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02.08.2016 - 13:180
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

Rocco Cattaneo ha fatto bene a lasciare: presto o tardi sarebbe diventato la vittima sacrificale. Ma quante ansie nelle pance dei partiti: per vincere serve stabilità

Darsi il tempo non significa affatto rinunciare all'ambizione, che non deve mai mancare, di arrivare primi. Significa, se si lavora bene, prepararsi a vincere. La politica è fatta di cicli con un inizio e una fine. E in una democrazia in salute gli invincibili hanno sempre una data di scadenza che coincide con la capacità degli avversari di rilanciarsi e farsi trovare pronti all'appuntamento. Con meno ansia e più lucidità

di Andrea Leoni


Con la fine della presidenza di Rocco Cattaneo, il PLR cambierà il terzo timoniere in appena sei anni, se consideriamo l'interregno di Gabriele Gendotti, in carica come coordinatore tra la fine della presidenza di Walter Gianora e l'inizio di quella attuale. In un lasso così breve di tempo tre capi sono tanti, troppi. 

 

Questo dato certifica uno dei limiti dell'attuale sistema politico: la fretta di ottenere risultati, anche impossibili. E quando non si ottengono l'urgenza di silurare l'allenatore. La necessità rafforzata all'interno di forze politiche sempre più fragili e disorientante, quindi piene di ansie, di trovare un capro espiatorio a cui dare la colpa degli insuccessi, produce instabilità e taglia il respiro a qualunque progetto.

 

Molti sembrano aver dimenticato che è la pazienza, e non la frenesia, la virtù dei forti. E con una certa miopia troppi non colgono come uno dei fattori più decisivi del leghismo sia stato quello di sbarazzarsi, prima con una presidenza a vita e poi senza una presidenza, del fattore "P". Un fattore che porta in grembo tensioni e divisioni, dunque perdite di tempo, sopportabili ogni "tot" ma del tutto distruttive se costanti.

 

Rocco Cattaneo ha fatto bene a non continuare. Già da mesi l'aria intorno a lui si era fatta molto pesante e l'ascia per tagliargli il collo era già ben affilata, anche da chi fino a poco tempo fa se lo abbracciava. Il suo futuro, al di là delle contingenze, era segnato e lo avrebbe presto o tardi condotto al patibolo, nell'ennesimo atto parricida di casa liberale radicale. Ha deciso di sottrarsi al ruolo di vittima sacrificale: una scelta saggia.    

 

Stringi, stringi, Cattaneo ha fatto fuori Laura Sadis e la parte del partito che non lo ha mai amato, in una logica alleanza con chi aveva interessi contingenti, ha fatto fuori lui, rigandolo in massa alle ultime elezioni federali e sostanzialmente ridimensionandolo. A questa parte ostile se ne è aggiunta un'altra, composta dai rampanti, dagli scontenti e dai delusi, che sempre albergano all'ombra di una presidenza.  Forse nessuno si sarebbe opposto a un nuovo mandato, ma in molti dietro le quinte gli avrebbero giocato contro, logorandolo giorno dopo giorno fino all'inevitabile cacciata. 

 

In ogni caso, al di là del giudizio non semplice su una presidenza controversa come è stata quella di Cattaneo, per il PLR sarebbe stato probabilmente più salutare un periodo di continuità e consolidamento. Ma la politica non si annoda su ipotesi irrealistiche: i presupposti per continuare positivamente nel percorso tracciato dall'imprenditore non erano più dati, proprio a causa di quella fermentazione di ansie e negatività che macera da tempo nelle pance dei partiti storici. Allora meglio chiuderla qui e andare oltre. 

 

E guardando al futuro l'augurio migliore che si può fare ai liberali radicali è quello di darsi l'occasione del tempo con la prossima presidenza. Ai liberali radicali e anche agli altri. Se le elezioni sono l'esame più importante per giudicare un percorso politico, non tutto può essere confinato e valutato nell'appuntamento elettorale, soprattutto se questo avviene dopo un periodo di presidenza troppo breve. Quattro anni sono pochi, otto sono giusti. E ci sono sconfitte inutili e sconfitte necessarie o inevitabili. 

 

Darsi il tempo non significa affatto rinunciare all'ambizione, che non deve mai mancare, di arrivare primi. Significa, se si lavora bene, prepararsi a vincere. La politica è fatta di cicli con un inizio e una fine. E in una democrazia in salute gli invincibili hanno sempre una data di scadenza che coincide con la capacità degli avversari di rilanciarsi e farsi trovare pronti all'appuntamento. Con meno ansia e più lucidità. 

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