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22.06.2016 - 13:490
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Progetto "Fatto in casa", le critiche di Stauffacher. A GastroTicino: "Più che di cartelli i ristoratori hanno bisogno di clienti". All'Acsi: "Si occupi dei consumatori invece di avventurarsi nell'enogastronomia"

"Legarsi all’Acsi, associazione spesso critica con i prezzi ticinesi, sembra un pochino paradossale, per poi parlare di cose che tantissimi ristoratori fanno già da sempre e cioè usare prodotti del nostro territorio e cucinare nella loro cucina"

di Dany Stauffacher *

In relazione all’iniziativa di GastroTicino “fatto in casa” credo che, in un momento così difficile per la ristorazione ticinese, vengono mandati dei messaggi assolutamente sbagliati e difficili da capire per i consumatori, soprattutto per quelli stranieri visto che il titolo è solo in italiano.

Io, come tutti i clienti, parto dal concetto che tutti i ristoranti preparino le pietanze che sono in carta nella loro cucina, quindi il potenziale cliente che non vede il logo di questa iniziativa potrebbe pensare che le altre centinaia di ristoranti non lo facciano. Nell’eventualità che alcuni di loro usino dei prodotti già pronti, pochissimi se parliamo di ristoranti con un cuoco diplomato, se questi osservano le norme igieniche e il cibo è buono, non vedo quale sia il problema.

Fra l’altro nelle informazioni messe a disposizione, è indicato che si potranno comunque utilizzare prodotti congelati o fondi, come ad esempio quelli per la carne, acquistati già preparati e quindi di provenienza industriale. Il fatto in casa, come viene promosso dall’iniziativa, non è per forza sinonimo di buono o di qualità, viene unicamente comunicato al cliente che nel ristorante in questione si cucina usando anche, ATTENZIONE NON SOLO, prodotti ticinesi e che tutto è cucinato nello stesso ristorante.

Personalmente, credo che un’associazione come GastroTicino, debba soprattutto aiutare la categoria a trovare delle soluzioni e non solo esponendo un cartello. Inoltre legarsi all’Acsi, associazione spesso critica con i prezzi ticinesi, sembra un pochino paradossale, per poi parlare di cose che tantissimi ristoratori fanno già da sempre e cioè usare prodotti del nostro territorio e cucinare nella loro cucina.
Tra parentesi l’Acsi sarebbe il caso continuasse a fare il suo lavoro in difesa dei consumatori, piuttosto che avventurarsi nel mondo dell’enogastronomia e creare confusione in un settore già di per se in difficoltà.

Spero che tutta la ristorazione ticinese possa ripartire e tornare a lavorare normalmente anche se sarà molto difficile, dal momento che purtroppo troppa gente guadagna in franchi e spende in euro. Ma se i ristoratori riusciranno ad alzare di nuovo la testa sarà solamente per la grande passione e l’enorme sacrificio di chi lavora 12 e più ore al giorno e, se è padrone, guadagnando meno del minimo sindacale; per questo le proposte di GastroTicino non possono coinvolgere solo pochi ristoranti (i soci sono circa 1'600) ma devono sostenere tutti gli associati compresi quelli che più che dei cartelli hanno bisogno di trovare o ritrovare clienti.

Il consumatore dovrebbe essere sensibilizzato sul fatto che il lavoro del ristoratore e dell’albergatore è fatto di sacrificio, preparazione e tenere un rapporto corretto fra il prezzo alla clientela e le spese che devono affrontare per alzare la serranda tutte le mattine. Per questo, spesso, l’Acsi si dimentica di dire che i costi della materia prima acquistata in Ticino e non parlo dei prodotti ticinesi, sono gli stessi di tutta la Svizzera. Il risultato? Una corsa al ribasso che è diventata quasi un obbligo per tutti i ristoratori ticinesi al fine di tagliare all’osso i costi e rimanere competitivi sul mercato guadagnando circa il 30% in meno dei colleghi di altri Cantoni.

* enogastronomo
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