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Cronaca
16.07.2016 - 10:330
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

La lettera di un giovane ticinese dopo la strage di Nizza: "Sono un ragazzo di 26 anni. Ne avevo 11 quando ebbe inizio la lenta escalation di odio, con l'attentato alle torri gemelle... Questo mondo è malato da tempo"

Daniele Nevano: "Oggi ci troviamo di fronte all’ennesima tragedia, a poche settimane dall’attentato di Istanbul, con ancora impresse nelle nostre memorie le immagini del Bataclan, di Bruxelles, degli attentati in Tunisia, della Siria, dei migranti costretti a scappare da situazioni terribili..."

di Daniele Nevano (scritto venerdì 16 luglio)

Stamattina mi sono svegliato e, come di consueto durante la colazione, ho guardato la rassegna stampa. Apro il primo sito web e mi blocco improvvisamente. La fame passa, il sorriso per il weekend alle porte e la stupenda giornata di sole viene a mancare. Per conferma guardo un altro sito internet di un quotidiano italiano. In homepage la stessa notizia.

Non è possibile, ancora una volta, ancora in Francia.

Sono un ragazzo di quasi 26 anni. Quando la lenta escalation di odio ebbe inizio avevo 11 anni, ero un bambino spensierato e ignaro di tutto. Tornai da scuola, pronto a fare merenda davanti ai cartoni animati e poi di corsa a tirare due calci ad un pallone con i miei amici. Entrando in casa però mi ritrovai di fronte alla TV accesa, non c'erano i soliti cartoni animati, c'era New York su ogni emittente. Erano circa le quattro quando vidi la prima torre accartocciarsi su se stessa, una mezz’ora dopo tocca alla seconda torre. Quello fu il giorno in cui a crollare non furono solo due edifici, quello fu il giorno in cui a cadere per terra, devastata e distrutta fu l’intera umanità.

La speranza era che tutto si potesse risolvere in un breve lasso di tempo, che questo cancro della società venisse esportato e annientato, che l’umanità potesse farsi forza e rialzarsi più forte e unita che mai.
Purtroppo però da quel giorno la società è cambiata, nulla era più come prima.

La spensieratezza di un viaggio non era più tale, la paura del diverso, dello straniero, dello sconosciuto aumentava esponenzialmente e volenti o nolenti cominciavamo a sentirci insicuri anche a casa nostra, nelle nostre città. Abbiamo iniziato a guardare insospettiti gli altri passeggeri a bordo di un aereo, a lanciare allarmi per delle valigette abbandonate ad una fermata di una metrò. Ci siamo dimenticati di cosa significava vivere senza un sentimento di ansia costante.

Sono passati 15 anni da quel giorno, 5'000 giorni durante i quali è avvenuto di tutto: guerre, devastazione, Stati portati al collasso e popolazioni lasciate in balia degli eventi. In 15 anni non siamo riusciti a gestire nulla, non siamo riusciti a riportare l’umanità e la pace all’interno dei nostri cuori. Siamo invece riusciti perfettamente ad alimentare il fuoco con parole d’odio, abbiamo votato politici estremisti, abbiamo votato a favore di interventi militari e di proposito abbiamo voluto emarginare il diverso, chiudendo gli occhi di fronte alle sofferenze che la nostra terra era costretta a subire giorno dopo giorno.

Oggi ci troviamo di fronte all’ennesima tragedia, a poche settimane di distanza dall’attentato di Istanbul, con ancora impresse nelle nostre memorie le immagini del Bataclan, di Bruxelles, di Boko Haram in Nigeria, degli attentati in Tunisia, della situazione catastrofica in Siria, dei migranti costretti a loro volta a scappare da situazioni terribili e chi più ne ha più ne metta.
È un filone incredibile di eventi che continua a imprimere il terrore nelle nostre menti e noi siamo semplici spettatori passivi, costretti a sopportare giorno dopo giorno questo clima fatto di tristezza e morte.

Continuiamo e continueremo a piangere vite spezzate, vite portate via come il vento porta via i granelli di sabbia dalla spiaggia, sperando un giorno di riuscire a mettere fine a tutto questo, di poter curare una volta per tutte questa terra.

Stamattina avrei voluto continuare a dormire, svegliarmi e realizzare che quanto avvenuto in Francia fosse solo un lungo e terribile incubo, che l’umanità non avesse fallito ancora una volta. Purtroppo non era così.

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