cambiamento e bisogna con gli argomenti spostare a poco a poco l'ago della bilancia. Come sempre in democrazia va convinta la maggioranza. E la maggioranza è fatte di persone diverse che non la pensano allo stesso modo. In altre parole, bisogna convincere gli altri: quelli che non sono già convinti, in un senso o nell'altro. 

La nostra impressione sociale è che sono tre i fattori decisivi, al netto dell'imponderabile. Il primo è che si dia prova che i soldi vengono spesi in modo equo, razionale e con una logica comprensibile e non da sciocca grandeur anche dove non occorre. La seconda è che si allarghi la fetta di pubblico capace di riconoscersi in quel che la RSI produce. Il terzo è coltivare volti con cui il pubblico stabilisca un'empatia da "vicino di casa", come lo sono stati Bigio Biagi e Matteo Pelli. Il quarto è sapere entusiasmare, e rendere orgoglioso il pubblico, attraverso programmi che propongano il meglio, come personaggi e come tecnica, di quello che la nostra regione offre.  

Perché la radiotv pubblica non deve essere solo la radio e la televisione di tutti. Deve anche apparire come tale.

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