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Cronaca
06.07.2016 - 10:350
Aggiornamento: 03.10.2018 - 16:25

I "sampietrini" di granito turco a Isone: un caso emblematico. Ancora succedono cose che non dovrebbero succedere. Non esiste proprio che un'impresa proponga a un ente pubblico del granito che non sia ticinese

Se qualcuno non se ne fosse accorto, l'intera pavimentazione di una via del nucleo sarebbe stata realizzata con pietra proveniente dalla Turchia. Il sindaco smorza la polemica, ma il problema è molto serio: uno schiaffo a un settore economico che va sostenuto

ISONE – La domanda è: ma per quale motivo oggi, con la sensibilità e l’attenzione che c’è su questi temi, un’impresa di costruzioni propone a un comune che intende rifare una pavimentazione storica all’interno del proprio nucleo, dei campioni di pietra proveniente dalla Turchia?

Stiamo parlando di un classico selciato con cubetti di granito sul modello inventato nel Cinquecento da papa Sisto V. I cubetti che a Roma sono chiamati “sampietrini”, e a Bologna hanno la variante in porfido e sono detti “bolognini”, e che venivano usati dai manifestanti contro la polizia negli anni ruggenti della contestazione.

Stiamo parlando, dunque, di un materiale di cui il Ticino abbonda, e di un comparto economico che soffre la crisi. Eppure, come racconta oggi la Regione, a Isone l’impresa che ha vinto l’appalto ha sottoposto al Comune una pietra proveniente dalla Turchia!
E nessuno ha chiesto da dove venisse quella pietra. Nonostante le polemiche scoppiate per il travertino romano alla stazione di Bellinzona, o per altre forniture ad enti pubblici, come il vino italiano servito alla festa di Alptransit a Sigirino.

Il sindaco di Isone, Loris Palà, non fa grandi polemiche: “Polvere per nulla”, dice alla Regione. Nulla mica tanto, perché se qualcuno non si fosse accorto, tutta la via sarebbe stata pavimentata con pietra proveniente dalla Turchia e non solo 150 metri quadrati su 1'100.

Secondo il sindaco il problema starebbe nel capitolato d’appalto, nel quale si parla genericamente di “selciato in cubetti di granito” – senza specificare che la pietra deve essere di origine locale –. Come sempre più spesso accade nei concorsi pubblici, il criterio principale per l’aggiudicazione del lavoro è il prezzo, che conta nel punteggio per il 50%. E così, non si capisce bene come e perché, al Comune viene sottoposto un campione di granito proveniente dalla Turchia e la scelta cade proprio su quello.
“Per noi era scontato che la provenienza dovesse essere locale – dice il sindaco alla Regione –, se avessimo saputo fosse estero l’avremmo rifiutato. Tengo però a sottolineare come non ci sia da parte nostra alcun sentimento antiturco, ma semplicemente la volontà di sostenere l’economia locale”.
Il direttore dei lavori, l’ingegner Massimo Patritti, spiega che “col senno di poi sarebbe stato meglio se nel capitolato fosse stato specificato che la provenienza dello gneiss sarebbe dovuta essere locale. Loro avrebbero potuto immaginarlo, ma così si è creato un problema politico che per fortuna è stato velocemente risolto”.

Loro sono quelli dell’impresa. Insomma, il pasticcio è stato risolto in tempo, anche se i 150 metri di pavimentazione già posata resteranno, ma il caso dimostra che c’è ancora troppo poca sensibilità sulla difesa della nostra economia. Non esiste che un’azienda va a comprare dadi di granito provenienti dalla Turchia (che naturalmente costano molto meno rispetto a quelli di granito ticinese) e li propone a un ente pubblico. Non dovrebbe nemmeno esistere il pensiero di farlo!

emmebi


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